La marchesa Clelia PellicanoClelia Marianna Vittoria Romano nacque a Napoli il 29 maggio 1873. Secondo alcune fonti, a Castelnuovo della Daunia in Puglia nel 1876, ma ormai abbiamo una fonte certa nei brevi ma documentatissimi Cenni biografici di Floriana Basso, confermati dal pronipote Furio Pellicano, in calce al recentissimo volume Verso il destino (1906-1907 / 2023) di Clelia Romano Pellicano, fortunosamente riapparso dopo oltre cento anni dalla morte dell’autrice. Clelia nacque nei pressi di Sant’Antonio a Tarsia, in quella zona di Napoli che dal cuore della città comincia ad inerpicarsi su per le pendici del Vomero.

Se pur, come si può constatare dalla bibliografia consultata, elencata in fondo a queste righe, in varie occasioni si sia parlato e scritto di questa straordinaria donna, la memoria di lei è di fatto rimasta in sospeso per quasi un secolo. Le ragioni possiamo pensare che siano imputabili a vari fattori: l’isolamento nel quale l’ha relegata la sua presenza ed attività anche imprenditoriale nel Sud d’Italia, nonostante il suo impegno nel tenere rapporti al di là di quei confini e i suoi costanti e frequenti soggiorni a Roma; l’aver visto morire tutte le persone che avevano creduto in lei – il padre, la madre, il marito – ma anche sparire in un incendio molta documentazione sulla sua vita e le sue riflessioni; l’incapacità, da parte di tutte le persone che le erano rimaste accanto, di valorizzare, dopo la morte, la sua opera e la sua figura di vera intellettuale, forse non valutandone a pieno l’importanza; la molteplicità dei suoi sempre approfonditi interessi che hanno creato un’immagine pubblica di lei quasi moltiplicata e per questo quasi inevitabilmente sfocata. Di chi ha scritto di lei, alcune e alcuni hanno posto l’accento sul suo impegno femminista, altre e altri su Romano Pellicano scrittrice, in altri casi si è guardato alla sua nuova concezione imprenditoriale, molti hanno cercato di capire come in lei si potessero conciliare così armoniosamente cultura, intelligenza, azione, dolcezza materna, bellezza. Il risultato è che l’unica Clelia Romano Pellicano, che era realmente tutte queste cose insieme, è rimasta fatalmente nell’ombra.

Le famiglie d’origine e l’adolescenza

Clelia era l’ultima figlia del barone Giandomenico (o Gian Domenico) Romano (Castelnuovo della Daunia 1828 – Napoli 1888), patriota, giurista e deputato dal 1870 per la Sinistra storica, e di Pierina Avezzana (New York 1844 – Castellammare di Stabia 1922).

Figure importanti nella formazione di Clelia furono, tra le altre, i genitori di sua mamma Pierina. Il padre di Pierina era il generale Giuseppe Avezzana (Chieri 1797 – Roma 1879), che aveva combattuto in Italia a fianco dei Savoia, poi era stato in Spagna, in Messico e infine a New York, e qui aveva sposato, poco dopo il 1834, la nobildonna irlandese Mary Morrogh Plowden. Dalla coppia erano nate cinque ragazze e un maschio (Victoria 1837 – 1897; Josephine 1838 – 1923; John 1840 – ?; Catherine 1842 – 1925; Pierina 1844 – 1922; Felicita 1847 – ?). Nel 1848 Avezzana, ansioso di contribuire alla nascita dell’Italia unita, tornò in Italia e nel 1849 il triumvirato composto da Mazzini, Saffi e Armellini lo nominò Ministro della Guerra e della Marina della Repubblica Romana ed egli a sua volta nominò generale Giuseppe Garibaldi. Con i soldati e con il popolo di donne e uomini fedeli, Avezzana partecipò alla difesa della Repubblica Romana anche nella storica e tragica battaglia del Vascello sul Gianicolo (Giuseppina Romano, Episodii della vita del generale Giuseppe Avezzana). Fallita tragicamente l’impresa e tornato rocambolescamente nel 1850 a New York, Avezzana riabbracciò la numerosa famiglia ma la moglie Mary morì tragicamente nello stesso anno; due anni dopo egli sposò la sorella più giovane di Mary, Fanny (1820 – 1859), che lo aveva assistito con i sei figli dopo la morte della sorella e che gli diede altre due figlie. Nel 1860 Avezzana, di nuovo vedovo, tornò in Italia, richiamato da Garibaldi, che seguì e coadiuvò nell’impresa dei Mille. Al termine decise di restare in Italia, si stabilì a Torino e chiamò a sé dagli Stati Uniti la famiglia, ad eccezione di due figlie ormai sposate in America e del figlio Giovanni (John), divenuto vice-console italiano a New York.

Eletto deputato a Monteserchio, in provincia di Benevento, Giuseppe Avezzana nel 1862, mentre stava per cedere ai desideri delle figlie di tornare a New York, incontrò a Torino Giandomenico Romano, che egli aveva scelto come suo aiutante di campo ai tempi della difesa della Repubblica Romana. Romano si innamorò di sua figlia Pierina, la chiese subito in sposa e nello stesso anno, il 4 settembre, i due si sposarono. È bene ricordare che Pierina, educata ad un modello di vita anglosassone, aveva un’idea laica del matrimonio e della unione dei sessi, opposta in qualche modo alla dottrina cattolica che imperava allora in Italia. Il matrimonio si svolse a Moncalieri e la coppia visse i primi anni ad Avellino dove Giandomenico Romano era Consigliere di Corte d’Appello. In seguito la giovane coppia si trasferì stabilmente a Napoli, dove si trasferì, ospite all’inizio del genero nella sua villa all’Arenella, anche il suocero Giuseppe Avezzana con le tre figliole ancora con lui e che una dopo l’altra si sposarono.

Nel 1866 di nuovo Garibaldi, in occasione della difesa di Salò e del Lago di Garda dagli austriaci, chiamò a sé Avezzana, di cui aveva grandissima stima. Piace a questo punto ricordare – come suggeritoci dal pronipote Furio Pellicano – che Garibaldi impose il nome di Clelia (1867 – 1959) alla figlia avuta dalla terza moglie Francesca Armosino; stesso nome Giandomenico Romano, sei anni dopo, impose alla sua ultima figlia, la ‘nostra’ Clelia, nipote di Giuseppe Avezzana.

Nello stesso 1866 Avezzana tornò finalmente a Napoli e fino alla morte, avvenuta a Roma nel 1879, fu onorato membro del Parlamento e padre e nonno affettuoso ed amato. Alla sua morte vi furono grandi e sentite onoranze funebri anche negli Stati Uniti. Giuseppe Avezzana è sepolto a Roma nel Cimitero monumentale del Verano. Clelia ebbe modo di conoscere ed amare, anche se per pochi anni, il nonno materno, che fu anche il suo padrino nel battesimo tenuto nella chiesa di S. Maria delle Grazie in Montesanto a Napoli.

Clelia era l’ultima dei quattro figli di Giandomenico e Pierina: Giuseppina (Avellino 1863 – Napoli 1937), che, sei mesi dopo la morte dell’augusto nonno, ne scrisse e nel 1880 pubblicò le memorie (Episodii della vita del generale Avezzana); Attilio, nato a Napoli nel 1865, che frequentò e si laureò alla Regia Scuola Superiore di agricoltura di Portici, rinomatissima scuola di cui si è parlato qui in Liber Liber anche a proposito di Francesco Saverio Nitti, Rocco Scotellaro, Manlio Rossi Doria, Marina Sereni ovvero Xenia Silberberg e di Emilio Sereni. Dopo il fallimento delle sue attività in campo agro-alimentare, Attilio si recò nel 1897 negli Stati Uniti; Furio Camillo (Napoli 1867 – Eboli o Napoli 1949) che divenne brillante ambasciatore a Washington e a Parigi, con un anticipatore respiro europeista.

Le vicende, le relazioni, i matrimoni, i salotti frequentati dalla sua famiglia di origine entrarono a pieno titolo nelle novelle e nei romanzi di Clelia. Così fu quasi certamente il ricordo delle nozze, nel 1889, del fratello Attilio con Emilia de Lieto Vollaro, avvenute pochi mesi dopo la morte del padre Giandomenico – testimone delle quali fu, sembra, Francesco Crispi allora Presidente del Consiglio – ad ispirare le prime pagine del romanzo di Clelia Verso il destino, ambientato in quegli anni.

Le ragazze e i ragazzi Romano ebbero un’educazione rigida ma immersa in un clima culturale vivace e di idee profondamente liberali risorgimentali. Non si conosce all’oggi se l’educazione sia stata di tipo parentale o se e quali istituzioni scolastiche Clelia, la sorella e i fratelli abbiano frequentato. La famiglia Romano era originaria di Sorrento ma si era trasferita in Puglia, a Castelnuovo di Daunia, ed è lì che era nato il padre Giandomenico e dove, amorosamente assistiti dal padre e dalla madre Pierina, le loro figlie e i figli trascorsero un’infanzia serena. Oltre all’italiano, Clelia, che da “giovinetta studiò con vivo amore” (Allason) parlava fluentemente il francese e l’inglese – lingua normalmente parlata in famiglia –, ed era un’appassionata amazzone. Nel corso degli anni ella prese sempre maggiore interesse agli studi e si dedicò in particolare ad ampliare le sue cognizioni nel campo del diritto e dell’economia.

Il matrimonio, la famiglia del marito

Nel 1888 morì il barone Romano, padre di Clelia. Quattro anni dopo la morte del padre, nel 1892 Clelia, non ancora ventenne, giovanissima – secondo alcune fonti addirittura sedicenne –, sposò a Napoli il marchese Francesco Maria Pellicano, nato a Napoli nel 1855, da famiglia di idee conservatrici, ufficiale di cavalleria, massone, primogenito del possidente calabrese Pierdomenico Pellicano dei marchesi Pellicano-Barletta – importante casata calabrese originaria di Gioiosa Ionica, come risulta in alcuni almanacchi delle famiglie nobili – e di Donna Cristina, nata nel 1834 e sposa di Pierdomenico nel 1854, del casato dei duchi Riario-Sforza, marchesi di Gioiosa Ionica. Qui Clelia e Francesco Maria si trasferirono nel 1896 proprio per una precisa scelta della sposa.

Secondo altre fonti invece la coppia si stabilì nella Villa Pellicano, nota anche come Villa Acton in frazione Quisisana di Castellammare di Stabia. Questa incantevole villa affacciata sul mare, opera d’ingegno dell’architetto Catello Troiano, era stata fatta costruire nel 1789 dal generale John Acton, ministro del re Ferdinando IV di Borbone, in un terreno che gli era stato concesso in enfiteusi dai marchesi Pellicano. Quando, nel 1806, i francesi invasero Napoli e il re e la corte fuggirono a Palermo, i Pellicano intrapresero una causa contro Acton per rientrare in possesso del terreno ed acquisire la villa. Si può ragionevolmente ritenere che la coppia abbia vissuto tra Napoli e Quisisana i primissimi anni di matrimonio trasferendosi poi a Gioiosa Ionica, dove Francesco Maria Pellicano aveva possedimenti e incombenze da seguire. Tuttavia Villa Pellicano a Quisisana sarà sempre per la famiglia uno dei privilegiati luoghi di soggiorno.

Nel 1874 era stata avviata una pratica di separazione tra Pierdomenico Pellicano e Donna Cristina, genitori di Francesco Maria, che dopo vari tentativi di conciliazione, arrivò a compimento con sentenza di primo grado nel 1880. La Cassazione rigettò il ricorso di Pellicano. Degli otto figli della coppia, una femmina e sette maschi, così venne disposto: la figlia Giuditta avrebbe vissuto con la madre con gli alimenti del padre; per i tre maggiorenni non fu previsto nulla – se i calcoli non sono errati, Francesco Maria era fra questi –; i quattro figli maschi ancora minori, tra i 12 e 18 anni, fu stabilito che fossero alloggiati in istituti di educazione a spese del padre. Dal libro Verso il destino peraltro si deduce che le separazioni nell’ambiente aristocratico fossero abbastanza frequenti.

