Daniele Rosa nacque a Susa, in provincia di Torino, il 29 ottobre 1857. Il padre, Norberto, era deputato al Parlamento Subalpino, ed essendo amico di Daniele Manin volle dare al figlio il nome del compagno di fede. La madre si chiamava Laura Valletti. Padre e madre morirono presto; Daniele Rosa ebbe quindi un’adolescenza travagliata.
Terminò gli studi classici a Torino; per volere della famiglia, s’iscrisse alla facoltà di giurisprudenza sempre a Torino, ma presto volle seguire la sua inclinazione per le scienze naturali e nel 1876 s’iscrisse alla Facoltà di Scienze. Divenne assiduo frequentatore del Museo di zoologia dell’Università di Torino, allora importante centro di studi zoologici. Ne era direttore Michele Lessona, contornato da numerosi giovani appassionati e preparati come Lorenzo Camerano, Ermanno Giglio-Tos, Alfredo Borelli, Tommaso Salvadori, Giuseppe Nobili, Achille Griffini, Giacinto Peracca, Mario Pollonera, Léon Croizat. Si laureò nel 1880 con una tesi sui pesci d’acqua dolce del Piemonte; passò quindi un semestre presso l’Istituto di Zoologia dell’Università di Gottinga, dove si indirizzò allo studio degli Oligocheti, un gruppo allora poco conosciuto, stimolato in questa direzione da Ernst Heinrich Ehlers, specialista dei Policheti e a suo tempo allievo di Henle, M. Wagner e Leuckart. In questo campo Rosa diventerà ben presto un’autorità di fama internazionale.
Rientrato in Italia, nel 1881, iniziò come assistente aggiunto la sua attività di zoologo al Museo di Torino. Diventerà assistente effettivo nel 1889. Nel 1884 venne nominato dottore aggregato (in pratica libero docente) alla Facoltà di Scienze. Dal 1892 al 1894 sostituì Lessona nelle lezioni di zoologia e dal 1895 al 1898 tenne un corso di embriologia comparata. Nel primo semestre del 1897 tenne un corso di zoologia e anatomia comparata a Perugia.
Dal 1898 insegnò zoologia e anatomia comparata a Cagliari, prima come professore incaricato, poi, dal 1899, come professore straordinario a Sassari. Ma la sua carriera universitaria non fu né facile né veloce: nonostante la sua produzione scientifica fosse già abbastanza ricca, – tra il 1884 e il 1907 Rosa produsse una settantina di lavori sugli Oligocheti, molti per descrivere specie nuove (già nel 1881 descrisse una nuova specie del genere Gordius) provenienti dalle parti più disparate del mondo: dalla Patagonia, dall’Antartide, dall’Europa dell’Est, dalla Birmania e da tante altre regioni del globo. Lavorava sulle raccolte di colleghi, che mandavano il materiale a lui, uno dei pochi esperti di Oligocheti nel mondo – questa non venne in pratica riconosciuta in maniera adeguata. Infatti solo nel 1898 appunto risultò idoneo in un concorso all’Università di Parma e fu nominato professore incaricato a Sassari nel 1899.
Nel 1902 diviene professore ordinario a Modena. Nel 1905 ottiene la cattedra di zoologia ed anatomia degli invertebrati all’Istituto di Studi Superiori Pratici e di Perfezionamento di Firenze, dove rimarrà dodici anni, dedicati quasi interamente all’elaborazione della teoria dell’ologenesi. Nel 1917 torna a Modena, ma nel 1919 accetta la cattedra di zoologia all’Università di Torino, dove diviene direttore dell’Istituto di zoologia e, morto nel frattempo Camerano, del Museo. Nel 1921, però, è di nuovo a Modena, forse perché gli impegni legati all’importante carica rendevano troppo gravoso il peso di altre incombenze familiari. Sia la sua salute che quella della sorella furono sempre piuttosto cagionevoli e pare che fosse afflitto da una progressiva perdita della vista. A Modena rimase fino al pensionamento (1932).
Da questo momento visse ancora più appartato di com’era sempre vissuto. Dopo un soggiorno a Pisa, si trasferì presso parenti a Novi Ligure dove morì il 28 aprile 1943.
Limitato, a causa appunto delle sempre poco propizie condizioni di salute, nelle apparizioni pubbliche e nei viaggi, fu tuttavia sempre attivo. Tradusse in italiano alcune opere di Haeckel e, grande conoscitore di lingue straniere, inventò una lingua internazionale destinata, a suo modo di vedere, a facilitare la comunicazione scientifica, il nov latin. Inutile dire che questa invenzione non ebbe in pratica alcun seguito.
