Alfredo Pitta nacque a Lucera, per secoli storico capoluogo della Capitanata, il 27 febbraio 1875. Il padre Agostino era sarto e la madre Raffaela Loiacono era casalinga. Il fratello maggiore Gaetano fu fondatore e direttore de “Il Foglietto” storico giornale della Capitanata e della Daunia di indirizzo socialista e libertario, e un altro fratello, Giovanni, fu disegnatore e pittore.
Alfredo Pitta seguì invece le orme letterarie di altri suoi concittadini come Tullio Colucci, collaboratore, oltre che della rivista di Gaetano Pitta, anche di “Critica Sociale”, Umberto Bozzini, che con la sua opera teatrale Fedra ebbe fiero contrasto con D’Annunzio, ecc. La sua prima esperienza di giornalista e di narratore avvenne tramite il giornale del fratello con la pubblicazione di racconti e novelle: Una viltà nel 1904 e Il tesoro nel 1905. Sempre su “Il Foglietto” fu redattore della rubrica Tratti di penna che firmava con lo pseudonimo Madonna Ginevrina.
Si trasferì a Roma, dove già risiedeva il fratello Gaetano, e visse poi tra Roma e Milano, collaboratore e redattore di varie riviste e giornali tra cui “Il Messaggero” di Roma. Nel 1904 vinse un concorso per impiegati di concetto presso il Ministero dei Lavori Pubblici.
Autore principalmente di romanzi gialli e di cappa e spada ‒ se ne contano almeno 33 ‒, usò talvolta lo pseudonimo Norman Charger. Fu però principalmente attivissimo nell’attività di traduttore: tradusse romanzi di autori francesi, inglesi, tedeschi e russi per gli editori Sonzogno e Mondadori; ancora adesso è noto per essere stato il primo italiano nel 1935 (e la sua traduzione è ristampata ancora oggi) a tradurre il capolavoro di Agata Christie, Murder on the Orient Express, in italiano col titolo Assassinio sull’Orient Express, nella collana mondadoriana “I Libri Gialli”. In italiano volse anche opere dei celebri Joseph Conrad, Arthur Conan Doyle, Alessandro Dumas, August Maquet, Henryk Sienkiewicz, Pelhany Grenville Wodehouse, Edgar Wallace, Zane Grey, e introdusse in Italia anche autrici e autori meno conosciuti come Emma Orczy, C. e A. Williamson, J. Oliver Curwood, H. Rider Haggard, Alfred Sabatini, Dennis Wheatley, ecc. C’è da sottolineare che non era semplice esercitare l’attività di traduttore in un periodo storico nel quale, oltre all’ostacolo di base per cui non era gradita l’introduzione in Italia di autori stranieri, soprattutto anglosassoni, c’era il fatto che era necessario, per poter superare le censure, tagliare episodi che al controllo avrebbero potuto apparire come immorali, quindi scene di crimini e descrizioni che avessero riferimenti sessuali, oltre alle “affermazioni che sminuissero o ridicolizzassero il popolo italico”; Pitta era abbastanza abile nel barcamenarsi tra questi ostacoli, anche se talvolta non si può certo affermare che le sue traduzioni siano filologicamente le più corrette.
Tra i suoi romanzi: L’anello di Vior che, insieme a L’idolo di Rankanava, si inserisce nel filone della letteratura fantastica italiana; poi L’asilo d’amore, La lampada d’amore, Una notte orrenda, La rosa rossa, editi tutti nel 1930; Castelmalo (1931), Ruhama (1932), Le tredici colonne (1933), La favorita del giustiziere (1934), Goccia d’oro e I cinque falchi del 1935, L’albero della paura, La dama verde e Santajusta del 1936, La Scala Vermiglia e Il Liberatore del 1937, Il Cavaliere della chimera e Il triangolo dell’ABC del 1938, la trilogia del commissario Enderton: Enderton e il delitto impossibile, Enderton e la fiaba d’oro, Enderton e le porte del male (1939-1940), L’ultimo giullare (1942); inoltre La predizione, La figlia del sole, Fior di Sogno, La fontana malata, Mastro ventura, Tutte le stelle, La canzone del fiume, Tre luci nella notte, La Cattedrale di Sant’Io, Le tre fortune di Numeno, composti tra il 1940 e il 1945. La sua opera più conosciuta è certamente Santajusta, che rappresenta un omaggio alla sua città natale, ristampata nel 1954 e poi ancora recentemente nel 2017.
