Dall’incipit del libro:
Il nome di Alessandro Petöfi è circondato da una fulgida aureola di gloria; la sua eroica figura d’uomo e di poeta, avvolta in una mistica atmosfera, assurge all’altezza di un simbolo radioso.
Cadeva nel fiore dell’età sul campo di battaglia o piuttosto scompariva, senza lasciar di sè traccia, in una luce di apoteosi, mentre era per cadere e svanire anche il sogno dell’indipendenza e della libertà magiara. Cadeva, dopo aver cantato in versi ardenti e alati gli affetti più nobili e generosi, dopo una vita meteorica, soggiogata dal fato, ossessionata dai presentimenti, vissuta non per sè, ma soltanto per la patria.
Il suo genio era maturo, appunto quando la sua patria aveva bisogno di una gran voce che esaltasse l’anima del popolo e di uno spirito ardente che infiammasse e tenesse acceso l’entusiasmo dei cuori; ed egli fu questa gran voce, questo spirito eroico.
Ma non solo egli fu per i Magiari l’esaltatore e l’animatore, come è e sarà ancora per essi nel trascorrere degli anni e dei secoli, non solo egli gettò tra i primi il fecondo seme della rivoluzione, inalberò il vessillo dell’azione e cooperò con i suoi canti all’eroica resistenza del popolo, ma fu il primo grande poeta, fu e resta il più grande scrittore dell’Ungheria e i suoi versi, come corsero sulle bocche del popolo appena composti, così corrono oggi e costituiscono il fondamento della comune cultura.

