Dall’incipit del libro:
«Zarathustra» è l’opera personale di mio fratello, storia delle sue intime esperienze, delle sue amicizie, del suo ideale, dei suoi rapimenti, delle sue delusioni e delle sue sofferenze più amare. Ma sopratutto si delinea qui, splendente, l’imagine della sua più alta speranza, del suo fine più determinato. La figura di Zara thustra apparve fin dai suoi primi anni a mio fratello, il quale mi scrisse una volta d’averla già veduta in sogno quand’era bambino. A questa forma di sogno diede, secondo i tempi, nomi differenti; «ma alla fine è detto in una annotazione posteriore io diedi la preferenza a un persiano. I persiani hanno, prima, pensato la storia in modo vasto e completo. Un susseguirsi di evoluzioni, ognuna presieduta da un profeta. Ogni profeta ha il suo Hazar ed il suo regno di mille anni ». Le concezioni generali di Zarathustra sono, come la figura dell’annunziatore, di origine molto antica. Chi studî attentamente l’opera postuma del 1869-1882 troverà in embrione il ciclo di idee di Zarathustra, come per esempio l’ideale del superuomo che già si rileva in tutti gli scritti dell’autore dall’anno 1873 al 1875. Rimando al primo e secondo volume di questa edizione 11 e cito soltanto i seguenti punti da Noi filologi : «Come si può glorificare e lodare un intero popolo! Sono i solitari, anche presso i greci». «I greci sono interessanti e importantissimi perchè hanno una moltitudine di grandi solitari. Come fu possibile ciò? Bisogna studiarlo. «M’interessa unicamente la posizione di un popolo rispetto all’educazione dei singoli; e quella dei greci è certamente molto favorevole allo sviluppo dei singoli, non per la bontà del popolo, ma per la lotta dei cattivi istinti.














