Dall’incipit del libro:
Il luogo oscurissimo è dal VII al IX dell’inferno. E l’ora del tempo è mezzanotte. È mezzanotte quando il Poeta scende con Virgilio ‘a maggior pieta’, mentre era vespro quando si ‘apparecchiava a sostener la guerra Sì del cammino e sì della pietate’. Cadono le stelle e persuadono il sonno: è l’ora che Enea, con voce che noi sentiamo risonare nei versi di Virgilio, grave e quasi velata, si fa a narrare l’ultima notte di Troia. E Dante che già nella sera, nel silenzio e sopore universale, si sentiva solo a vegliare di tutti i viventi, ora a mezzanotte pare oppresso da un sogno sognato per tutto il durare d’un viaggio notturno. E il viaggio pare uno di quelli che possiamo ricordare d’aver fatti da fanciulli (Dante è come un fanciullo vicino a Virgilio), un poco a piedi, poi portati di peso in carrozza, poi discesi senza averne coscienza intera, balzati di qua e di là, tra cigolii e schiocchi e scricchiolii e tonfi, con qualche carezzevole parola mormorata all’orecchio in mezzo a un rotolare continuamente e sordamente fragoroso. L’Ombra e il Vivente scendono accompagnati dal gorgoglio assiduo di un fossato di acqua buia, e questo fossato si fa palude, la palude della ‘Tristizia’, in fondo alla piaggia.
Il testo è tratto da una copia in formato immagine presente sul sito The Internet Archive (http://www.archive.org/). Realizzato in collaborazione con il Project Gutenberg (http://www.gutenberg.org/) tramite Distributed Proofreaders (http://www.pgdp.net/).