Fin dai tempi della sua frequentazione del gruppo di Lessona, Rosa si era interessato vivamente alle tematiche evoluzionistiche; soprattutto il nodo dell’estinzione di così numerosi gruppi di organismi aveva attratto la sua attenzione, in particolare in relazione ai gruppi a larga distribuzione geografica; le rapide trasformazioni dell’ambiente e la selezione naturale non esaurivano la spiegazione. La causa principale della loro estinzione andava ricercata nel fenomeno della riduzione progressiva della variabilità rispetto al quale la selezione naturale non farebbe che favorire una dinamica legata alla natura stessa degli organismi.
Il suo lavoro principale, Ologenesi, non ebbe troppa diffusione, penalizzato soprattutto dalla mancata traduzione sia in francese che in inglese. Tra i pochi che presero in considerazione il lavoro di Rosa troviamo Hugo De Vries che nel 1901 riconobbe la concisione di Rosa nel mettere in risalto la differenza tra mutazione come variazione filogenetica e variazione statistica in senso darwiniano. Vincenzo Giuffrida-Ruggeri e George Montandon, entrambi antropologi, vi trovarono un supporto alla loro convinzione che non ci fosse stata un’unica culla dell’umanità. L’opera di Rosa fu ricordata nel 1947 da Bernard Rench, che elencò le teorie novecentesche riguardanti l’evoluzione per cause interne.
Il maggior sostenitore di Rosa fu Giuseppe Colosi, che si prodigò a cavallo degli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento per far conoscere la teoria ologenetica. Dopo gli anni ’60 cadde nell’oblio pressoché completo anche in Italia. Fu riscoperto e ristampato e posto nella corretta luce solo nel 2001, con una interessantissima introduzione di Antonello La Vergata.
Opere.
- La riduzione progressiva della variabilità e i suoi rapporti coll’estinzione e coll’origine delle specie, Torino 1899.
- Saggio di una nuova spiegazione dell’origine e della distribuzione geografica delle specie (Ipotesi della “ologenesi”), in «Bollettino dei musei di zoologia ed anatomia comparata della R. Università di Torino», 1909, vol. 614, pp. 1-13.
- Ologenesi, nuova teoria dell’evoluzione e della distribuzione geografica dei viventi, Firenze 1918.
- Evoluzione, in Enciclopedia Italiana, XIV, Roma 1933, pp. 664-672.
Fonti:
- Giuffrida-Ruggeri, La cosiddetta culla dell’umanità, in «Rivista italiana di sociologia», 1915, vol. 19, pp. 5 s.
- Giuffrida-Ruggeri, Unicità del Phylum umano con pluralità di centri specifici, in «Rivista italiana di paleontologia»,1918, vol. 24, pp. 3-15.
- G. Colosi, Neodarwinismo e ologenismo, in «Bollettino di zoologia», 1958, n. 25, pp. 127-147.
- G. Colosi,, L’opera di D. R. e la dottrina dell’evoluzione (con cenni biografici e bibliografici), in Memorie della Accademia delle scienze di Torino. Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali, s. 3, 1961, t. 4, parte 1, pp. 329-368.
- G. Montalenti, Darwinismo e antidarwinismo, ieri e oggi, in Il Darwinismo nel pensiero scientifico contemporaneo, in Atti della Accademia nazionale dei Lincei. Matematica e applicazioni, s. 8, 1982, vol. 72, n. 3, pp. 187-205.
- P. Omodeo, D. R. e l’evoluzionismo per cause interne, in Protagonisti della cultura italiana del Novecento, in Nuova secondaria, VIII (1990), 10, pp. 91-93.
- A. La Vergata, Introduzione, in D. Rosa, Ologenesi, Firenze 2001.
- S. Casellato, Daniele Rosa: Profile of a researcher, in A.M. Bonvicini Pagliai and P. Omodeo On Earthworms, Bologna, 1987.
Note biografiche a cura di Paolo Alberti
Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)
- Ologenesi
Nuova teoria dell'evoluzione e della distribuzione geografica dei viventi
Rosa elaborò, nel 1918, la cosiddetta teoria dell’ologenesi, con la quale concepiva un’evoluzione che si svolgesse lungo linee predeterminate, per cause interne, e, a suo parere, l’estinzione era dovuta ad una inevitabile riduzione della variabilità, prodotta sempre da cause interne.