Dall’incipit del libro:
Quando le idee agitatrici degli enciclopedisti e dei filantropi s’erano diffuse in Italia, ed unite alle idee dei nostri pensatori e ai decreti e alle velleità riformiste dei nostri principi generarono desideri ed inquietudine di novità, massimamente nelle classi colte, quali erano le condizioni della musica in Italia? E quali erano, quando i primi battaglioni francesi passarono le Alpi intuonando la Marsigliese? E quali erano durante il primo Regno italico, imperando Napoleone?
A questo domande bisogna dare una risposta qui; se no il quadro delle Conferenze di quest’anno rimarrebbe incompleto, non ignorando nessuno di voi quanta parte della vita e della cultura italiana fosse, massime in questo tempo, la musica. E la direzione benemerita delle Conferenze volle dare l’incarico a me di riempire questo vuoto, a me semplice dilettante di musica, con tutte le deficienze e tutti i difetti (salvo, se Dio vuole, la presunzione) che vanno annessi a questo così giustamente diffamato vocabolo!
Questa volta dunque, o Signore, io vi parlerò di musica. Ma di musica, ha detto un gran poeta, Enrico Heine, bisognerebbe sempre parlare accompagnando le parole con canti e suoni, ossia suggellando coll’esempio le massime e supplendo a tutto ciò che ha di vago e di infedele la parola, massime trattandosi d’una materia invisibile e facilmente sfuggevole alla percezione immediata della memoria, come la musica. Le difficoltà, all’atto pratico, sono grandi.
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