Amedeo Pescio nacque a Genova il 21 novembre 1880. Dedicò alla sua città e alla storia del popolo ligure tutta la sua opera e la sua vita. Scrittore attivissimo ed entusiasta, ebbe larga popolarità per le sue pubblicazioni, per lo stile notevole e personale, per l’esattezza della ricerca, per il modo scanzonato ed umoristico di certi suoi commenti.
Docente di storia, nel 1904 si iscrisse all’associazione ligure dei giornalisti e per molti anni fu redattore e poi capo cronista del “Secolo XIX”. Nel 1912 fondò la rivista “La Liguria illustrata” prima rivista del genere nella regione, che ospitò le maggiori firme dell’epoca e che venne interrotta, nel 1916 poco dopo lo scoppio della prima guerra mondiale. Nel primo numero della rivista Pescio scrisse una sorta di epigrafe programmatica, chiamando «a raccolta i più fervidi e colti amatori della nostra piccola Patria, sì fiera ed attiva al cospetto della Patria maggiore» manifestando così già in quel momento la sua idea programmatica di consolidamento dell’identità locale che iniziava a vivere una sorta di crisi di fronte a masse sempre più consistenti di persone che giungevano da regioni lontane e faticavano ad integrarsi nel tessuto cittadino.
Dal 1920 fino quasi alla sua morte fu direttore della biblioteca Lercari di Villa Imperiale. La Giunta gli aveva affidato l’ufficio di conservatore della villa e di Bibliotecario, affiancandogli l’anno seguente l’anziano cav. Riccardo Zane. Fu confermato nella carica nel 1924. Il patrimonio bibliotecario si arricchì in maniera cospicua sotto la sua direzione. Il primo lascito che ottenne fu quello di oltre 4000 documenti da parte dell’Ing. Carlo Ricotti riguardanti il carteggio dei fratelli Carlo e Ercole Ricotti e del loro padre Mauro. Nel 1927 ottenne l’acquisizione dell’importantissima biblioteca scientifica del medico genovese Demetrio Canevari. La direzione della biblioteca Lercari rimase affidata a lui anche durante gli anni difficili della guerra, quando la distruzione della biblioteca Berio durante un bombardamento rese la Lercari la più importante biblioteca civica genovese.
Tra le sue più importanti iniziative va ricordata la fondazione di “A Compagna” – insieme a Luigi Augusto Cervetto, Umberto Villa, Giacomo Carbone, Giuseppe Macaggi, G. G. Triulzi, Gaetano Magnone – associazione richiamata in vita «dalle storiche lontananze dei 1000». Il progetto di costruzione di questa associazione aveva già preso corpo prima della guerra e si era rivitalizzato al termine del conflitto grazie, oltre al Pescio, a Luigi Arbocò, Alberto Villa e al poeta Malinverni (vedi in questa stessa biblioteca Manuzio) che morì poco prima della effettiva fondazione del sodalizio.
Per i genovesi l’uso dell’italiano e lo studio scolastico obbligatorio della “nuova lingua” appariva come un affievolirsi della propria identità, mentre il genovese continuava ad essere usato negli studi professionali, nelle case sia nobili che operaie, dagli artigiani. Contemporaneamente la spinta all’associazionismo stava diventando particolarmente forte e si può dire che i due fattori (associazionismo e difesa dell’identità) furono determinanti per la nascita dell’Associazione “A Compagna”. Entrambi i fattori sono richiamati nel manifesto/appello di fondazione – rigorosamente in lingua genovese – che fu diffuso tramite i giornali e affisso il 21 gennaio 1923.
Pescio contribuì inoltre all’istituzione del “Giorno di Colombo” a Genova. Nella rivista bimestrale dell’Istituto Cristoforo Colombo, nell’ultimo numero del 1930, è ricordata la battaglia di Pescio per riportare a Genova in luogo sacro, nel duomo di San Lorenzo, le riconosciute e accettate ceneri di Colombo. Rivendicò, in base alla presunta frase di Colombo «a Genova nacqui e di là venni», la genovesità del celebre navigatore. L’istituto Colombo si fece patrocinatore di un libro La madre di Colombo del quale ebbe il manoscritto dal Pescio; in questo libro viene descritta la Genova quattrocentesca, e si pone l’obiettivo di descrivere il «caos iroso e doloroso» per ricostruire da dove venne Colombo, visto che generalmente lo sfondo della sua azione risulta sempre ricalcato e convenzionale.
