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“Fuochi di bivacco” è una raccolta di articoli tratti da vari giornali pubblicata postuma nel 1913.
Negli ultimi anni della propria vita Alfredo Oriani collaborò con vari quotidiani pubblicando brevi saggi.
In questi articoli, come sottolineato da Giovanni Papini, «… fu grandissimo. Quella sua potenza di risalire dal fatto piccolo all’idea grande, dal momento effimero al più remoto passato, al più fantastico futuro, dall’individuale all’universale, dalla materialità dell’apparenza alla purezza di un’idea maturata a sorpassarla vi rifulge incredibilmente, come se volesse dare, negli ultimi anni, le sue prove più eroiche».
Dall’incipit del libro:
Per me non suonerà più sulle alture; nè lo vorrei.
Adesso scrivo sotto una pioggia, che batte ai vetri della finestra e finisce di sterminare sulle viti gli ultimi grappoli. Questo autunno è lacrimoso: una tristezza è colata con le nebbie dai monti oscurando le valli, i canti della vendemmia non hanno potuto salire sino ai castagneti rispondendo agli stornelli dei montanari, che abbacchiano i marroni: il fango sgocciola dai campi alti sulle strade, che le sonagliere dei cavalli battono malinconicamente.
Quassù la terra e la gente si preparano alla solitudine dell’inverno.
Il vino freme nelle botti, il lavoro si allenta nelle ultime giornate, cacciatori e trovatori di tartufi corrono egualmente i colli dietro l’orme di un cane magro e di una speranza più magra ancora. Poi la neve cadrà, lenta, bianca, assidua: un candore uguaglierà le fisonomie della valle coprendone le miserie, mentre i passeri affamati pigoleranno intorno alle case, e sul paese quasi sepolto si aggreveranno lungamente giorni torbidi e notti scure.
Diana del mattino, fanfara della primavera, quando suonerete ancora?