Nel 1942 aveva progettato per l’editore Salani un’enciclopedia popolare, che avrebbe coronato la sua opera di divulgatore. Scrive in una lettera dell’11 novembre 1942 nella quale espone il suo progetto a Mario Salani:
«Le materie sarebbero trattate con molta sobrietà, in modo da dare un’idea precisa ma elementare della disciplina cui si riferiscono; e le voci della lingua dovrebbero limitarsi a quelle che corrispondono a precisi soggetti di studio o di cultura. Con tali criteri […] si avrebbe una vera e propria enciclopedia sintetica quale è quella che, come dimostra una vasta esperienza, la grande massa del pubblico richiede. Il pubblico infatti, vuol potere avere di tutto una conoscenza superficiale, sì, ma bastevole alle sue necessità o anche semplicemente alla sua curiosità; e tralascia volentieri uomini e cose di troppo modesta importanza. In altre parole, un’enciclopedia compilata con tali criteri sarebbe vera opera popolare, nello stesso tempo di grande aiuto agli studenti ed alle persone colte che, pur volendo avere idea di un certo soggetto non abbiano necessità di approfondirne specificamente la conoscenza. È da ritenere quindi che un’opera di 120-140 mila voci corrisponderebbe bene a questo scopo. Tali voci, inoltre, andrebbero raggruppate quando ne fosse il caso, per contemperare le necessità di spazio con quella consistente nell’inserire il maggior numero possibile di esse.»
Alfredo Pitta fu massone del Grande Oriente d’Italia e poi della Serenissima Gran Loggia del Rito Simbolico fino a che il fascismo non soppresse le logge, ma nella sua opera traspare spesso la sua formazione ideologica formatasi all’interno della famiglia di indirizzo socialista.
Alfredo Pitta morì a Roma il 24 novembre 1952.
Fonti:
- D. Morlacco, Rassegna di eccellenze Lucerine. Alfredo Pitta. In “Meridiano” 16, n. 5 del 14.3.2019.
- A. Gigli Marchetti, Libri buoni e a buon prezzo. Le edizioni Salani (1862-1986). Milano 2011.
Note biografiche a cura di Paolo Alberti
Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)
- La dama verde
Romanzo
Una pistola spara senza che nessuno abbia premuto un grilletto, una luce si spegne senza che nessuno abbia toccato l’interruttore… Il romanzo giallo del 1936 si destreggia bene tra il ritmo dell’investigazione e l’ironia che lo rende a tratti davvero divertente. Senza dubbio l’autore, instancabile traduttore e certamente anche forte lettore di questa letteratura di genere, trae spunti interessanti da molte delle opere investigative più note. - Santajusta
Romanzo
Questo romanzo storico, forse l’opera più riuscita e nota di Pitta, ambientato tra il 1266 al 1269, ricorda la tragica caduta della città di Lucera, quando i rivoltosi assediati nella città pugliese dovettero soccombere per fame all’assediante re Carlo d’Angiò. - La scala vermiglia
Romanzo
Il romanzo, ambientato esattamente nel 1450, narra di armi ed amori, delle imprese eroiche dei mercenari italiani, ma soprattutto di Sigismondo Malatesta, fiero guerriero e insieme colto umanista, della sua passione per Isotta degli Atti, della drammatica vicenda dell'orgogliosa moglie Polissena.