«La Madre di Colombo non è un contributo storico, una monografia diligente, una documentazione illustrata: è un poema di pianto e d’ira; d’una Madre che si narra e si confessa al Figliuolo augusto e ai secoli che male sanno».
Lo scritto dovrebbe quindi spiegare il contesto storico per il quale Colombo non poté realizzare in patria il suo audace e geniale programma. Ma credo che il testo non sia mai giunto alle stampe.
Scrisse di storia, saggistica, poesia, satira. Molti suoi scritti sono pubblicati su “Genova”, la rivista del comune. Tra questi ricordiamo ad esempio Vita eroica e romanzesca di Giuseppe Tordo. Dettò, tra le molte altre, le lapidi per la casa di Colombo, il monumento a Belgrano di Piazza Tommaseo e per Gandolin, oltre quella per la commemorazione a Finale Ligure della morte di Anton Giulio Barrili.
Fu Accademico di merito dell’Accademia Ligustica di Belle Arti (Classe degli scrittori d’Arte) e Commendatore della Corona d’Italia; socio della Società Ligure di Storia Patria.
Suoi articoli, sempre improntati all’orgogliosa rivendicazione della sua genovesità, sono ospitati sulla rivista diretta da Mario Maria Martini “Le opere e i giorni”. Ricordiamo Noi genovesi. Genova e il Rinascimento.
In un’intervista pubblicata sull’“Eroica” viene descritto come «piccolo di statura, quadrato di spalle, il viso oscuro e ferrigno, le linee del volto nette e dure, gli occhi tondi e scrutatori dietro le lenti». Abitava in Piazza Cattaneo nel cuore della città storica.
I moltissimi suoi scritti inediti, conservati alla biblioteca Lercari, trattano dai Romani in Liguria alla metà del ’900, oltre al commento e alla raccolta dei Proverbi genovesi, agli studi leopardiani e manzoniani. Tra le sue pubblicazioni più importanti ricordiamo: I nomi delle strade di Genova (1910), I grandi navigatori liguri (1913), Croce e Grifo (1914), Uomini diversi (1921), I tempi di sciö Reginna (1922), Domina Maris (1934). E ancora Settecento genovese, Gente e vita di Liguria, Un contadino della Serenissima, Genova dantesca.
Come ricorda Italo Calvino in una nota delle sue Fiabe italiane, nel volume Terra e vita di Liguria Pescio tradusse i Contes Ligures del folklorista inglese Andrews che nella sua raccolta di 64 fiabe ne comprende anche venti della riviera ligure e di Genova (le altre sono della riviera nizzarda; Andrews abitava a Mentone).
Morì a Genova il 20 novembre 1952.
La sua città gli ha intitolato una via nel quartiere di San Teodoro.
Fonti:
- B.M. Vigliero [a cura di], voce Pescio (via Amedeo) in Dizionario delle strade di Genova, Vol. IV. Genova 1985.
- I. Calvino, Introduzione a Fiabe italiane. Torino 1956.
- G. Piersantelli, Storia delle biblioteche civiche genovesi. 1964.
- L. Bacci, La madre di Colombo in “Colombo, rivista dell’Istituto storico Cristoforo Colombo”, Anno V novembre-dicembre 1930 fascicolo XXVIII.
- https://www.aib.it/aib/editoria/dbbi20/pescio.htm
Note biografiche a cura di Paolo Alberti
Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)
- Croce e Grifo
La Croce di San Giorgio e il Grifone, simboli di Genova, danno il titolo a questa raccolta di articoli, scritti all’inizio del XX secolo, nei quali Pescio, con maestria e con l’amore per la sua terra, conduce in un viaggio nella città storica e tra le sue bellezze più celate. - I nomi delle strade di Genova
L’amore di Pescio per la sua città traspare a ogni riga: apprezzare la città, in questo caso Genova, anche attraverso le sue strade, le sue piazze è ricostruirne la storia e far rivivere le persone che l’hanno animata. - Settecento genovese
Questo saggio di Pescio è frutto di un minuzioso, paziente e amoroso lavoro di rivelazione e ricostruzione della storia di Genova nel Settecento: vi si legge delle abitudini, dei giochi, dei viaggiatori che vi soggiornarono, dei letterati...