Il matrimonio di Clelia – alla celebrazione del quale possiamo immaginare che comunque abbiano partecipato entrambi i genitori di Francesco Maria Pellicano – invece per fortuna, come affermato da lei stessa, soddisfaceva pienamente e al meglio le ragioni di interesse e le ragioni del sentimento: “raro e felice connubio della ragione e del cuore” (La vita in due, p. XXI). Nonostante la differenza d’età di quasi vent’anni, fu un vero matrimonio d’amore e il loro sentire era affine, tanto che fu proprio il marito ad interessarsi per trovare a Napoli un editore per gli scritti della moglie. Il marchese, che fu sindaco di Gioiosa, nel marzo 1909 venne eletto deputato al Parlamento italiano per la XXIII legislatura del Regno d’Italia – nella destra liberale di Antonio Salandra – come rappresentante di Caulonia, paese non distante da Gioiosa Ionica, ed era quindi spesso assente da casa. Clelia mise a frutto il suo tempo anche seguendo da vicino la condizione delle donne del Sud, tanto da decidere di imparare il dialetto locale per poter meglio comunicare con le e i ‘gejusanə’.

La coppia mise al mondo, nei vari luoghi in cui soggiornò, ben sette figli: Pierdomenico (1892, in famiglia Baby), Carlo (1894, Charley), Leone (1895, Leo), Massimo (1896, Max, che diverrà giornalista, scrittore e pittore), Giulia (1898 – 1988 o 1989, Pupa, unica femmina), Furio (1901) e Oddo (1903). Clelia non aveva compiuto ancora trent’anni alla nascita dell’ultimo figlio. Tutta la ricca figliolanza crebbe in amorose cure e la madre fu assistita in questo dalle cognate e da un’istitutrice inglese. Mentre non si conosce il percorso di studi di Clelia, Giulia e i ragazzi frequentarono quasi tuttə lo storico liceo classico Ennio Quirino Visconti di Roma, città in cui la famiglia trascorreva buona parte dell’anno.

Gli spostamenti della famiglia erano frequenti: si può affermare che i mesi estivi venissero trascorsi a Gioiosa Ionica e, all’incirca dal 1905 in poi, buona parte di quelli invernali a Roma, dove Clelia era la vivace e colta animatrice di un salotto politico e letterario in cui tesseva le relazioni necessarie per portare avanti le sue battaglie sociali. Abbiamo la testimonianza di Grazia Deledda che, in un biglietto, dava appuntamento a Sfinge (alias Eugenia Codronchi) – vedi qui in Liber Liber – e alla sua compagna per incontrarsi a casa della Marchesa Pellicano, considerata una figura di spicco di quegli anni come attivista e scrittrice (Prefazione di Jessy Simonini in La costola di Adamo, di Sfinge, 2024).

A Gioiosa Ionica i Pellicano possedevano un castello, fondato presumibilmente nel XIII secolo, di proprietà alla metà del XVI secolo dei marchesi Caracciolo e passato ai marchesi Pellicano nel XIX secolo, e un palazzo, Palazzo Pellicano detto anche della Ruota, nel pieno centro storico, che era la residenza principale. Fuori dal centro storico e non lontano dall’area archeologica o Villa romana del Naniglio, secondo le fonti, anch’essa di pertinenza dei Pellicano, sorge la Chiesa dell’Annunziata della quale i Pellicano erano patroni e per la quale Clelia fece modellare e poi, nell’ottobre 1912, benedire da papa Pio X la Statua dell’Annunziata. L’antica chiesa, dopo una serie di passaggi di proprietà è stata poi donata, nel 2014, a Papa Francesco che l’ha resa un luogo di culto pubblico. Clelia aveva certamente il senso della religione ma questo non le impediva di denunciare nelle sue novelle atteggiamenti poco consoni del clero. I Pellicano erano anche proprietari di una grande casa colonica in località Scinuso a Marina di Goiosa Ionica, che Clelia trasformò quasi in una villa, con un giardino di cui “tracciò i viali, fiorì le aiuole” (Allason) e dove fece mettere a dimora anche essenze importate dalla costiera amalfitana e dalla villa di Quisisana.

Non si sono potute trovare indicazioni esatte sugli spostamenti. I frequenti cambi di domicilio permisero comunque alla giovane marchesa di frequentare, sia a Roma sia a Napoli sia a Castellammare, gradito luogo di ritrovo estivo delle famiglie altolocate napoletane, l’alta aristocrazia, politici importanti, tra i quali Vittorio Emanuele Orlando, Antonio Salandra, Antonio Starabba di Rudinì, e un ambiente culturale del quale facevano parte scrittrici e scrittori come Salvatore Di Giacomo, Luigi Capuana, Matilde Serao, Antonio Fogazzaro e tante altre e altri.

I soggiorni in Calabria erano per Clelia il contatto con la realtà più vera e forse più interessante, in considerazione anche dei suoi studi di economia. Sul finire dell’Ottocento, periodo di forte emigrazione da quei luoghi, il ruolo delle donne nell’economia e nella società del Sud d’Italia è fondamentale. Le donne calabresi, oltre agli obblighi famigliari e all’educazione dei figli, erano impegnate non solo nell’agricoltura, ma anche in una vera e propria vivace e produttiva realtà industriale, che esse contribuirono a sviluppare. Lì si producevano e commerciavano la lana, la seta, il cotone e il pellame; esistevano acciaierie e fonderie di rame e miniere di salgemma, di lignite, di piombo e di argento. Peraltro senza che questo rendesse la regione particolarmente florida. Nel romanzo Verso il destino poi si trovano appassionate pagine in cui la scrittrice evoca la bellezza dei luoghi, dei paesaggi, della natura della Calabria ionica.

L’impegno civile e sociale

La giovane donna aveva un’alta sensibilità femminista e fu anche convinta europeista. ‘Europeista’ è il termine usato in varie fonti. Dalla sua formazione, dai suoi scritti, dalle sue battaglie è chiaro che Clelia Romano Pellicano avesse piuttosto una chiara e convinta visione internazionalista, nella quale solo una forte unità e solidarietà tra donne avrebbe potuto spezzare le catene del patriarcato e rendere il mondo più sicuro e più equo. Di fatto cresciuta in un ambiente dell’alta borghesia liberale, la sua presenza nell’ambiente di Gioiosa Ionica le permise un’osservazione diretta della popolazione locale, in particolare della sua parte femminile, e lo sviluppo di una ‘coscienza di classe’ che presto si sarebbe tradotta in attivismo sociale. Per Rizzo (Clelia Pellicano, scrittrice della Nuova Antologia, 2015) questo impegno a favore dei diseredati era una tratto del carattere di Clelia legato alla sua fede religiosa, ma crediamo invece che la sua fede, indubbiamente reale, andasse a sommarsi al suo carattere naturalmente aperto e ad un retaggio famigliare di grande liberalità. Si impegnò molto nella lotta per il diritto di voto alle donne, per una loro migliore istruzione e per una più equa retribuzione del lavoro femminile.

Ella si rese conto che la battaglia femminista doveva assolutamente essere combattuta, che era giunto il momento, che non era più possibile derogare. Credeva fortemente nell’idea che le donne dovessero avere una vita attiva al di fuori della famiglia, anche nel campo del giornalismo. Lei stessa scrisse per «Nuova Antologia», «Flegrea», «L’Italia moderna» ed altre riviste, trovandosi a fianco di illustri scrittrici e scrittori tra le e i quali Edmondo De Amicis, Grazia Deledda, Grazia Pierantoni Mancini, Luigi Pirandello, Vittoria Aganoor (che forse conobbe nel 1901), Giovanni Verga, Jessie White Mario.

Proprio su «Nuova Antologia» nel 1907 venne pubblicato il suo saggio Donne ed industrie nella Provincia di Reggio Calabria, risultato di una sua ricerca storica e indagine sulle industrie e sulla forza lavoro femminile del capoluogo calabrese. Su «Nuova Antologia» vennero pubblicate anche almeno due sue novelle La dote (1907) e Istinto primo (1912), che confluiranno in alcune raccolte edite in seguito. Almeno altre due novelle, Nuovo e vecchio mondo e Nella colpa – anch’esse riunite nelle raccolte successive –, comparvero sulla rivista «Flegrea», fondata a Napoli nel 1899 con lo scopo di far conoscere la cultura del mezzogiorno d’Italia, rivista che ebbe vita solo fino al 1901. Peraltro nella rubrica di vivaci Cronache mondane di «Flegrea», presente nella rivista solo nell’anno 1899, tra gli innumerevoli nomi di casate nobili citate non compaiono mai i marchesi Pellicano e questo molto probabilmente perché Clelia e Francesco Maria erano allora molto coinvolti nella vita e nel lavoro in Calabria e, di natura riservati, non partecipavano in modo particolare alla vita mondana napoletana.

Si segnala, come puro fatto di costume, che, nelle Cronache mondane del fascicolo del 5 maggio 1899, alla presenza di Eleonora Duse, di Ermete Zacconi e di Francesco Tamagno nei teatri di Napoli e di Gabriele D’Annunzio, ospite del duca d’Andria, il redattore diede assai meno risalto che alla recita tenutasi in Palazzo Sirignano in cui l’aristocrazia napoletana si cimentava nei vari ruoli della commedia Bere o affogare di Leo di Castelnuovo (al secolo Conte Leopoldo Pullè, 1835-1917, deputato e drammaturgo).

Clelia collaborò anche con i quotidiani «La Tribuna», «Il Mattino», «Il Giorno». Il libro Nuovo e vecchio mondo, curato da Clara Stella ed edito nel 2023, è ricchissimo di indicazioni di articoli d’epoca concernenti la ‘nostra’ scrittrice.

Molto sensibile anche per via famigliare (il padre Giandomenico Romano e il nonno materno Giuseppe Avezzana) alla storia del movimento per l’Unità d’Italia, Clelia si rammaricò molto nel constatare che la grande parte che le donne avevano avuto nel Risorgimento nazionale non fu mai pienamente riconosciuta. Al contrario, con l’avvento dell’Unità alle donne vennero cancellate quelle poche misere limitate parvenze di diritto di voto che avevano avuto, come in Toscana, nel Veneto e addirittura in Lombardia sotto il dominio austriaco. La sua attenzione particolare alla causa dell’emancipazione femminile non nasceva certo dalla sua condizione personale di donna agiata, circondata da affetti, bella – come la vediamo anche nel ritratto a figura intera attribuito al pittore Massimiliano Gallelli –, ma dalla sua naturale inclinazione, coltivata anche certo nella famiglia di origine, per lo stato dei poveri e degli oppressi, stato peggiorato spesso dall’essere donne. E si risentiva fortemente nei confronti non solo degli uomini quando apertamente avversari, ma anche di quelle donne, arrivate in qualche modo all’indipendenza e alla fama, che del voto o dei diritti civili delle donne non vedevano la necessità, e che ostacolavano o addirittura avversavano la causa femminista.

Nel 1908 Romano Pellicano faceva parte del Consiglio Nazionale Donne Italiane (CNDI), federazione apartitica e areligiosa di associazioni non solo femminili impegnate per il miglioramento della condizione sociale delle donne. Il CNDI era stato fondato nel 1903 come sezione italiana dell’International Council of Women, istituito a Washington nel 1888. Il Consiglio è ancora oggi attivo.

Nel congresso del CNDI del 1908, che si tenne a Roma, in Campidoglio, e che fu inaugurato dalla Regina Elena, Clelia parlò della relazione tra la donna, la stampa e la moralità pubblica. Ella fu tra le prime promotrici di una petizione, presentata da Anna Maria Mozzoni, che chiedeva al governo italiano il suffragio femminile e cercò di avviare un movimento per riformare alcune leggi e renderle più eque per le donne, battendosi in particolare per l’abolizione delle norme che prevedevano l’autorizzazione del marito su molte questioni, norme che limitavano fortemente l’autonomia e l’indipendenza delle donne, indebolendone la capacità giuridica. Nel congresso di Roma furono approvate varie risoluzioni che prevedevano, tra l’altro, l’applicazione attenta dell’obbligo scolastico e la creazione di mutue per l’assistenza e previdenza per la maternità.

