Dall’incipit del libro:
Noi siamo figli dei padri ammalati;
aquile al tempo di mutar le piume
svolazziam muti, attoniti, affamati,
sull’agonia di un nume.
Nebbia remota è lo splendor dell’arca,
e già all’idolo d’or torna l’umano,
e dal vertice sacro il patriarca
s’attende invano;
s’attende invano dalla musa bianca
che abitò venti secoli il Calvario,
e invan l’esausta vergine s’abbranca
ai lembi del Sudario…
Casto poeta che l’Italia adora,
vegliardo in sante visioni assorto,
tu puoi morir!… Degli Antecristi è l’ora!
Cristo è rimorto!
O nemico lettor, canto la Noia,
l’eredità del dubbio e dell’ignoto,
il tuo re, il tuo pontefice, il tuo boia,
il tuo cielo, e il tuo loto!
Canto litane di martire e d’empio;
canto gli amori dei sette peccati
che mi stanno nel cor, come in un tempio,
inginocchiati.


