Edizione Sansoni

L’Apologia è l’unico monologo di tutta la produzione di Platone. Socrate si difende in prima persona in tribunale. Il testo è diviso in tre parti. Nella prima parte Socrate si dedica alla difesa vera e propria esaminando le ragioni degli accusatori e calunniatori vecchi e più recenti. Le accuse più antiche riguardano la ricerca nelle scienze naturali di argomenti proibiti, l’arte – tipicamente sofistica – di far risaltare le ragioni dell’argomentazione peggiore rispetto alla migliore. La stessa accusa venne mossa a Protagora. Socrate sottolinea di non sapere nulla e di non farsi pagare per insegnare. Conferma che l’oracolo di Delfo sentenziò che nessuno è sapiente quanto Socrate, ma questo significa solo che Socrate è consapevole di non sapere. In realtà è costretto a difendersi in tribunale perché è diventato inviso agli ateniesi per aver costantemente dimostrato che quelli tra loro che si ritenevano sapienti nei vari campi del sapere e ne andavano orgogliosi, in realtà sapienti non lo erano affatto. L’accusa più recente, mossa da Anito, Meleto e Licone è quella di aver corrotto la gioventù e di aver introdotto in città nuovi culti di demoni. Socrate dimostra l’incompetenza degli accusatori in merito alla prima accusa e l’insussistenza della seconda. Sottolinea inoltre di essere certo che sarà condannato e che non ha intenzione alcuna di modificare il suo comportamento.

Nel secondo discorso, dopo che i giudici lo hanno riconosciuto colpevole, Socrate sottolinea subito la scarsa differenza tra i voti che l’hanno condannato e quelli che l’hanno invece ritenuto innocente. Spavaldamente afferma che la pena che ritiene di meritare è quella di essere mantenuto a vita a spesa della comunità, in quanto non ritiene di essere colpevole, al contrario, è certo di essere meritevole.

Nel terzo discorso, dopo la sentenza di morte, Socrate afferma che non è la morte che si deve sfuggire ma la malvagità, e che dopo la sua morte altri faranno quello che ha fatto lui stesso e non ci sarà possibilità di impedirlo neppure uccidendoli. Dall’accusa di mancanza di rettitudine ci si sbarazza solo conducendo una vita retta. Rivolgendosi a coloro tra i giudici che hanno votato a suo favore Socrate afferma che quel che è accaduto è un bene, la morte consiste nel dormire senza sogni oppure è un transito verso altro luogo e in questo caso lui non farà altro che proseguire quel che ha fatto in questa vita.

Nell’“Argomento” che il traduttore Emidio Martini fa precedere al testo platonico è anche utilmente descritto il funzionamento della giustizia ad Atene all’epoca di Socrate. Nelle note, sempre del traduttore, sono forniti molti diversi chiarimenti su parole di Socrate che potrebbero risultare a chi legge poco comprensibili.

L’Apologia è il secondo testo della prima Tetralogia, temporalmente collocabile tra la morte di Socrate e il primo viaggio in Sicilia di Platone, quindi tra il 399 e il 389 a. C. Certamente la ricostruzione degli interventi di Socrate durante il processo che lo condannò a morte è idealizzata ma probabilmente non molto lontana dal vero. Opportunamente Emidio Martini nella sua introduzione fa degli interessanti raffronti con quanto detto da Senofonte nella sua Apologia.

Socrate ha rappresentato la genuinità della filosofia greca anteponendo a ogni altro i valori umani più alti: la virtù e il bene. E questo lo porta all’identificazione, spesso confusa con intellettualismo, tra virtù e scienza. In questa identità tra virtù e scienza che rappresenta il significato dell’opera e del pensiero socratico c’è poco spazio per la politica, intesa come esercizio di potere. Socrate afferma che:

«Ed è questo che s’oppone alla mia partecipazione alla vita politica. E mi pare che faccia benissimo ad opporsi. Perché, sappiatelo, Ateniesi, se da un pezzo avessi tentato d’impicciarmi di politica, sarei già morto da un pezzo, senza aver giovato in nulla né a voi né a me stesso. E non ve n’abbiate a male, se dico il vero. Non c’è uomo che possa salvarsi, quando s’opponga francamente a voi, come ad ogni altra moltitudine, ed impedisca che si compiano in città tanti atti ingiusti ed illegali; ma è necessario che chi combatte davvero in difesa della giustizia, se vuole esser salvo anche per poco, meni vita privata, non pubblica.»

