Alfredo Pitta rende il suo personale omaggio alla città natale, Lucera, con questo romanzo storico che è la sua opera più nota e, forse, la più riuscita. Il periodo di tempo descritto nel romanzo va dal 1266, dopo la battaglia di Benevento nella quale perse la vita Manfredi, alla caduta della città di Lucera avvenuta il 27 agosto 1269, data nella quale i rivoltosi assediati dovettero soccombere per fame all’assediante re Carlo d’Angiò.
Durante la prima fase del romanzo i rivoltosi, una sorta di guerriglieri della foresta detti Maimoni e guidati da Federigo “Drigo” di Montecorvino detto Santajusta, attendono fiduciosi l’arrivo di Corradino di Svevia che stava discendendo la penisola. Drigo è convinto che questo sarà il mezzo per vendicare la sconfitta di Manfredi e scacciare gli angioini. Ma nonostante i successi iniziali di Corradino fino a oltre Roma, l’esito della battaglia decisiva, che Dante tramandò poi come battaglia di Tagliacozzo ricordandola nel canto XXVIII dell’Inferno, fu fatale per Corradino. Le speranze dei rivoltosi cattolici di Lucera e della colonia musulmana – Federico II aveva infatti deciso di insediare a Lucera i musulmani ribelli di Sicilia, cosa che conferì alla città sembianze tipicamente “arabe” e rese i saraceni lì trapiantati irriducibili e intrepidi sostenitori della casa di Svevia – naufragano così miseramente e i rivoltosi decidono una tenace, ma priva di speranze, resistenza dentro le mura cittadine. La descrizione dell’assedio, le tribolazioni della popolazione affamata e il tragico epilogo sono pagine davvero efficaci.
Santajusta è personaggio legato alla tradizione popolare, forse ispirato a Guglielmo de Parisio che effettivamente collaborò alla resistenza ma fu catturato e impiccato all’inizio del 1269. Santajusta difende la popolazione angariata dai soprusi e dalle prepotenze angioine, difendendo con onore anche se stesso, essendo nobile espropriato del suo castello, in quanto creduto morto nella battaglia di Benevento. È amato dalla popolazione e attorniato da un manipolo di fedelissimi e coraggiosi combattenti.
Pitta è abilissimo a dare un’immagine degli aspetti “saraceni” presenti nell’ambiente pittorescamente arabizzato. Memorabile, ad esempio, la figura di un feroce leopardo ,“Il Guardiano”, tenuto al guinzaglio dal suo domatore e utilissimo a gettare scompiglio tra il nemico. Unico, sembra, a non soffrire la fame durante l’assedio, forse dava la caccia ai topi…
La quercia che funge da punto di riferimento per i Maimoni è esistita realmente fino al 2011; al momento dello sradicamento la sua età è stata stimata a circa 900 anni ed era “albero monumentale” denominato appunto Quercia di Santajusta o Grande Quercia. Questo a testimonianza della persistenza nella zona della leggenda popolare sulla quale si fonda la narrazione di Pitta.
Il racconto è attraversato poi da una struggente storia d’amore tra Drigo (Santajusta) e la bellissima provenzale Yseult de Toul che si trova tra i due fuochi della fedeltà all’amore e la fedeltà al suo paese e alla sua stirpe. Gli ideali di libertà e di riscatto sociale propugnati da Drigo hanno il sopravvento sugli altri suoi sentimenti e Yseult de Toul condividerà la tragica sorte dell’amato, nonostante il tentativo estremo di quest’ultimo, reso vano dal non mantenimento della promessa da parte del barone Jéhan de Toul, promesso sposo di Yseult e fedelissimo di Carlo d’Angiò.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del libro:
— C’è?
Questo soltanto disse colui che, sbucato improvvisamente da dietro alcuni cespugli nella radura, si avanzava ora dinoccolato verso i tre uomini sdraiati ai piedi di una grossa quercia. Lo seguiva un atticciato contadino, che si guardava attorno con una meraviglia attenuata da una certa cupa tristezza che gli si leggeva nel viso adusto.
— Sì, o almeno così mi pare – rispose sbadigliando uno dei tre, dando appena un’occhiata al contadino. E soggiunse, quasi senza curiosità: – Che razza di pesce ci porti. Locco-locco?
— Te lo dirà lui – replicò brevemente il nuovo venuto. – Adesso vado a vedere se c’è Drigo, che lo interrogherà.