Nell’aprile 1909 Romano Pellicano fu inviata a Londra in rappresentanza del CNDI, insieme con Emma Bice Dobelli – presumibilmente la persona che in quegli anni tradusse alcune opere di George Macaulay Trevelyan su Garibaldi – e Maria Bovio Silvestri, al V Congresso internazionale femminile organizzato dall’International Woman Suffrage Alliance, congresso al quale parteciparono le femministe storiche tra le quali Carrie Chapman Catt per gli USA e Millicent Garrett Fawcett per la Gran Bretagna. Per raccontare quell’esperienza Romano Pellicano scrisse alcuni articoli che vennero pubblicati sulla rivista «La Donna» (numeri 111, 115, 117 del 1909).

Nella sua comunicazione introduttiva, la presidente dell’assemblea Mrs. Chapman Catt, «facendoci notare che giammai gli uomini della plebe hanno dovuto lottare per la conquista del voto come noi siamo ora costrette a lottare side by side, shoulder by shoulder», dichiarò:

«”Ricordatevi voi donne d’ogni razza, d’ogni paese – da quelli dove splende il sole di mezzanotte a quelli in cui brilla la Croce del Sud – qui convenute nella comune aspirazione alla libertà, all’uguaglianza, strette da un nodo di cui il voto è il simbolo, ricordatevi che il nostro compito non avrà termine se non quando tutte le donne del mondo civilizzato saranno sempre monde dalla taccia di incapacità, d’inferiorità di cui leggi e costumi l’hanno bollate finora!”» (La traduzione è di Clelia Romano Pellicano. «La Donna», V, 5 ottobre 1909, n.115)

Avviso che questa invocazione a tutte le donne al non desistere mai fino a che non sarà raggiunto lo scopo dell’uguaglianza, che Clelia tenta di riportare a memoria nell’articolo di «La Donna» in forma di discorso diretto nonostante l’intervallo di tempo trascorso tra la conferenza e l’articolo, è stato in tutte le fonti consultate attribuito erroneamente a lei stessa.

Anche Clelia Romano Pellicano naturalmente prese la parola e anche il suo intervento ebbe molto successo: ella aveva idee forti e pienamente condivisibili in quel consesso e particolari doti oratorie. Clelia scrisse in uno degli articoli:

«Io narrai, per l’Italia, le nostre lotte, le nostre speranze, non potendo, ahimè, parlare di conquiste e vittorie. Dissi che non aspiravamo al voto pel magro gusto di fare la “politica per la politica” ma per contribuire efficacemente alla riforma del Codice, della beneficenza e della scuola, ma per moralizzare i costumi, migliorare le condizioni delle classi femminili lavoratrici, e partecipare, senza maschera, alla vita dei nostri mariti e dei nostri figli.» («La Donna», V, 5 ottobre 1909, n.115)

Per lei la donna ideale era insieme femminile, colta in modo approfondito, sempre aggiornata, capace di solidarietà, generosità e insieme fortemente consapevole dei propri diritti, aperta al mondo esterno e alle novità. Per quanto abbiamo percepito di lei, il suo perfetto ritratto. La redazione della rivista che ospitò con orgoglio i suoi articoli definì ‘pericolosa’ l’efficacia della sua oratoria e delle sue argomentazioni, perché sicuramente sarebbe stata capace di esporre ad “un pericolo grave di conversione” chiunque non avesse condiviso ancora le sue idee.

Era chiaro a Romano Pellicano che ci fosse, oltre ad una evidente e generalizzata scarsa considerazione, se non addirittura profonda ignoranza, della condizione delle donne, un forte divario anche in questo campo tra Nord e Sud d’Italia. Nel Nord infatti si cominciava a capire l’importanza di una parità di diritti e di dignità fra donne e uomini, cosa che nel Sud era del tutto assente. Peraltro in Italia la richiesta del suffragio universale era un modo per le donne italiane per cercare, come dichiarava Clelia, di modificare il Codice civile del Regno d’Italia (cosiddetto Codice Pisanelli), promulgato nel 1865, che non riconosceva autonomia alle donne e le relegava esclusivamente ai ruoli di figlie, mogli e madri. Clelia notò anche che l’Inghilterra e l’Italia avevano alla testa del movimento femminista signore delle classi aristocratiche; questo non avveniva in Germania, in Norvegia, in Olanda e altrove dove il movimento era partito dalla ‘borghesia professionista’ e si era diffuso nella classe operaia. Ella affermava anche che fu percepito da tutte le presenti al convegno che se fosse stato dato alle donne il ruolo che a loro spettava nelle decisioni politiche, il disarmo delle nazioni sarebbe potuto diventare una realtà.

Clelia fu invitata, sempre nel 1909, a tenere una relazione-conferenza alla Sala Umberto di Roma per raccontare la sua missione a Londra, relazione che fu molto applaudita. Nel fascicolo n. 116/1909 de «La Donna», dopo un articolo di Barbara Wick Allason (1877 – 1968), di cui qui di seguito, Luigi Antonelli descrive la conferenza in un articolo dal titolo Un’ora a “Villa Clelia”. Antonelli sottolinea la bellezza e la grazia di Romano Pellicano e nota il gesto gentile di omaggiare con una rosa, sfilata da un mazzo posto sul tavolino del palcoscenico, l’onorevole Mirabelli che l’aveva introdotta. Alla fine della conferenza, Antonelli accompagnò la marchesa Pellicano a Villa Clelia, alle pendici di Monte Mario, ed ebbe accesso al suo ambiente famigliare: Clelia, nonostante estremamente riservata e sempre molto restia a concedere interviste, lo intrattenne parlando dei suoi figli amatissimi. Altre fonti sostengono che la residenza romana fosse nei pressi di Piazza di Spagna.

Romano Pellicano tenne al Lyceum di Roma anche una conferenza sulla situazione delle donne e le industrie nella zona del reggino. Il discorso seguì l’articolo, sopra citato, sul medesimo tema uscito su «Nuova Antologia» nel gennaio 1907. Il Lyceum è un Club, un’associazione apartitica e areligiosa per la promozione delle donne, fondata a Londra nel 1903, con precedenti forse a Parigi nel 1787; essa ha avuto ramificazioni nel mondo e in molte città italiane, prima fra tutte Firenze dove il Lyceum fu fondato nel 1908; a Roma era stato fondato nel 1910 – questo permette una datazione della conferenza ante quem non –. Peraltro il Lyceum, proprio per il suo carattere apolitico, si teneva fuori da tutte le più vivaci battaglie suffragiste.

Nel dicembre 1909, a soli 54 anni, morì a Roma (secondo i dati dell’Archivio di Stato di Roma; a Caulonia secondo altre fonti) il barone Francesco Maria Pellicano e Clelia si trovò vedova, a 36 anni, nella difficilissima condizione di seguire la crescita dei numerosi figli – il maggiore aveva allora 17 anni e il minore 6 – e di curare il vasto patrimonio ereditato dal marito, del quale facevano parte anche un’azienda agricola e un’industria della seta. Già il marito, come scritto nella commemorazione che di lui venne tenuta alla Camera dei Deputati:

«Nell’organizzazione agricola delle sue vaste proprietà ebbe a cuore la elevazione morale ed economica dei suoi contadini, e fu uomo di mente aperta ad una concezione moderna dei doveri sociali»

ed il collega deputato Giovanni Camera, amico di lunga data, indirizzò anche un mesto pensiero “alla donna insigne [la marchesa Pellicano] che è oppressa dal dolore e che ha la coscienza profonda, perchè ella è intelligente ed eletta, dell’alta responsabilità che le incombe.”

Clelia Romano Pellicano non si limitò a gestire l’esistente; creò anche nuove attività, tra le quali la Società calabro forestale, a partire dallo sfruttamento di un fondo boschivo, impresa che aiutò lo sviluppo di quel territorio. Per migliorare il lavoro, fece costruire una breve ferrovia Decauville, una ferrovia a scartamento ridotto, che portasse il legname dai boschi agli impianti di lavorazione. E furono allestiti anche alloggi per le famiglie degli operai che andarono a formare piccoli villaggi. Tuttavia la cosa straordinaria di questa impresa era la nuova visione della marchesa sull’imprenditoria. Ella si chiese se prendersi cura di questo bene che le era arrivato in eredità dovesse essere da lei considerata una cosa utile ad accrescere il suo prestigio personale o una cosa funzionale a migliorare le condizioni della comunità. Non ebbe dubbi che la seconda risposta fosse quella giusta, risposta che peraltro non era in alcun modo in contraddizione con la prima. Ma era indubbiamente diverso il punto di vista. Non si trattava più di un uomo al comando, in questo caso una donna, ma di una vera e propria impresa sociale.

Nel 1910 Romano Pellicano, richiesta dall’autore, curò la prefazione, molto vivace e sentita e che contiene una spietata critica al patriarcato, della nuova edizione del libro La donna e la legge : Studi sulla condizione sociale e giuridica della donna (prima edizione 1872) di Carlo Gallini (1848 – 1927), avvocato, deputato fin dal 1892 e senatore del Regno nei gruppi dell’Unione democratica. L’opera si proponeva di sollecitare il parlamento italiano ad ammettere le donne al voto. Durante la XXIII regia legislatura (giugno 1910 – marzo 1912) Gallini fu il primo firmatario di un progetto di legge d’iniziativa parlamentare dal titolo Concessione alle donne dell’elettorato e di altri diritti. Possiamo facilmente immaginare che all’origine e all’elaborazione di tale progetto abbia partecipato anche Clelia Romano Pellicano. Le scarse possibilità di voto, di cui si è scritto sopra e che vennero abolite all’avvento dell’Unità d’Italia, permettevano esclusivamente un voto amministrativo, a volte mediato da un tutore, ma non ammettevano nessuna possibilità alle donne di essere elette. Solo nel 1946 le donne avrebbero avuto il diritto di voto e la possibilità di essere elette: allora furono elette sei sindache e 21 furono le elette nell’Assemblea Costituente. La prefazione di Romano Pellicano esordisce così:

«Illustre amico, “La Donna e la Legge”. Ecco due signore che mi hanno l’aria di non essere mai andate di accordo e che pur vedo amabilmente unite in questo Suo prezioso studio il cui merito principale, ai miei occhi, è appunto quello di rilevarne il profondo e finora insanabile dissidio»

dissidio tra una Legge, cioè, che è stata sempre strumento di dominazione nelle mani dell’uomo, e la Donna che l’uomo si ostina ad opprimere. Il testo è molto chiaro ed esplicito:

«Però quando io odo quest’uomo, pur dolendosi delle piccole grandi perfidie femminili, proclamar […] che la coltura, l’indipendenza, la evoluzione della donna, il formarsi in lei di una nova coscienza civile e di un più alto carattere; lo svilupparne il senso della dignità e responsabilità, il toglierla dallo stato parassitario per farne un essere pensante e cosciente, sono attentati a quella sua Femminilità squisitamente impulsiva ed illogica, fatta d’enigmi, d’insidie, di capricci, d’ignoranza e di superstizione […] Ne concludo che contro la segreta ostilità della donna, l’uomo è condannato ad urtarsi fino a quando, con un gesto magnanimo non la solleverà fino a sé.»

Si ricorda che già nel lontano 1878 Garibaldi inviò a Giandomenico Romano, allora deputato di Lucera, una lettera con la quale lo invitava a fare in modo che Cairoli, Zanardelli, Nicotera e Crispi si accordassero “per il bene del popolo” e proponeva la nascita di una “lega democratica di tutte le Sinistre che doveva servire di leva al ministero per porre in pratica le riforme urgenti” e tra queste la riforma elettorale per il suffragio universale e anche “per la eventuale estensione del voto alle donne”. (Pasquale Soccio, Clelia Romano Pellicano, ossia Jane Grey narratrice e donna d’avanguardia, in Giandomenico Romano nel Centenario della morte (1888-1988) : Atti del Convegno di Studi, Lucera 23 Settembre 1989 e Alfonso Scirocco, Garibaldi “politico” e la Lega della democrazia). Ma, come la storia seguente insegna, il tentativo non produsse risultati.

