Ernesto Pietriboni nacque a Venezia il 10 luglio 1874. Si laureò in giurisprudenza a Padova, e già durante gli studi universitari aveva dato prova della sua inclinazione per l’attività giornalistica: tra il 1892 e il 1893 fondò e diresse un giornale satirico intitolato “Lo studente di Padova”. Una volta laureato fu collaboratore di “Il Gazzettino” di Venezia diretto da Giampietro Talamini. Trasferitosi a Belluno divenne dapprima redattore e poi direttore di “Il Corriere Bellunese” quotidiano appartenente all’area politica della sinistra. Oltre all’attività giornalistica, improntata a spirito combattivo, innovatore e polemista, si scoperse anche abile oratore politico.

Tuttavia nel 1897 l’evolversi delle sue idee lo portò a dissensi politici che lo indussero ad abbandonare il “Corriere Bellunese”. Aveva infatti fatto parte della Democrazia veneziana, che faceva riferimento alla tradizione democratica liberale, ma in seguito a una scissione Pietriboni aderì al Partito Radicale. La sua partecipazione alla vita politica locale lo indusse a una particolare attenzione ai problemi sociali connessi alla insorgente formazione del proletariato urbano.

Tornò a Venezia iniziando la carriera forense e riprendendo l’attività giornalistica al “Gazzettino”, che tuttavia durò ancora per poco tempo lasciando spazio pressoché esclusivo alla professione di avvocato penalista. In questa professione ottenne importanti affermazioni nel Veneto anche in processi di risonanza nazionale, come quello relativo all’assassinio della contessa di confessione valdese Zenobia Teodolinda Onigo nel 1903 – vicenda rievocata, nel 1997, nel romanzo di Gian Domenico Mazzocato Il delitto della Contessa Onigo –. Il processo ebbe grande risonanza all’epoca dei fatti anche per gli importanti risvolti sociali che riguardavano i contadini senza terra, dei quali faceva parte l’assassino Pietro Bianchet.

Nel 1913 fu eletto alla camera dei deputati per il collegio di Belluno. Durante la prima guerra mondiale fece parte dell’alto commissariato per i profughi insieme a Luigi Luzzatti. Tra il 1917 e il 1919 fu sottosegretario, nell’ambito del governo Orlando, nell’appena istituito Ministero delle terre liberate. “Nuova Antologia” ospitò nel 1917 il suo studio La guerra e il prossimo avvenire politico-sociale, che resta a testimonianza del suo impegno nella fase di ricostruzione post-bellica in Veneto. Fu rieletto nel 1919 alla Camera dei deputati anche nella legislatura successiva e ricoprì – capo del governo Francesco Saverio Nitti – l’incarico di sottosegretario al Ministero delle poste e telegrafi.

Appartenne della massoneria facendo parte dell’Ufficio di Presidenza della serenissima Gran Loggia del R.S.I. dal 1921 al 1925, cioè fino a quando la massoneria venne sciolta dal regime fascista. Fu anche l’ultimo segretario del Partito Radicale, tra la fine del 1920 e il 1922, prima della sua dissoluzione di fatto nel corso della formazione del Partito Democratico Sociale Italiano.

Ovviamente l’avvento del fascismo segnò per Pietriboni non solo il distacco dalla vita politica ma anche l’inizio di fastidiose persecuzioni. Già nel 1926 aveva subito un’incursione con devastazione nel suo studio di Venezia; le persecuzioni continuarono fino al 1942 quando fu arrestato e detenuto per una quindicina di giorni in seguito a una denuncia per alcune frasi “sospette”. Tutto questo lo indusse a dedicarsi quasi esclusivamente ai suoi studi giuridici, ritiratosi nella sua villa a Col Fiorito sulle alture della periferia di Belluno. I suoi saggi e studi di questo periodo trovarono posto sulle più importanti riviste forensi. Ricordiamo La repressione internazionale dei delitti politico-sociali del 1937; Psicologia e psicoanalisi forense del 1940; Il delinquente costituzionale alla sbarra del 1941.

Al termine della guerra fu vicepresidente della Consulta Nazionale e si candidò per il Senato alle elezioni politiche del 1948, ma questa volta senza successo. Nel 1945 fu nominato presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati e fece parte della commissione nazionale per la riforma del codice penale. Nel 1946 vide la luce il suo manuale La criminologia della pratica. Il 10 luglio 1947 – al termine di un biennio di commissariamento – divenne presidente dell’Ateneo Veneto del quale era stato eletto socio fin dal 7 giugno 1931. La sua prima iniziativa fu proporre l’abrogazione dello statuto fascista e il ripristino del precedente statuto del 1920. Notevole in questa fase l’attività di Pietriboni nella riorganizzazione dell’Ateneo e nella ripresa della sua attività culturale e delle pubblicazioni della rivista attraverso un numero speciale per il centenario del Risorgimento veneziano (1849-1949) e un altro numero per il centenario della nascita di Riccardo Selvatico. La rivista dell’Ateneo aveva ospitato negli anni trenta diversi articoli di Pietriboni, non solo di argomento giuridico (Corporativismo e delinquenza, Il contrabbando della navigazione aerea) ma anche su argomenti artistici (La tutela giuridico-penale del pudore nell’opera d’arte), forte dell’interesse coltivato in gioventù e che aveva portato ai suoi scritti del 1894 Modernità artistiche veneziane e Templi ravennati. Si fece promotore per un Congresso Nazionale di Criminologia.

Morì a Venezia il 15 dicembre 1950 e fu sepolto a Belluno in ossequio alla sua volontà. La stessa città di Belluno gli ha intitolato una strada.

Fonti:

Note biografiche a cura di Paolo Alberti

Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)

  • La criminologia della pratica
    Con questa sua opera Pietriboni ha radunato un vasto e interessante materiale di esperienze ed osservazioni, fornendo un testo che risulta utilissimo per accostare un profano allo studio della criminologia scientifica.
 
autore:
Ernesto Pietriboni
ordinamento:
Pietriboni, Ernesto
elenco:
P