Dall’incipit del libro:

La contessa Ginevra volse la testa con un sorriso, tendendo al vecchio medico la bella mano bianca, sulla quale non brillava che il sottile anello matrimoniale. Perchè così tardi stasera? Esco ora dalla casa del marchese Roderigi: sta un po’ meglio, il caso è nullameno disperato. Qualcuno degli invitati scambiò un’occhiata malinconica alla triste notizia, ma la conversazione rimase impacciata come prima. Il dottor Ambrosi si era seduto sopra una lunga poltrona in felpa gialla, presso la contessa Ginevra, abbandonando la testa sulla spalliera colla famigliarità di un amico, pel quale l’etichetta consente molte licenze. Era un bel vecchio alto, quasi calvo, di un color roseo ancora vivace sotto il bianco dei capelli e della barba; mostrava sessant’ anni, benchè ne avesse quasi settanta, ma nè la fatica, nè lo studio avevano ancora potuto trionfare della sua robusta complessione. E Bice? chiese subito, riaprendo gli occhi. È nella sua camera. Tutti attesero quello che il dottore avrebbe detto. Egli parve scrutare nello sguardo della contessa, largo e tranquillo; quindi con quella brus cheria, che lo aveva reso popolare, si scrollò sulla poltrona. Vapori! Bice ha un’anima troppo delicata. E un corpo troppo debole: una cosa dipende dall’altra. Sapete perchè non viene stasera con noi? Lo immagino, ma forse verrà più tardi. Purchè non pianga! Negli organismi come il suo, il pianto è un disastro; si squilibria tutto il sistema nervoso, e lo stomaco si stanca in contrazioni inutili. La contessa Ginevra girò lo sguardo sugli altri. Non erano molti; la contessa Ghigi, una dama di cinquant’anni, ossuta, nerastra, pochissimo simpatica, e nullameno di una bontà che sarebbe stata poetica, anche senza il profondo sentimento religioso che l’animava. Portava dei mezzi guanti di seta nera, a rete, sulle mani gonfie dai geloni, e sui capelli ancora nerissimi e duri, bipartiti sulla fronte bassa, un tocco di velluto scuro, quasi malandato. Ella sedeva vicino ad un ometto vestito di un largo soprabito bigio, tutto rasato, con una testina giallognola illuminata da due occhi cilestri vivacissimi. Dirimpetto a loro un altro vecchio, calvo sino quasi alla nuca, col ventre a stento rattenuto da un corpetto in panno turchino a fiorami di seta, e una cravatta bianca al collo troppo grosso, appoggiava le mani poderose al tavolo, trastullandosi con un mazzo di carte. All’occhiata della contessa Ginevra tutti guardarono il dottore con muta disapprovazione. Ecco che mi siete tutti addosso! disse raddrizzandosi sulla schiena con uno scoppio di voce, mentre il suo viso si animava di una energia simpatica: volete davvero la mia opinione? Mi disapproverete, so già prima quanto pretenderete di oppormi, perchè ho fatto la vostra diagnosi da un pezzo; ebbene, la mia opinione eccola: il tenente Lamberto ha ragione. Questa affermazione era così enorme, che sul momento nessuno potè protestare; la contessa Ghigi ebbe per la prima come un gesto di spavento.

Il testo è tratto da una copia in formato immagine presente sul sito Biblioteca Nazionale Braidense (http://www.braidense.it/). Realizzato in collaborazione con il Project Gutenberg (http://www.gutenberg.org/) tramite Distributed Proofreaders (http://www.pgdp.net/).

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titolo:
La disfatta
titolo per ordinamento:
disfatta (La)
autore:
opera di riferimento:
"La disfatta : romanzo", di Alfredo Oriani; F.lli Treves; Milano, 1896
licenza:

data pubblicazione:
2 dicembre 2006
opera elenco:
D
soggetto BISAC:
FICTION / Classici
affidabilità:
affidabilità standard
digitalizzazione:
Distributed proofreaders, http://www.pgdp.net
pubblicazione:
Claudio Paganelli, paganelli@mclink.it
Alberto Barberi, collaborare@liberliber.it
revisione:
Claudio Paganelli, paganelli@mclink.it