Fu solo nel 1919 con la legge 1176 che lo Stato italiano stabilì norme circa la capacità giuridica della donna (vedi qui in Liber Liber la sinossi di Paolo Alberti al libro Nella mischia di Rosalia Gwis Adami). In effetti durante la prima guerra mondiale, con gli uomini validi al fronte, si sentì la necessità di supplire alla loro assenza nei campi e nelle fabbriche con il lavoro femminile e questo contribuì a creare una diversa immagine della donna e a darle un valore che fino allora le era stato negato. Peraltro, dopo la promulgazione della legge 1176, il Regio decreto attuativo 39 del gennaio 1920 ammise una tale quantità di eccezioni da togliere qualsiasi forza alla legge. Questa poi fu abrogata dalla legge 66/1963, a sua volta sostituita dal Decreto legislativo 198/2006 Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, che è la norma attualmente in vigore. Che lungo lunghissimo iter!

Nel 1912 Clelia Pellicano curò direttamente una sottoscrizione nazionale per favorire il trasporto e la cura dei malati.

Nel 1913 – la data è quasi certa – fu dedicato “a Sua Eccellenza La Sig. Marchesa Pellicano, Sostenitrice del suffragio femminile, col massimo rispetto” e “To Protomartyr of Women’s Suffrage Mrs. Pankurst Leader of the militant Suffragettes in London, England” l’International Hymn of the Suffragettes – Inno Internazionale delle Suffragette “La donna elettrice” “Votes for Women”. Il testo è di Torquato Novelli e la musica, per violino o mandolino, di P. Aissac. Il foglio che riporta le intitolazioni ed il testo è conservato presso la Library of Congress di Washington.

Nel maggio 1914 Clelia partecipò al Congresso Internazionale femminile, organizzato a Roma dal CNDI, per rivendicare i diritti sociopolitici delle donne e per richiedere una migliore retribuzione del lavoro femminile al pari degli uomini. Erano presenti, tra le altre, anche Lydia Poët e Teresa Labriola. Tema molto sentito e discusso da tutte fu come conciliare la “missione famigliare della donna” con il lavoro extra-domestico. Clelia parlò delle nuove vie aperte all’industria femminile e fece “una sintesi esauriente di tutte le cause psicologiche, economiche e sociali per le quali alla donna vien imposto di aiutare la famiglia”. Il suo discorso fu molto applaudito. Al termine propose che: «a difesa del suo lavoro e a tutela dei suoi diritti [alla donna] sia dato ovunque e presto il voto senza il quale nessuna radicale riforma è possibile, nessuna conquista durevole». Nel Congresso, per espressa volontà del Consiglio di Presidenza del CNDI, era stato bandito il tema del voto. Furono Teresa Labriola e Clelia Romano Pellicano, al termine dei lavori, a riportare il tema alla ribalta dopo aver riassunto gli interventi, dimostrando “con abbondanza di prove la impossibilità per le donne di esplicare alcuna benefica operosità senza la rappresentanza personale nelle adunanze dello Stato.”

Clelia Romano Pellicano scrittrice

Parallelamente ai suoi compiti ed impegni di madre, imprenditrice, giornalista e donna politica, Clelia Romano Pellicano fu anche scrittrice. Ella, conversatrice affascinante, suadente e a volte ironica, scrisse le prime novelle, quando, poco più che ventenne e già madre di due bambini, soggiornava nella bella villa di Quisisana.
Nell’ottobre del 1909, sulla rivista «La Donna», nella quale erano stati pubblicati già due articoli di Romano Pellicano sul Congresso di Londra, compare un articolo – uno dei pochi con l’intellettuale napoletana ancora in vita – di Barbara Wick Allason (1877 – 1968) nel quale la scrittrice e germanista traccia un molto lusinghiero ritratto letterario, ma non solo, di Clelia. Allason ricorda la prima volta che conobbe Clelia, quando lei aveva appena pubblicato la raccolta di novelle Coppie (1900) e la prima cosa che di lei notò fu la straordinaria bellezza unita ad un “cervello capace di osservare e pensare” e una forte “capacità creatrice”. La bellezza di Clelia! In ogni articolo che venisse scritto su di lei, una delle costanti era il sottolineare come in questa donna ‘stranamente’ si unissero in maniera del tutto eccezionale bellezza ed intelligenza, grazia femminile e capacità di ragionamento. Una considerazione non proprio lusinghiera, per noi donne; ancora oggi spesso la bellezza femminile viene vista quasi come un elemento che non può proprio naturalmente convivere con l’intelligenza. Allason riporta anche quanto le raccontò Romano Pellicano sulla genesi della sua voglia di scrivere, di dar vita a quei fantasmi, infiniti personaggi della vita reale, che “tra fantastico e reale” ‘vagolavano’ nella sua mente. Gli strumenti dello scrivere spuntarono, a sua insaputa, “per effetto di una smodata lettura”.

Oltre agli articoli per le riviste alle quali collaborò, compose una manciata di significative opere, in particolare racconti, che furono riuniti in alcune raccolte. Le prime novelle furono pubblicate, come scritto sopra, su «Flegrea» con lo pseudonimo di Jane Grey (a volte si trova scritto Gray); lo pseudonimo fu scelto – lo spiega la stessa Pellicano nell’introduzione alla raccolta di novelle La vita in due ma lo racconta anche a Barbara Allason nell’intervista appena citata – per evitare “un finimondo a casa” e poi per il fascino ispiratole dalla figura di colei, nipote di Enrico VIII, che fu per soli nove giorni regina d’Inghilterra e d’Irlanda, dal 10 al 19 luglio 1553, condannata poi alla prigionia e infine alla decapitazione dalla cugina Maria I Tudor:

«Il viso d’oro di Jane Grey, la infelice regina artista e filosofa che a sedici anni pagò con la testa l’ambizione del padrigno Duca di Northumbeland, e prima di morire rivolse al popolo uno speech mirabile di pensiero e di sentimento, mi splendè d’un tratto nella memoria, in tutto il biondo fascino che già avvinse i miei occhi di bimba dalle pagine di una grande storia d’Inghilterra, magnificamente illustrata.
— Jane Grey, Jane Grey… mormoravo, rapita. È così dolce a pronunziarsi… e così oscuro a quanti non conoscon la storia: la maggioranza! – Lo elessi, senz’altro.» (Prefazione, dal titolo Alle mie “quattro” lettrici, de La vita in due)

La figura della colta e sfortunata regina era stata una vera stella polare per la giovanissima Clelia, tanto da ritagliarne l’immagine da una rara e preziosa edizione del libro History of England (forse quella di David Hume), cosa che aveva molto irritato il padre, che la punì sottraendole per sempre il frammento. Almeno così scrivono alcune fonti. Forse il “finimondo a casa” a cui accennava la scrittrice fu addirittura la minaccia da parte della suocera di farle togliere la potestà genitoriale. Ancora all’inizio del ‘900 in Italia esisteva un codice morale che negava alle scrittrici, a meno che non decidessero di sfidare lo scandalo, di scrivere di argomenti sessuali. Pellicano era consigliata di questa autocensura anche dagli amici più stretti e da intellettuali suoi contemporanei. Scrivendo a Fogazzaro, Clelia rimarcava con tristezza che la famiglia del marito, clericale e moralista, aveva definito le sue opere indegne di una donna perbene e foriere di vergogna per i figli.

Nelle due raccolte di novelle, Coppie (1900) e La vita in due (1908), il tema è il rapporto di coppia, coniugato in tutte le sue sfumature: la consuetudine e la modernità, le contraddizioni, le ambiguità, le difficoltà e le dolcezze. In realtà non erano i temi trattati a rendere ardite, spinte queste novelle, ma piuttosto il diverso punto di vista, un punto di vista femminile chiaramente difforme dalla tradizionale visione patriarcale. Nella narrativa di Romano Pellicano le protagoniste sono praticamente sempre figure femminili, donne che si muovono in situazioni e relazioni amorose, ed è questo il modo che ella usa per riflettere e denunciare lo stato della società e per mostrare una visione del mondo opposta a quella maschile dominante, totalizzante. Precisiamo che non si tratta esattamente di due raccolte distinte, perché alcune delle novelle della prima raccolta Coppie vennero ripubblicate nella seconda: dunque i due volumi non sono esattamente sovrapponibili.

Le prime pubblicazioni di queste raccolte ebbero sicuramente l’incoraggiamento, tra gli altri, di Giannino Antona Traversi, Sem Benelli, Luigi Capuana e Antonio Fogazzaro. Mi piace ricordare che la scheda del catalogo cartaceo relativo alla raccolta Coppie della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, scheda sulla quale sono capitata quasi casualmente e che ha avviato questa lunga ricerca, riporta due collocazioni: una è F. MARAINI 250. Dopo un breve indagine, è stato appurato che una copia del volume è pervenuto alla Biblioteca dal fondo della contessa svizzero-italiana Carolina Maraini Sommaruga (1869 – 1959), che a Roma visse nella splendida Villa Maraini, ora sede dell’Istituto Svizzero di Roma, e la cui famiglia è per varie vie collegata alla scrittrice Dacia Maraini. Carolina fu una donna con uno stile di vita moderno ed indipendente, si occupò di attività filantropiche e benefiche e si impegnò per la tutela del lavoro femminile e dell’infanzia. Da Lugano dove era nata, seguì il marito Emilio Maraini nella zona di Rieti e nel 1903 fondò un laboratorio tessile che creò posti di lavoro per circa sessanta operaie. È bello immaginare questa interessante e colta donna dedita alla lettura delle novelle di Clelia, che sicuramente apprezzò.

Romano Pellicano, aiutata a volte da una leggera ironia ma soprattutto da una vena verista, affrontò anche i temi più delicati e audaci. Data anche la sua ampia cultura letteraria sono anche individuabili influenze da Flaubert e Maupassant. Se alcuni racconti non passarono inosservati all’attenzione di Benedetto Croce, purtroppo nelle Calabrie Clelia non godé certo di una grande fama: le sue numerose attività, peraltro mai a favore di sé stessa, ed anche le sue fatiche di scrittrice erano mal giudicate dai ‘benpensanti’.

Tra l’una e l’altra raccolta di novelle, tra il 1906 e il 1907, Clelia pubblicò in infinite puntate (151!) su «La tribuna», il romanzo Verso il destino, romanzo ambientato tra Campania e Calabria, che fino al 2023 era stato considerato irrimediabilmente perduto e che è stato rinvenuto solo grazie all’intuizione della ricercatrice Floriana Basso, che ne ha cercato traccia nelle riviste dell’epoca, e al meticoloso lavoro di ricerca e trascrizione che ha svolto Luigi Avino. Nel 2023 si è avuta quindi la prima edizione in volume unico, che è stata presentata in occasione del Convegno dedicato a Clelia Pellicano, tenuto a Gioiosa Ionica nell’ottobre del 2023. Ma è stata proprio questa la prima edizione in volume? C’è un piccolo mistero: quando nel 1909 Allason pubblica il suo ritratto letterario di Clelia, scrive di questo romanzo, che sembra proprio aver letto, come un grosso volume “ricco di avvenimenti e di personaggi” e non certo come una serie di brevi articoli, sfogliati su una rivista. Quindi una pubblicazione ante 1909 potrebbe esserci stata stata!

«Il libro piacque e fu lodato dai critici più severi. Se non si diffuse di più, se non ottenne quell’unanime consenso di attenzione che costituisce d’un’opera la popolarità, lo attribuisco, senz’esitare, a quel suo carattere di desolante verismo.» («La Donna», V, 20 ottobre 1909, n.116)

Romano Pellicano scrisse anche della vita contadina e della condizione della donna che lavora. Del 1908 è la pubblicazione della raccolta Novelle Calabresi, considerata forse la sua opera più notevole. Sono novelle che descrivono con efficacia la realtà contadina e l’emarginazione delle donne del popolo, alle quali Romano Pellicano era solidalmente legata. In esse la scrittrice utilizza a volte il dialetto calabrese, che, come detto, lei stessa decise di imparare, e toni caricaturali verso le autorità ed il clero. Pellicano si muove tra “gêne et fascination [imbarazzo e fascinazione] envers les traditions et la culture paysanne calabraise”, come scrive Carpisassi (Sur le bout de la langue qui fourche : l’ironie «féminine» et l’art du conflit dans «Schiave» de Clelia Pellicano, 2011).

