Dall’incipit del libro:
Far riviver gli estinti, e i prischi Eroi Condurre a passeggiar tra pinte scene, E a lor dar voce, che di lor sia degna; Metter su gli occhi di chi ascolta il pianto, Del non vero creando ambascia vera; E alzar gli spirti, e col piacer cercato La virtù non cercata indur ne’ cori: Questo io prima insegnai d’Ilisso in riva. Con fatali sventure, e colpe illustri L’odio ai Tiranni, ed il timor de’ Numi Nel popolo io destava; e di pietade Pungendo l’alme, e di terror secreto, Io le temprava sì, che l’uom più duro Disconobbe sè stesso, e dei Re crudi Avvezza a segnar morte, e al ciglio alzata Stupì la man di ritrovarlo molle. Aure sì dolci su i Romani colli Non respirai: pur così nobil terra Nel grembo suo lunga stagion mi tenne. Ma da insoliti fregi, e da straniera Pompa io mi vidi, più che adorna, oppressa. Già dall’orecchio anche più culto all’occhio Il piacer, tralignando, era passato; E di non s’agitar, di non dolersi Era, e di non tremar contenta ogni alma: E in maggiori teatri io fui men grande.


