Dall’incipit del libro:
Giulio Michelet scrisse la leggenda della Strega, leggenda più meravigliosa ed attraente che le stupide storie estorte coi tormenti dalle imaginazioni inferme di povere donne in delirio. Col suo profondo sapere del medioevo, il grande storico mostrò come il diavolo fosse il necessario consolatore nelle dolenti tenebre di quell’età; come insegnasse segreti e rivelasse semi di futura scienza; come perseguitato dai signori e dai preti, contr’alla cui tirannide non era invocato invano, il diavolo diventasse uno spirito di Dio, quando serviva alla corruzione od alla avarizia sacerdotale. Così gl’idoli, nei primi tempi della nova fede, furono ai preti or diavoli or santi, secondo che loro tornava. Non si può leggere senza pietà quello strazio di anime più assetate di conforti, più avide d’idealità, che veramente colpevoli. Il Michelet profonde le testimonianze non meno della scelleraggine che della stupidità inquisitoriale. Il Malleus di Sprenger è l’ Iliade della stregheria. Tutte le luride fantasie della ignoranza popolare, e tutte le imposture della catalessia claustrale vi andarono a metter capo. Mancava però nel Michelet la testimonianza di un filosofo, di un principe, di un uomo di stato, di un letterato che rannettesse le sciocchezze della credulità moderna alle favole della credulità antica, che velasse di bello stile e di reminiscenze classiche gl’instrumenti di supplizio che adornano le sale del sant’Ufizio. Questo filosofo, letterato, statista lo presentiamo noi ai lettori nella persona di Giovan Francesco Pico della Mirandola, che tra l’infinite sue opere, non essendo vero che tenesse mano a far monete false, volle pure inserire questa falsa moneta della Strega, con l’impronta e il colore della buona antichità.
Traduzione di Turino Turini.
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