Ad una delle novelle, Colpo di Stato, fu assegnato il secondo premio in un concorso letterario bandito del 1901 dal quotidiano napoletano «Il Mattino»: tra i commissari giudicanti era Benedetto Croce, il quale comunque riteneva i temi e la scrittura di Pellicano piuttosto arditi e poco adatti ad un grande pubblico. Ogni racconto che veniva presentato al concorso doveva essere accompagnato da un motto; quello di Jane Grey, pseudonimo di origine inglese, che accompagnava la novella Schiave era: “Ma faiblesse c’est ma force” [La mia debolezza è la mia forza]. Certo una scelta di Clelia, tra francese e inglese, per non rimanere anonima. Domenico Oliva (1860 – 1917), poeta, giornalista e critico letterario, nella pagine de «Il Giornale d’Italia» nel 1908 scrisse una lusinghiera recensione della marchesa – “una delle più belle dell’aristocrazia romana” che unisce “venustà di forme” e “ingegno di scrittrice” – e della raccolta di novelle. Di nuovo in primo piano la stranezza di una donna bellissima ed insieme intelligentissima! L’autore cita, nello stesso articolo, altre scrittrici e scrittori che hanno raccontato mirabilmente delle ‘loro’ regioni e tra queste, per l’Emilia, Virginia Guicciardi Fiastri, che, per altre fonti, sappiamo aver conosciuto Clelia a Roma nel maggio 1904. Clelia si dimostra “folle di entusiasmo” per il lavoro di Guicciardi Fiastri e le due iniziano una corrispondenza.

Al polo opposto delle recensioni positive sulle opere letterarie di Romano Pellicano è la citazione che compare nel Manuale di letture per le biblioteche le famiglie e le scuole di Giovanni Casati (1881 – 1957), prelato milanese che dedicò molto impegno a selezionare autrici/autori ed opere che avrebbero dovuto e potuto figurare nelle biblioteche pubbliche per una più attenta difesa della morale. Nella terza edizione del 1921 (il Manuale ebbe un notevole successo e numerose edizioni) e solo nella Sezione Letture amene e letterarie, di Clelia Romano Pellicano vengono citate, e bollate con una bella “E” cioè Escluse, l’opera Novelle calabresi perché “fa assai poco onore alla Calabria” e La vita in due, “novelle d’amore” con “separazioni e relazioni illecite.” Per pura curiosità si aggiunge che nel Manuale l’opera Quando non si sogna più (1920) di Barbara Allason viene accolto ma Casati consiglia “cautela” nella lettura.

Un po’ in tutte le fonti consultate, tra le opere di Clelia si trova citato anche Gorgo o Nel gorgo, forse un altro romanzo, forse un’altra raccolta di novelle, ma questo testo a tutt’oggi risulta ancora introvabile anche negli archivi degli eredi. Il che non significa che non esista: come sa bene chi ha studiato anche solo un po’ di archivistica, non si può mai dire che un certo documento, citato da qualche parte, non esista; si può solo ammettere “che non si trova”. In un video del 2022, prodotto nell’ambito del Festival La Calabria delle donne, compare una cartolina pubblicitaria della casa editrice STEN di Torino (non datata) in cui sono citate, come pubblicate, le raccolte La vita in due e Novelle calabresi (“Edizione di lusso L. 3,75, popolare L. 1”) e si citano in preparazione Nel Gorgo – Romanzo e Le chiacchiere femministe di Jane Grey (Conferenze e Discorsi). In un repertorio bio-bibliografico edito nel 1942 a cura di Maria Bandini Buti vengono ascritti a Romano Pellicano, oltre alle raccolte di novelle, i due romanzi Gorgo e Verso il destino.

Naturalmente questo titolo, Nel Gorgo, ci ricorda la famosa frase di Natalia Ginzburg nell’articolo del 1948 sulla rivista «Mercurio»:

«Le donne hanno la cattiva abitudine di cascare ogni tanto in un pozzo, di lasciarsi prendere da una tremenda malinconia e affogarci dentro, e annaspare per tornare a galla: questo è il vero guaio delle donne.»

Che il gorgo di Clelia sia lo stesso pozzo di Natalia?

Romano Pellicano non si definì mai una ‘femminista’ e certamente appartiene al novero di quelle intellettuali tra le quali possiamo inserire, tra le altre, scrittrici come Neera o Matilde Serao o, più tardi, appunto Natalia Ginzburg, le quali con i loro scritti, più che con l’attribuzione di una etichetta nella quale per vari motivi potevano non riconoscersi, e con le loro narrazioni frutto di mutata prospettiva aiutarono senza dubbio ad avanzare verso la parità dei diritti delle donne in tutti i campi.

La morte. E dopo? E ora?

Clelia Romano Pellicano morì a Castellammare di Stabia, a Villa Pellicano, il 2 settembre 1923 a soli cinquant’anni, forse per un incidente domestico (un’infiammazione del cavo orale provocata da una spina di pesce). L’anno precedente, nel gennaio 1922, era deceduta sempre nella villa di Quisisana la sua amata madre Pierina, colpita nel 1921 da apoplessia cerebrale. Nello stesso anno era bruciata, nella sua casa appartata e tranquilla dove amava leggere e lavorare, in Contrada Scinuso a Marina di Goiosa Ionica, la biblioteca di Clelia e documenti, carte e le bozze del suo prossimo libro, Conversazioni con Jane Grey. Clelia è sepolta nella Cappella della famiglia Pellicano nel Cimitero monumentale di Poggio Reale.

Clelia fu una donna che per tutta la sua vita, attraverso i suoi molteplici interessi curati con passione costante, attraverso tutte le difficoltà, mantenne sempre un’aura di profonda, serena e limpida femminilità. Dopo la sua morte, sono rimaste per molto tempo nell’ombra la sua figura d’intellettuale ed il suo legame con le origini del femminismo in Italia ed in Europa: evidentemente era troppo avanti per i suoi tempi al punto da risultare ‘scomoda’ e l’avvento del fascismo e gli anni difficili della guerra offuscarono ulteriormente il suo ricordo. Clelia subì la stessa avversa sorte di suo padre, Giandomenico Romano, figura rilevante del Risorgimento italiano, parlamentare e giurista: una morte precoce e un quasi totale oblio calato sulle loro vite. La numerosa famiglia, che Clelia si lasciò dietro con la morte, anche per la familiarità che aveva avuto con il ‘primo’ Croce, aderì al giudizio non negativo che egli aveva dato sul fascismo. Ma questo giudizio dei parenti di Clelia non cambiò quando invece il filosofo prese definitivamente e chiaramente le distanze da Mussolini nel 1925 con il Manifesto degli intellettuali antifascisti in risposta al Manifesto degli intellettuali fascisti di Giovanni Gentile. La riscoperta della figura di intellettuale di Clelia, di studiosa dei meccanismi del lavoro, in particolare di quello femminile, di donna estremamente aperta e moderna, molto avanti rispetto ai suoi tempi, con una visione politica chiara e costruttiva, con un’idea europeista / internazionalista di ampio respiro, è avvenuta incredibilmente solo quasi a cento anni dalla sua morte.

Un primo convegno, dal titolo Clelia Romano Pellicano, in arte Jane Grey. Figura ed opere, tra tradizione e modernità, curato da Daniela Carpisassi per il Comune di Gioiosa Ionica, si è tenuto nel 2007. Un altro incontro con letture, dal titolo Una donna d’eccezione: la parola a Clelia Romano Pellicano, sempre a cura di Daniela Carpisassi, si è tenuto nel 2010 a Gioiosa Jonica. Nel 2015 un altro convegno ha incluso anche la proiezione del film Schiave tratto da una novella di Pellicano e realizzato nel 2004 dal Liceo scientifico di Gioiosa Ionica, attentamente e magistralmente curato da Marilisa Morrone.

Nel 2011, in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, è stata organizzata a Palazzo Blu a Pisa una mostra dal titolo Donne d’Italia. La metà dell’Unità ideata e curata da Claudia Beltramo Ceppi, con l’ausilio di Luisa Bezzi, Tiziana Cipelletti e Stefano Rovai. Il progetto si concentrava “su tutte le donne determinate che, con la loro forza non ostentata, hanno costituito quel terreno, duro e fertile, su cui si è sviluppata la civiltà italiana.” Tesi del tutto condivisibile che sottende la mostra è che molti sono i nomi maschili ben noti di coloro che hanno fatto la storia di questi ultimi centocinquanta anni d’Italia; i nomi delle donne al contrario non sono mai sembrati degni di essere citati come se loro non fossero mai esistite. Eppure ci sono state eccome. Sono donne le quali molto raramente sono state riconosciute nella loro identità e nella loro importanza. Una mostra, questa, che sarebbe molto piaciuta a Clelia Romano Pellicano, che compare a pieno diritto anche nel piccolo catalogo.

Infine si è tenuta una due giorni, sempre a Gioiosa Ionica, il 13 e 14 ottobre 2023, sul tema Clelia Romano Pellicano (1873-2023), intellettuale, scrittrice, femminista. Eredità e ricerche nell’anniversario della nascita. Forse sarebbe ora di far uscire la fama di Clelia Romano Pellicano dall’ambito circoscritto di Gioiosa Ionica, anche tenendo conto che buona parte della sua vita si è svolta anche a Roma.

Nel 2018 il Comune di Gioiosa Ionica aveva approvato, nell’ambito degli interventi di recupero di beni confiscati alla criminalità organizzata nella Regione Calabria, un progetto per la realizzazione di una struttura destinata a fornire servizi socio-assistenziali a donne vittime di violenza. Il progetto, chiamato La Casa di Clelia in memoria di Clelia Romano Pellicano, purtroppo non si è realizzato.

Oltre al film, di cui sopra, realizzato nel 2004 da alunne e alunni di Gioiosa Ionica, che è possibile vedere su YouTube, la RAI ha prodotto nel 2022 un puntata della docu-serie Donne di Calabria, da un’idea di Giovanni Minoli, dedicata a Clelia Romano Pellicano, ora su RaiPlay. Marianna Fontana è la protagonista di questa quinta puntata, diretta da Maria Tilli e sceneggiata da Esmeralda Calabria. I testi sono curati dal pronipote della nostra, Furio Pellicano.

Far rinascere Clelia è assolutamente indispensabile non solo per restituirle dignità e parola, ma soprattutto perché tutto quello che lei ha fatto e ha scritto sono ancora un validissimo insegnamento per la società di oggi, nella quale la dignità e la considerazione delle donne sono ancora lontane dall’essere state raggiunte. Oggi in Italia le donne hanno diritto di voto, ma quanti altri loro diritti sono ancora calpestati. La battaglia non è e non è mai stata per raggiungere una condizione migliore di quella degli uomini ma per arrivare ad avere con loro un rapporto che non sia di inimicizia ma di comprensione, alleanza e parità. Purtroppo invece siamo ancora una società nella quale gli uomini spesso – si vedano i numeri dei femminicidi o anche solo degli episodi di catcallig – ritengono di essere ancora proprietari delle donne e liberi di molestarle.

L’esempio che Clelia Romano Pellicano ha dato che è quello che, se si vuole che le cose cambino, è necessario esporsi in prima linea e non rimanere passivamente in attesa. Questo esempio Clelia lo ha dato con il suo attivismo nelle cause a favore del diritto di voto, della parità di salario, del diritto a svolgere attività al di fuori della cura famigliare… Ma lo ha dato anche scrivendo storie di donne, delle loro relazioni con gli uomini, storie che sono ancora oggi di grandissima attualità.

Il femminismo di Clelia è forse inconscio ma è un femminismo a 360 gradi, perché non solo ella rivendica i diritti delle donne ma indica anche che solo attraverso la presa di coscienza della propria dignità di persona si raggiunge la vera parità e che questa dignità e parità devono essere patrimonio di tutte le donne, nessuna esclusa, come ci ricorda anche recentemente Vanessa Roghi nel suo La parola femminista.

