Romanzo pubblicato nel 1902. Tipico esempio dell’umorismo pirandelliano, scettico e mordace di fronte agli assurdi casi dell’esistenza, verso cui però dimostra al tempo stesso un esasperato compiacimento.
Dall’incipit del libro:
Giovane d’oro, sì sì, giovane d’oro, Pepè Alletto! — il Ravì si sarebbe guardato bene dal negarlo; ma, quanto a concedergli la mano di Stellina, no via: non voleva se ne parlasse neanche per ischerzo.
— Ragioniamo!
Gli sarebbe piaciuto maritar la figlia col consenso popolare, come diceva; e andava in giro per la città, fermando amici e conoscenti per averne un parere. Tutti però, sentendo il nome del marito che intendeva dare alla figliuola, strabiliavano, strasecolavano:
— Don Diego Alcozèr?
Il Ravì frenava a stento un moto di stizza, si provava a sorridere e ripeteva, protendendo le mani:
— Aspettate… Ragioniamo!
Ma che ragionare! Alcuni finanche gli domandavano se lo dicesse proprio sul serio:
— Don Diego Alcozèr?
E sbruffavano una risata.
Da costoro il Ravì si allontanava indignato, dicendo:
— Scusate tanto, credevo che foste persone ragionevoli.
Perché lui, veramente, ci ragionava su quel partito, ci ragionava con la più profonda convinzione che fosse una fortuna per la figliuola. E s’era intestato di persuaderne anche gli altri, quelli almeno che gli permettevano di sfogare l’esasperazione crescente di giorno in giorno.