Credo che in queste parole sia di rintracciarsi la ragione per la quale la Grecia antica è stata la culla della filosofia ponendo le basi per ribadire l’esigenza della ricerca autonoma condotta in maniera rigorosa e per compiere i passi necessari verso questa realizzazione.

Tra la condanna e l’esecuzione trascorsero trenta giorni a causa di una ricorrenza sacra che impediva in quel periodo le esecuzioni capitali. Nel dialogo platonico Critone sono esposti i motivi per i quali Socrate rifiutò di ricorrere alla fuga organizzata e preparata dai suoi amici. Con la fuga avrebbe smentito il suo insegnamento sul rispetto delle leggi mentre la sua morte sarebbe stata testimonianza imperitura del suo pensiero. Non temeva la morte pur non avendo la certezza di una possibile vita oltre la morte; confidava però nel fatto che, se questa ci fosse stata, sarebbe stata migliore per i giusti che per i malvagi.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Che impressione, Ateniesi, abbiano prodotto sui vostri animi i miei accusatori, non so. Quanto a me, ascoltandoli, per poco non mi sono dimenticato di me stesso; tanto persuasivamente parlavano. Eppure non hanno detto, per così dire, una parola di vero. Soprattutto delle molte menzogne loro una m’ha sorpreso più delle altre, questa: v’hanno detto che dovevate stare in guardia per non esser tratti in inganno da me, che sono un parlatore abilissimo. Poiché il non vergognarsi d’essere immediatamente sbugiardati da me col fatto, quando io v’appaia né punto né poco abile nel parlare; questa m’è parsa la più spudorata delle menzogne… a meno che costoro non chiamino abile parlatore chi dice la verità. Se vogliono intender questo, posso convenire anch’io d’essere un oratore, non però della loro scuola. Costoro dunque, come io dico, non hanno detto nulla o quasi nulla di vero; da me invece voi sentirete tutta la verità; non certo, per Zeus, o Ateniesi, dei discorsi, come i loro, abbelliti o adorni di frasi e di vocaboli, ma sentirete cose dette alla buona, con le parole che mi vengono sulle labbra. Confido infatti di dir cose giuste; e nessuno di voi s’aspetti altro da me. Giacché, cittadini, alla mia età non sarebbe neppur conveniente ch’io venissi qui a tenervi, come un giovanotto, dei discorsi abilmente torniti. Anzi, Ateniesi, questo io vi chiedo, e ve ne prego vivamente: che, ove mai mi sentiate difendermi in quella stessa forma, con cui son solito di parlare e in piazza presso le tavole dei banchieri, dove molti di voi mi hanno udito, e altrove, non ve ne meravigliate né facciate rumore per questo.

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titolo:
L’apologia di Socrate
sottotitolo:
Edizione Sansoni
titolo per ordinamento:
apologia di Socrate (L’)
descrizione breve:
L’Apologia è l’unico monologo di tutta la produzione di Platone. Nel testo Socrate si difende in prima persona in tribunale. Certamente la ricostruzione degli interventi di Socrate durante il processo che lo condannò a morte è idealizzata ma probabilmente non molto lontana dal vero.
autore:
opera di riferimento:
Tutte le opere / Platone ; a cura di Giovanni Pugliese Carratelli. - Firenze : Sansoni, 1974. - XIII, 1565 p. ; 22 cm. [p.17/42]
cura:
Giovanni Pugliese Carratelli
licenza:

data pubblicazione:
28 maggio 2025
opera elenco:
A
soggetto BISAC:
FILOSOFIA / Generale
affidabilità:
affidabilità standard
digitalizzazione:
Leonardo Maria Battisti
impaginazione:
Paolo Alberti, paoloalberti@iol.it
pubblicazione:
Catia Righi, catia_righi@tin.it
Claudia Pantanetti, liberabibliotecapgt@gmail.com
revisione:
Paolo Alberti, paoloalberti@iol.it
traduzione:
Emidio Martini