Le biblioteche ed il web sono prodighe di informazioni e ogni fonte, mai accolta ciecamente ma sempre sottoposta ad attenzione critica e ad un’analisi minuziosa, è utile per arrivare ad avvicinarsi alla realtà dei fatti. Ogni fonte è utile e può apportare un mattoncino, perché, con una continua analisi comparata, nell’infinita messe di grano che le biblioteche ed il web mettono a disposizione si riesce ad eliminare il loglio, altrettanto abbondante. E certamente qualche chicco più o meno grande di grano sarà ahimè certamente sfuggito. Come non è stato possibile, in questa fase, consultare le fonti archivistiche. Di questo mi scuso.
Scrivere una biografia, pur con tutti i limiti che questa di Clelia può avere, provoca a volte un entrare un po’ nel personaggio: improvvisamente si scopre di guardare a tratti il mondo con gli occhi della biografata o del biografato e di percepire più da vicino le ‘sue’ sensazioni, di intuire cose di cui non si ha avuto ancora conferma. Non accade sempre. A me è capitato con la biografia di Marina Sereni (alias Xenia Silberberg), qui in Liber Liber, e ancora di più ora con Clelia Romano Pellicano. Anche per Lauro De Bosis, ma questa è un’altra storia.

Ringrazio di cuore per la collaborazione Furio Pellicano, pronipote di Clelia e nipote di Massimo Pellicano, per la sua completa, preziosa ed entusiastica disponibilità a chiarire dubbi e perplessità relative alla vita della sua illustre bisnonna; Marilisa Morrone, dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, che con grande entusiasmo mi ha trasmesso informazioni e contatti; Bruna Mignone e Paolo Alberti, volontaria e volontario di Liber Liber come me, che hanno ricevuto le mie digitalizzazioni (anche nel senso letterale del termine, visto che le immagini erano piene delle mie dita) dei testi da impaginare e hanno fatto ottimamente un lavoro improbo; Paolo Alberti in particolare mi ha molto spesso aiutata a trovare i testi che andavo cercando e suggeritone altri; Catia Righi, volontaria di Liber Liber, che ha rivisto pazientemente tutto il testo; il personale della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma che per primo mi ha assistita, in particolare Cristina Marulli e Stefania Bernabei dell’Emeroteca, in seguito al del tutto casuale rinvenimento delle due raccolte di racconti Coppie e La vita in due, rinvenimento da cui è partito tutto questo; il personale della Biblioteca Casanatense, della Biblioteca Angelica, della Biblioteca dell’Accademia Nazionale dei Lincei e Corsiniana, della Biblioteca “Nilde Iotti” della Camera dei Deputati per la sollecitudine nella consultazione di testi storici relativi alla biografata; Daniela Moni di Palazzo Blu a Pisa che mi ha fornito sollecite informazioni sulla mostra Donne d’Italia; infine, ed assolutamente non ultima, Arianna Terzi, mia figlia, che mi ha ascoltata sempre con pazienza ogni volta che scoprivo cose nuove su Clelia e fornito assai preziosi suggerimenti anche sulla stesura di questa biografia, leggendola e commentandola. Ringrazio anche il personale delle biblioteche citate per aver sempre accolto con attenzione ed interesse quello che ho raccontato loro di Clelia.

La vita di una straordinaria donna come Clelia, che per tutta la sua breve esistenza si è occupata di temi vitali per noi donne, che ha saputo e osato vedere il mondo da un diverso punto di vista, che non fosse quello patriarcale legato alla sua epoca, e la cui eredità sia stata ‘svelata’ solo quasi cento anni dopo, ha nell’immediato generato in me due reazioni: la rabbia per questa rimozione tanto più grave quanto più l’attività di Clelia è stata importante; la seconda reazione è stata pensare a come recuperare il messaggio attualissimo che lei ci ha lasciato, come metterlo a frutto e renderlo vivo, attuale, utile. Perché come sempre ricordano le amiche ed amici di Libera, l’associazione contro le mafie, alla memoria, perché non resti una cosa sterile, vanno associati sempre impegno ed azione.

Cominciamo un po’ per volta da questa biografia certamente non esaustiva e dalla pubblicazione qui su Liber Liber dei suoi scritti, dei quali raccomando vivamente la lettura.

Opere di Clelia Romano Pellicano:

Premesso che, per quanto indicato nella biografia, mai come in questo caso si può essere certi di conoscere tutta l’opera di questa scrittrice, saggista, imprenditrice e politica, la lista seguente cerca di segnalare, in ordine cronologico, quanto finora rilevato:

  • Nuovo e vecchio mondo, novella, in «Flegrea» 1899, 5 maggio, p. 39-56, che confluirà nella raccolta Coppie.
  • Nella colpa, novella, in «Flegrea» 1899, 5 agosto, p. 17-47, che confluirà nella raccolta Coppie.
  • Coppie, Napoli, 1900. Raccolta di novelle.
  • Colpo di stato, pubblicato insieme con Il paravento di Luigi Antonelli, Palermo, 1902. La novella di Romano Pellicano confluirà nella raccolta Novelle calabresi.
  • Marinarella, in «Hesperia. Rivista mensile, letteraria scientifica» pubblicata a cura del Circolo Calabrese in Napoli, 1902, XI, fasc. VII e VIII, luglio-agosto. La segnalazione è presente nel Bullettino bibliografico de «La rassegna italiana industriale, agraria, commerciale : finanziaria politica letteraria artistica», 1902, X, vol. II, fasc.7, luglio, p. 346. Questa novella entrerà nella raccolta Novelle calabresi.
  • Carteggio inedito, da Clelia Romano Pellicano a Arnaldo Cervesato, databile tra il 1902 e il 1908. I 16 testi manoscritti (cartoline, lettere, biglietti di argomento vario) sono conservati nell’Archivio Cervesato della Biblioteca Universitaria di Bologna, Sezione Manoscritti. In una lettera non datata Clelia «rimprovera Cervesato di non averle inviato la circolare per la costituzione della nuova Società degli autori; dice che ha avuto problemi familiari (una malattia della figlia) ma che presto potrà di nuovo riprendere la vita sociale e parlare con lui di “Verso il destino”». Vedremo che Romano Pellicano, negli anni intorno al 1910, risultava far parte della Società degli autori. In Manus Online, Manoscritti delle biblioteche italiane
  • Verso il destino, in «La tribuna», 1906, n.219, 8 agosto – 1907 n.32, 1 febbraio. Prima edizione in volume unico Baronissi, 2023. Romanzo.
  • Donne ed industrie nella Provincia di Reggio Calabria, in «Nuova Antologia» 1907, Vol. CXXVII, serie V, 1 gennaio, p. 68-82. Nello stesso numero della rivista compaiono, tra l’altro, l’avvio di un romanzo di Deledda, L’ombra del passato, una riflessione di Pasquale Villari sulle conseguenze dell’emigrazione in Italia e un saggio di Luigi Capuna sulla letteratura femminile, che ‘naturalmente’ non cita Pellicano.
  • Potere esecutivo e potere amministrativo, in «L’Italia moderna», 1907, V, vol. 2. Novella che confluirà nella raccolta Novelle calabresi.
  • La dote, in «Nuova Antologia», 1907, Vol. CXXXI serie V, 16 settembre p.248-270. Novella che confluirà nella raccolta Novelle calabresi.
  • Novelle calabresi, Torino, 1908. Raccolta di novelle.
  • Marinarella, in «L’illustrazione popolare. Racconti della Domenica», 1908, n. 17, 26 aprile, p. 258-260/262-263. Il testo della novella, tratta da Novelle calabresi, è introdotto da un breve testo in cui si definisce Romano Pellicano “una nuova, forte scrittrice” e la novella “una delle sue più felici e sentite.”
  • Primo bacio : monologo in versi, in «La Donna», 1908, IV, n. 82, 20 maggio, p.21-22. Una novella con questo titolo comparirà, abbastanza modificata e non più in versi, nella raccolta di novelle La vita in due.
  • Conquiste e vittorie, in «La Donna», 1909, V, n.111, 5 agosto, p.25-27. In questo articolo Romano Pellicano racconta della nascita dell’Alleanza Pro suffragio femminile a Washington e di quanto i tempi fossero maturi perché ciò avvenisse al fine di poter coordinare tutti i movimenti suffragisti nel mondo. A Londra sono presenti 22 nazioni e circa 250 delegate. Romano Pellicano riporta con cura la situazione delle donne, come illustrato dalle rappresentanti dei vari paesi presenti. Nella chiusa dell’articolo, che scrive da Roma nel giugno 1909, Romano Pellicano ringrazia per l’instancabile attività svolta a favore del suffragio femminile Gabriella Spalletti, presidente del Consiglio nazionale, e Giacinta Martini, che ha raccolto l’eredità di pensiero di Anna Maria Mozzoni.
  • Il Congresso femminile di Londra. Per il voto alle donne, in «La Donna», 1909, V, n.115, 5 ottobre, p.23-27. Romano Pellicano racconta la straordinaria organizzazione dell’evento che ha come presidente Mrs. Chapman Catt, prima reporter degli USA. Vice presidente è Mrs. Fawcett, rappresentante inglese; di entrambe Romano Pellicano traccia brevemente le vite e fa rapidi ritratti delle altre rappresentanti. Ai lavori partecipano anche le rappresentanti di società e leghe affiliate all’Alleanza ed anche numerosi uomini. Il movimento delle suffragettes di Miss Christabel Pankhurst non partecipa al congresso, per diversità di metodi nel condurre la lotta per il suffragio, ma la discussione sul tema di quale fosse la strategia migliore fu estremamente accesa. Quanto alla elezione delle cariche, Clelia Romano Pellicano si duole che le rappresentanti ‘latine’ ebbero meno chances essendo in numero minore. L’articolo, scritto da Quisisana nell’agosto 1909, oltre che molto interessante, è pieno d’ironia, ma le conclusioni finali riportate sono veramente notevoli.
  • Feste e Meetings. Il Congresso pro suffragio femminile di Londra, in «La Donna», 1909, V, n.117, 5 novembre, p.25-28. Romano Pellicano descrive con dovizia di particolari tutta la perfetta e sontuosa organizzazione dei meeting a latere e dei programmi di intrattenimento per le convenute al convegno. Proprio in quei giorni alcune suffragettes uscirono dal carcere in cui erano recluse e fu organizzata una grandiosa festa dalle loro compagne. Una sera è allietata dalla curiosa pantomima, o meglio wax-work, di Miss Cecily Hamilton. Non si hanno notizie sulla presenza di Clelia Romano Pellicano ai successivi Convegni.
  • Prefazione, in La donna e la legge, di Carlo Gallini, Nuova ed., Roma, 1910. Questa nuova edizione del testo di Gallini, già edito nel 1872, contiene anche, oltre alla Prefazione di Romano Pellicano, anche una Proposta di legge sul voto amministrativo alla donna e altri documenti.
  • Marinarella, in «La Revue», 1912, XCVII, n. 14, 15 Juillet, p. 196-213. Nella nota alla traduzione in francese, di P. Boutaric, di questa novella che fa parte di Novelle calabresi, Romano Pellicano è definita “un jeune et brillant écrivain italien encore trop ingnoré en France” dotata di un “talent tout à fait original et personnel.”
  • Istinto primo, in «Nuova Antologia», 1912, Vol. CLXII, serie V, 16 novembre, p.222-241. Novella che confluirà nella raccolta La vita in due.
  • La chiusura della sottoscrizione pro Camion-Ambulanza aereo offerto dalle donne italiane, in «La Donna», 1913, IX, 5 gennaio, n.193, p.1.
  • La vita in due, Torino, 1918. Raccolta di novelle, con una seconda edizione nello stesso anno.
  • 紀行《イタリア文学》 : カラーブリア : クレーリア-ロマーノ-ペッリカーノClelia Romano Pellicano (1873-1923)著 『カラーブリア物語集NOVELLE CALABRESI』邦訳 [Diari di viaggio nella letteratura italiana : Calabria : Clelia Romano Pellicano (1873-1923) – Traduzione giapponese delle “Novelle Calabresi”], a cura di Tak Kiyose, in «Cosmica : Annual report on area», 2013, 121.
  • Potere giudiziario, potere amministrativo, a cura di Anna Santoro, 2017, da Il Novecento. Antologia di scrittrici italiane del primo ventennio. Roma, 1997. Nella pagina web, dopo un’introduzione di Santoro, la novella tratta da Novelle Calabresi

Lista ragionata delle fonti, in ordine cronologico:

