La settima raccolta delle Novelle per un anno di Luigi Pirandello, pubblicata nel 1924, si intitola “Tutt’e tre”. Questa raccolta prosegue l’indagine pirandelliana sull’ambiguità dell’identità, sull’assurdo della condizione umana e sull’impossibilità di cogliere una verità assoluta.
Il titolo della raccolta riprende quello di una delle novelle in essa contenute, “Tutt’e tre”, che, come molte altre del volume, ruota attorno a situazioni paradossali, giochi d’equivoci e crisi interiori. I protagonisti delle novelle sono spesso personaggi comuni, colti in momenti di svolta o disorientamento, incapaci di conciliare l’immagine che hanno di sé con quella che gli altri impongono loro.
Attraverso uno stile narrativo lucido e ironico, Pirandello scava nelle contraddizioni dell’animo umano e nelle maschere sociali, offrendo una visione amara ma profondamente umana della vita. “Tutt’e tre” conferma l’intento dell’autore di costruire, attraverso le singole novelle, un grande affresco esistenziale, in cui ogni storia è un frammento dell’inquietudine universale.
Dall’incipit del libro:
Ballarò venne su strabalzoni dal giardino agitando in aria, invece delle mani, le maniche; perduto come era in un abito smesso del padrone.
— Maria Santissima! Maria Santissima!
La gente si fermava per via.
— Ballarò, che è stato?
Non si voltava nemmeno; scansava quanti tentavano pararglisi di fronte, e via di corsa verso il Palazzo del Barone, seguitando a ripetere quasi a ogni passo:
— Maria Santissima! Maria Santissima!
Quella corsa in salita, alla fine, e l’enormità della notizia che recava alla signora Baronessa lo stordirono tanto che, subito com’entrò nel palazzo, ebbe un capogiro e piombò sulle natiche, tra attonito e smarrito. Trovò appena il fiato per annunziare:
— Il signor Barone… correte… gli è preso uno sturbo… giù nel giardino…
All’annunzio la Baronessa, donna Vittoria Vivona, restò in prima come basita. Con la bocca aperta, gli occhi sbarrati si portò piano le grosse mani ai capelli, e si mise a grattarsi la testa. Tutt’a un tratto, balzò in piedi, quant’era lunga, con un tal grido che per poco non ne tremarono i muri dell’antico palazzo baronale. Subito dopo però, si diede ad agitar furiosamente quelle mani davanti alla bocca, quasi volesse disperdere o ricacciare indietro il grido; poi le protese in atto di parare, accennando che si chiudessero tutti gli usci; e con voce soffocata:
— Per carità, per carità, non lo senta Nicolina! Ha il bambino attaccato al petto! Lo scialle… datemi lo scialle!