  • Giuseppina Romano, Episodii della vita del generale Giuseppe Avezzana, Napoli, 1880. Nuova edizione a cura e con introduzione di Floriana Basso, Baronissi, 2021.
  • M. Indelicato e F. Crispi, Ragioni di Pier Domenico Pellicano, ricorrente avverso la Signora Cristina Riario Sforza in Pellicano, controricorrente, Corte di Cassazione sedente in Napoli, 1887
  • «Flegrea», 1899, I – 1901, III.
  • Luigi Capuana, Lettere alla assente, Roma, 1904, p.172-174. Nella dodicesima lettera di questa raccolta di note ed appunti, Capuana (1839 – 1915) , scrittore e critico letterario, insieme con commenti su scritti di Neera, Panzacchi, Menasci, Bracco, scrive di Coppie di Jane Gray cioè Clelia Romano Pellicano e di come, data la ‘forza virile’ delle sue novelle che egli apprezza molto, fosse convinto trattarsi di uno scrittore.
  • «La Nuova Parola», 1906, V, vol. IX, fasc.2, febbraio. P. 157. È riportata la notizia che, per aiutare le popolazioni della Calabria colpite dal grave terremoto del settembre 1905, la Federazione femminile nazionale ha promosso la pubblicazione di un volume speciale al quale hanno contribuito scrittrici italiane e straniere (e tra queste Clelia Pellicano), le artiste drammatiche, le pittrici più illustri del momento.
  • Teodoro Rovito, Dizionario bio-bibliografico dei letterati e giornalisti italiani contemporanei, Napoli, 1907. P. 193. In questo repertorio Romano Pellicano (alla voce Pellicano) è definita “egregia scrittrice, collaboratrice di importanti riviste letterarie e di giornali quotidiani (Tribuna, Mattino , Giorno, ecc.) nei quali ha pubblicato pregevoli romanzi” ma non viene indicato alcun titolo.
  • «Giornale della libreria», 1907, XX, 25, 16 giugno. Nella rubrica Desiderata compare la ricerca, insieme con altri autori e titoli, di Verso il destino di Clelia Pellicano da parte di S. Lattes e C., Torino.
  • «La vita internazionale : rassegna quindicinale», 1907, X, n.12, 20 giugno. Nella rubrica Sommari di Riviste è citata la novella Potere esecutivo e potere amministrativo comparsa ne «L’Italia moderna», 1907, V, vol. 2.
  • «La vita internazionale : rassegna quindicinale», 1907, X, n.18, 20 settembre. Nella rubrica Sommari di Riviste è citata la novella La dote comparsa in «Nuova Antologia», 1907, 16 settembre.
  • «La vita internazionale : rassegna quindicinale», 1907, X, n.24, 20 dicembre. Nella rubrica Libri ricevuti in dono è citata la raccolta Novelle Calabresi.
  • Domenico Oliva, Novelle calabresi, in «Il Giornale d’Italia», 1908, 27 luglio, p. 3
  • Emilio Bodrero, Libri di donne, in «Lo spettatore», IV 1908, n.19, 10 ottobre. Nella sezione Lettere ed Arte (p. 530-531) è citato, con ampia recensione, Novelle calabresi, ma anche Coppie “un grazioso volume di novelle”, Verso il destino definito “un romanzo d’appendice”, e “qualche saggio di letteratura pratica femminile, relativo a taluna di quelle attività pubbliche in cui le donne sono ormai divenute maestre”. Bodrero loda Novelle calabresi ma attribuisce al libro il limite di non essere troppo ‘calabrese’. Nella stessa rubrica sono citati anche Cespi di maggio di Lucia Pagano, Espatriata di Mantea e Une femme di Sibilla Aleramo.
  • Annual List of Books added to the Public Library of Cincinnati, 1908, Cincinnati, 1909. P. 71. Il libro acquisito è Novelle calabresi.
  • Barbara Wick Allason, Profili letterari femminili. Jane Grey Marchesa Clelia Pellicano, in «La Donna», 1909, V, n.116, 20 ottobre, p.18-20.
  • Luigi Antonelli, Un’ora a “Villa Clelia”, in «La Donna», 1909, V, n.116, 20 ottobre, p.20-21.
  • Commemorazione del deputato Pellicano, Roma, 20 dicembre 1909
  • Condizione giuridica della donna. Proposta di legge d’iniziativa del deputato Gallini Carlo, svolta e presa in considerazione il 19 febbraio 1910, in Atti Parlamentari. Camera dei Deputati, XXIII Legis., Sessione 1909-1910, Documenti, disegni di legge, relazioni. L’on. Gallini, nell’esporre con calore e con ampio approfondimento del tema e dei precedenti parlamentari, ricorda l’ultima occasione nella quale, in sede di petizione, si discusse in Parlamento del voto alle donne. Il 22 febbraio 1907, «uno di quei rari lunedì destinati, ad aula e tribune vuote, per la discussione delle petizioni, il tema fu ampiamente solennemente trattato. L’aula era insolitamente popolata di autorevoli parlamentari e le tribune insolitamente gremite di intellettuali signore, accorse per sentir discutere la loro petizione, firmata dalle più colte e distinte donne italiane con a capo quella veterana del femminismo che è l’Anna Maria Mozzoni.» Era la petizione n.6676 quella con la quale Anna Maria Mozzoni, Valeria Benetti, Teresa Boncompagni, Giacinta Martini, Clelia Pellicano, Maria Pasolini, Etta de Viti, Teresa Labriola, Beatrice Sacchi ed altre chiedevano che il diritto al voto politico e amministrativo fosse esteso alle donne. Sappiamo come andò a finire.
  • Febea, Eva evoluta, in «La lettura», rivista mensile del «Corriere della Sera», 1910, X, n.3, marzo, p.239. Nell’articolo è citata, con una fotografia, fra le femministe aristocratiche la marchesa Clelia Pellicano. Tra le aristocratiche “perché s’è voluta creare una inesistente divisione in aristocratiche e proletarie nel militante feminismo romano”. Ella “rappresenta degnamente l’aristocrazia dell’ingegno, della cultura, dell’animo, della seduzione etica ed estetica, oltre che del nome”.
  • «Rassegna contemporanea», 1910, III, fasc. VIII, agosto, p. 392. Nella rubrica Notiziario, per la Letteratura, sono riportati gli esiti del concorso, bandito nel 1909, della Società degli autori per un romanzo. Nella Commissione letteraria giudicante è presente Clelia Romano Pellicano.
  • «Rivista italiana di sociologia», 1910, XIV, settembre-dicembre. Nella rubrica Annunci di opere e di articoli di riviste della sezione Questioni odierne di carattere sociale o politico è citata la nuova edizione de La donna e la legge di Gallini, con la prefazione di Jane Grey.
  • «Ars e Labor Musica & Musicisti : Rivista mensile illustrata», 1911, 66, n.7, 15 luglio, p. 71. Nella rubrica Attraverso le arti sorelle, un breve trafiletto attesta la presenza di Clelia Pellicano nella Commissione drammatica della Società degli Autori di Roma, composta, oltre che da lei, da Edoardo Butet come presidente e da Giannino Antona Traversi, Giuseppe Costetti, Ettore Paladini, Archita Valente, Emilio Bodrero come relatore e Gino Gori come segretario. Ogni anno la Società bandisce un concorso tra i soci per un dramma da rappresentare al Teatro Argentina. La Commissione è chiamata a selezionare i concorrenti e scegliere il dramma.
  • The New York Public Library, Catalogo dei libri italiani che trovansi presso il Dipartimento di Circolazione, New York, 1912. P. 28. Questo catalogo venne pubblicato a cura della biblioteca pubblica di New York per soddisfare un desiderio dei residenti italiani di quella città. Di Romano Pellicano la Biblioteca conservava Novelle calabresi.
  • Carlo Villani, Stelle femminili : dizionario bio-bibliografico, Napoli, 1913 Nuova edizione ampliata, riveduta e corretta, Napoli [etc.], 1915.
  • Torquato Novelli, P. Aissac, International Hymn of the Suffragettes – Inno Internazionale delle Suffragette “La donna elettrice” “Votes for Women”. New York, [1913]
  • Maria Corniani, Sul Congresso femminile di Roma, in «La rassegna nazionale» 1914, XXXVI, vol. CXCVIII, luglio-agosto, Firenze. 1914, p.100-108.
  • «International Woman Suffrage News», 1919, vol 14, n.1, October. Nella rivista si trovano informazioni sulla storia del movimento per il suffragio femminile in Italia dal 1863 al 1919. A cavallo tra ‘800 e ‘900 le nuove reclute del movimento, è scritto, provenivano dal mondo universitario, come ad esempio Teresa Labriola, Maria Montessori, A. Dobelli, ma altre erano delle aristocratiche come Donna Giacinta Martini, o scrittrici come Grazia Deledda, Virginia Treves, Clelia Pellicano, Olga Lodi, … Poi c’erano pittrici, filantrope, insegnanti, operaie.
  • Giovanni Casati, Manuale di letture per le biblioteche le famiglie e le scuole, Milano, Terza edizione, 1921. P. 101.
  • Teodoro Rovito, Letterati e giornalisti italiani contemporanei: dizionario bio-bibliografico, Seconda edizione rifatta e ampliata, Napoli, 1922. P. 459. In questa nuova edizione stranamente il nome di Clelia Pellicano non è più presente nell’elenco principale, ma è invece inserito nell’Appendice finale, dove, nell’intenzione dell’autore, sarebbero confluite “Notizie pervenute o raccolte durante la stampa del Dizionario”. In realtà nell’Appendice vari nomi di letterati e giornalisti sono ripetuti, per permettere a Rovito di aggiornarne le notizie. Di Romano Pellicano Rovito scrive “valorosa scrittrice, che ha dato alle patrie lettere numerosi volumi di novelle, romanzi, drammi ricchi di pregi. Recentissima sua pubblicazione: La vita in due, novelle.” Non si fa cenno di altri titoli.
  • Società generale delle Messaggerie italiane, Catalogo dei Cataloghi dei libri italiani 1926, Bologna, 1926. In questo repertorio Romano Pellicano è citata due volte: alla p. 573 tra gli autori e autrici della letteratura italiana moderna e contemporanea come Pellicano C. (Grey Jane) e l’indicazione dei due raccolte di novelle La vita in due e Novelle calabresi; alla p. 708 tra autrici e autori della letteratura inglese contemporanea come Grey, Jane con il volume di novelle Coppie. A tre anni dalla sua morte non compaiono né Verso il destinoNel gorgo.
  • «La donna italiana : Rivista mensile di Scienze lettere arti e di Movimento sociale femminile», 1931, VIII, n. 3, marzo, p. 187. Alla sezione Notiziario compare il breve articolo dal titolo Trattenimento Artistico al «Majestic»: «La Sezione Lettere del Circolo di Roma, presieduta dalla colta ed intellettuale Contessa Donna Giulia Tosti di Valminuta, degna figliuola della scrittrice Marchesa Clelia Pellicano, e la Sezione Musica presieduta da Laura Breschi hanno indetto un elegante trattenimento all’Hotel Majestic.» Vengono ricordate le persone più notevoli presenti e gli spettacoli organizzati. Alla p.687-688 poi, nella sezione Uomini e donne della nostra epoca, a cura di Marga, è un intenso ritratto dell’unica figlia di Clelia, Giulia, madre, scrittrice, “giornalista colta e geniale”. Nell’articolo è ricordata la madre, “morta nel fiore degli anni” e le sue Novelle calabresi che “S. E. Mussolini, allora Direttore del Popolo d’Italia, lodò moltissimo nel suo giornale”. Si ricorda anche il Congresso a Londra dove risulta anche che Clelia “tenne, in inglese, un ciclo meraviglioso di conferenze sulle Industrie Femminili Italiane e le Opere del Mezzogiorno”. La figlia, è scritto, si propone di far ristampare le opere della madre e di dare il ricavato delle vendite in beneficenza.
  • Marianne Figari Stubenvoll, Un po’ di storia dei Lyceum, Genova, [1933].
  • Enciclopedia biografica e bibliografica italiana. Serie 6 : Poetesse e scrittrici, a cura di Maria Bandini Buti, Roma, 1942, vol. 2, p. 122.
  • Alfonso Scirocco, Garibaldi “politico” e la Lega della democrazia, in «Clio : Rivista trimestrale di studi storici», 1983, Anno XIX, N. 1 Gennaio-Marzo
  • Pasquale Soccio, Clelia Romano Pellicano, ossia Jane Grey narratrice e donna d’avanguardia, in Giandomenico Romano nel Centenario della morte (1888-1988) : Atti del Convegno di Studi, Lucera 23 Settembre 1989, Lucera, Centro Regionale Servizi Educativi Culturali, 1990, p. 39-66. Negli atti del Convegno è illustrata con dovizia di particolari la vita e l’azione di Romano, che sempre attribuì “maggior importanza all’azione educativa piuttosto che alla funzione coercitiva della legge.” Le note biografiche su Romano sono di Luigi Franceschini, nipote di Samuele Romano (1820 – 1898), fratello maggiore di Giandomenico.
  • Indice Biografico Italiano, a cura di Tommaso Nappo e Paolo Noto, München London New York Paris, 1993. Vol. 3.
  • Antonia Arslan, Dame, galline e regine. La scrittura femminile italiana fra ’800 e ’900, Milano, 1998. La citazione ‘in negativo’ – perché Romano Pellicano non vi è nominata, e non è l’unica – di questo testo di una delle scrittrici/scrittori, che si sono occupatə con attenzione delle autrici nel tentativo di dar voce a quelle dimenticate, sta a dimostrare, se ce ne fosse bisogno, che il mondo della letteratura di donne (e non da donne!) sia stato sicuramente una galassia molto ampia e ancora molto da esplorare. E molte altre sono le pubblicazioni repertoriali dove Romano Pellicano non compare. Questa per tutte.
  • Dionisio Morlacco, Giandomenico Romano, in «Archivio Storico Pugliese», 1999
  • Donatella Alesi, «La Donna» 1904-1915 : Un progetto giornalistico femminile di primo Novecento, in «Italia contemporanea», 2001, 222
  • Ferdinando Cordova, Il fascismo nel Mezzogiorno : le Calabrie, Soveria Mannelli, 2003. La Nota 86 (p. 35) riporta un brano da Donne ed industrie nella Provincia di Reggio Calabria nel quale Romano Pellicano nota come la migrazione verso la ‘Mèreca’ avesse modificato anche la postura e l’abbigliamento degli uomini tornati in Italia. Alla p. 81 invece è citata la marchesa Pellicano insieme con il barone Alberto Macri: intorno al 1919, a fronte di una invasione delle terre da parte di gruppi socialisti, essi si rivolsero al Presidente del consiglio perché venisse mantenuto l’ordine pubblico.
  • Daniela Carpisassi, Clelia Romano Pellicano (in arte Jane Grey). Sulla soglia della modernità, in «Leggendaria», 2004, n. 48, p. 26-28
  • Anna Santoro e Daniela Carpisassi, Clelia Romano Pellicano. Apparso su arabafelice.it 2007 poi trasferito su https://web.archive.org/web/20071019015911/http://arabafelice.it/dominae/scheda.php?id=146 Scrive Carpisassi: “La spinta ideale di democratizzazione, come pure lo spirito caritatevole e filantropico, e un certo attivismo politico, diffusi presso l’intelligentia femminile di inizio secolo, in lei assunsero anche la forma di un’interessante elaborazione culturale, nella consapevolezza delle differenze tra i due sessi.”
  • Giuseppe Centonze, “Coppie” e “La vita in due” di Clelia Pellicano, in Stabiana : Itinerario storico-artistico-letterario per un viaggio sentimentale nella memoria di Castellamare di Stabia e Dintorni, 2009
  • Donne importanti: Clelia Romano Pellicano, a cura del Consiglio Nazionale delle Donne Italiane (CNDI), 2011
  • Donne d’Italia. La metà dell’Unità, in «Arte.it. The Map of Art in Italy», Pisa, 2011 – https://www.arte.it/calendario-arte/pisa/mostra-donne-d-italia-la-met%C3%A0-dell-unit%C3%A0-4
  • Donne d’Italia. La metà dell’Unità, Firenze, 2011. Catalogo della mostra tenuta a Pisa a Palazzo Blu della Fondazione Pisa dal 16 marzo al 26 giugno 2011 allestita allo scopo di valorizzare la presenza delle donne nella formazione dell’Italia unita. Preceduta dal ricordo (per l’anno 1908) del primo Congresso CNDI tenuto a Roma e di Emma Strada, la prima donna in Europa ad essersi laureata in ingegneria civile e con il massimo dei voti (al Politecnico di Torino), Clelia Romano Pellicano viene presentata (per l’anno 1909) come giornalista e corrispondente da Londra del convegno suffragista internazionale.
  • Donne d’Italia 16 Marzo 2011 – 26 Giugno 2011, comunicato stampa della mostra a Palazzo Blu
  • Daniela Carpisassi, Sur le bout de la langue qui fourche : l’ironie «féminine» et l’art du conflit dans «Schiave» de Clelia Pellicano, in «Sens public» a cura dell’Università di Montréal, 2011. L’articolo, che analizza con attenzione in particolare la novella Schiave, in cui Pellicano fa abbondante uso di espressioni ironiche, affronta anche l’antico problema del rapporto tra donna e riso, che tendenzialmente viene, o almeno veniva visto, come cosa negativa e riprovevole.
  • Giuseppe Centonze, Vittoria Aganoor a Castellammare di Stabia, S. l., 2011, p. 46 Nota 61.
  • Debbie G. Morrogh, Pierina Avezzana Romano, in Find a Grave, 2012
  • Gaetanina Sicari Ruffo, Clelia Romano Pellicano Castelnuovo di Puglia (FG) 1873 – Napoli 1923. in Enciclopedia delle donne, 2012, agg. 2023
  • Clelia Romano Pellicano, in Archivio delle memorie delle donne di Napoli, 2013
  • Francesco Idotta, Mujeres y emigración. Desde el sur de Italia a los Estados Unidos. La parte más viva de la población escribe su historia, in «AGON», 2014, n. 1, giugno
  • Vincenzo Logozzo, Gioiosa Jonica, Musolino dona la Chiesa dell’Annunziata a Papa Bergoglio, in «Lentelocale, Costume e società», 2014
  • Vincenzo Logozzo, Gioiosa Jonica, stasera convegno sulla donna con proiezione del film ispirato a Clelia Pellicano, in «Lentelocale, Costume e società», 2015
  • Tito Lucrezio Rizzo, Clelia Pellicano, scrittrice della Nuova Antologia, in «Nuova Antologia», 2015, 2 2274, p. 360-365.
  • Francesco Lambiase, Clelia Pellicano: scrittrice ribelle tra emancipazionismo, impegno sociale e realismo, in Il Mezzogiorno italiano: riflessi e immagini culturali del Sud d’Italia, a cura di Carmen F. Blanco Valdés … [et al.], Firenze, 2016, p. 61-69.
  • Giuseppe Plaitano, La marchesa Clelia Pellicano (2017), Villa Acton (2020). La lapide di Villa Pellicano a Castellammare (2024) in Archivio Giuseppe Plaitano
  • Antonio Larosa, “La casa di Clelia”: il nuovo progetto del Comune di Gioiosa Ionica, in «Ciavula», 2018
  • Comune di Reggio Emilia. Biblioteca Panizzi, Archivio Virginia Guicciardi Fiastri, Inventario a cura di Maurizio Festanti, Reggio Emilia, 2019
  • Concetta Guido, Romano Pellicano, Clelia, in Dizionario Biografico della Calabria Contemporanea, a cura di Pantaleone Sergi. Istituto Calabrese per la Storia dell’Antifascismo e dell’Italia Contemporanea, 2020
  • Giorgio Federico Siboni, Studi sabaudi, Sestri Levante, 2020. L’autore scrive che in «Nuova Antologia» sotto la direzione di Maggiorino Ferraris (1897 – 1926), oltre alla collaborazione di “autori e critici di primo piano”, vennero pubblicate anche “inchieste culturali, giornalistiche e politiche tra le quali si rammentano quelle di Antonio Labriola, Sidney Sonnino, Pasquale Villari e della scrittrice Clelia Romano Pellicano, sensibile pioniera del ruolo della donna italiana.”
  • Valeria Marzoli, L’arma della parola: Clelia Romano Pellicano, in «Mediavox Magazine», 2020
  • Toponomastica femminile, Clelia Romano Pellicano: ora Reggio Calabria le intitola una strada, in «La Redazione. Le tue inchieste», 2022
  • Clelia Romano Pellicano, video con Marlisa Morrone e Daniela Carpisassi, nell’ambito del Festival La Calabria delle donne promosso dalle edizioni Corab 2022
  • Gelda Vollono e Lino Di Capua, Io son farfalla e volo, in «Liberoricercatore», 2022, 28 maggio
  • Marianna Fontana talks about Clelia Romano Pellicano in the fifth episode of “Donne di Calabria”, in Calabria Film Commission, 2022
  • “Donne di Calabria”: Romano Pellicano raccontata da Fontana, in «ReggioToday», 2022, 18 luglio
  • Nuovo e vecchio mondo. Vita e parole di una pioniera del femminismo, a cura di Clara Stella, Morlupo, 2023. Nel libro sono contenute un’Introduzione di Clara Stella, i resoconti del Convegno di Londra pubblicati su «La Donna», la Prefazione al libro di Gallini cit. e quattro novelle di Pellicano Romano. Il libro ha vinto nel 2024 la terza edizione di Bookciak Legge, concorso letterario sotto gli auspici del CEPELL. Il cortometraggio Voci di libertà, ispirato a questo stesso libro, è stato presentato al Festival del cinema di Venezia dove si è collocato tra i vincitori della XIII edizione di Bookciak Azione!
  • Giuliana Antonella Giacobbe, Clelia Romano Pellicano: la hija feminista del Risorgimento italiano, in «Cuadernos de Filología Italiana», 2023, 30, p. 309-325
  • Francesca Vitelli, Le disobbedienti / Clelia Romano Pellicano, pioniera del femminismo. Fu giornalista e scrittrice impegnata nel movimento per il diritto di voto alle donne, in «Il mondo di Suk», 2023
  • Istituto Comprensivo Gioiosa-Grotteria, Circolare 40/2023 Convegno di studi su Clelia Romano Pellicano 13-14 ottobre 2023. Contiene i materiali di preparazione al Convegno di studi su Pellicano del 2023
  • Fiorenza Taricone, Un Convegno su Clelia Romano Pellicano, illustre esponente del CNDI delle origini, Consiglio Nazionale Donne Italiane CNDI, 2023. Qui è possibile leggere una relazione sul convegno del 2023. – https://www.cndi.it/iniziative-ed-eventi/convegno-clelia-romano-pellicano
  • Federica Ginesu, Donne nella storia: Clelia Romano Pellicano, la suffragetta italiana, in «Io Donna», 2023
  • Vanessa Roghi, La parola femminista : una storia personale e politica, Milano, 2024.
  • Jessy Simonini, Prefazione a La costola di Adamo, di Sfinge Eugenia Codronchi Argeli, Ravenna, 2024. Simonini riporta l’indicazione della conoscenza diretta tra Romano Pellicano e Deledda dalle carte d’archivio conservate presso la Biblioteca Comunale di Imola, Carte Sfinge, Carteggio, fasc. Deledda, Grazia.
  • Vincenzo Logozzo, La storia di Clelia Romano Pellicano al Festival del cinema di Venezia, in «Eco della Locride», 2024
  • Clelia Romano Pellicano: una femminista del passato al Festival del Cinema di Venezia, in «ReWriters», 2024
  • Marianna Orsi, Analisi del testo: Clelia Romano Pellicano: La donna e la legge, in LEII Letteratura Italiana Inclusiva, 2025. Interessante proposta di lettura della Prefazione di Romano Pellicano al libro di Gallini, come esercizio, replicabile, di analisi del testo.
  • Wikipedia

Note biografiche a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi (Maggio 2025)

NOTA: In caso di riproduzione di tutto o parte di questo testo, si prega cortesemente di citarne l’autrice e Liber Liber.