Emiliano Rinaldini, detto Emi, (Brescia, 19 gennaio 1922 – Pertica Alta, 10 febbraio 1945), è stato un antifascista e partigiano italiano, eroe della resistenza italiana.
Figlio di un piccolo commerciante conobbe insieme con i fratelli, una educazione di tipo profondamente cristiano. Ricevette una educazione invidiabile frequentando l’Istituto Magistrale Gambara dove nel 1940 conseguì il diploma di maestro e si distinse subito distinto per la passione nell’insegnamento. Ebbe modo di insegnare nella città di Salò, che di lì a poco sarebbe divenuta il cuore della Repubblica Sociale Italiana. Collaborò inoltre con alcune riviste bresciane di tipo pedagogico: “Scuola Italiana Moderna”, di cui fece parte della redazione, e “Pedagogia e vita”.
Nei primi mesi del 1943 fu tra i promotori di un Gruppo d’Azione Politica che fu rapidamente trasformato, per motivo di prudenza politica, in un Gruppo d’Azione Sociale avente finalità caritative e assistenziali. Militando all’interno del gruppo sociale Emiliano accrebbe la sua profonda avversione al regime fascista.
Rinaldini prese ben presto contatto con i cattolici e sacerdoti antifascisti bresciani e si diede alla diffusione di stampa clandestina. In breve assolse anche a compiti di collegamento con i primi partigiani delle valli bresciane, in particolar modo della Valle Sabbia e della Valle Trompia, adoperandosi per procurare loro generi alimentari e di prima necessità nonché l’occorrente per resistere alla macchia. All’inizio del 1944 è costretto a trasferirsi a Milano per evitare l’arresto, trovando rigugio presso l’Istituto Palazzolo.
Nel febbraio del 1944 appaiono i bandi della RSI che richiamano alla leva i giovani dell’anno 1922. Per coloro che tentano di sottrarsi all’obbligo di leva i bandi minacciano la pena di morte. Per tale motivo il maestro Emiliano si presenta all’arruolamento in compagnia dell’amico Aldo Lucchese alla Caserma “A. Papa” di Brescia.
Il 20 aprile 1944, avvertito da un amico, Carlo Albini, dell’imminente partenza del suo reparto per la Germania, Emiliano fugge. Da quel momento Rinaldini entra a far parte dei primi nuclei di uomini renitenti alla leva che, male armati e male equipaggiati, danno origine alla “Brigata Perlasca”. In un primo momento il maestro Emi si rifugia in una baita localizzata nei monti sopra Bovegno, in Val Trompia. Successivamente si trasferisce nella zona della Corna Blacca, sopra le piccole frazioni che costituiscono il comune di Pertica Bassa. Insieme a pochi altri compagni forma un nucleo di ribelli che prende base verso il Passo di Prael (m 1710), a ridosso delle cascina Sacù, proprio sotto la Corna Blacca.
I primi gruppi di ribelli inoltre erano assai poco compatti e spesso (data la presenza nazifascista limitata inizialmente quasi esclusivamente ai grandi centri abitati) nei paesi di montagna molti ribelli si trovavano ad avere amici, casa e famiglia a 2-3 ore dalla sede della formazione, per cui era un continuo andirivieni tra casa e cascina partigiana. Pertanto non era semplice per uomini come Emiliano Rinaldini cercare di organizzare e dare una struttura a questi nuclei partigiani.
In ogni caso alla fine del giugno 1944 erano presenti nella ristretta zona della Corna Blacca ben sei nuclei partigiani che andavano ingrossandosi e si rendeva indispensabile organizzare un brigata aderente alle Fiamme Verdi e che collaborasse con la brigata “Tito Speri” della Val Camonica. Nasceva la brigata “Perlasca” che avrebbe fatto parte della divisione “Tito Speri”.
Ai vari nuclei della Perlasca venne assegnata una zona d’influenza che avrebbero dovuto provvedere a controllare e dalla quale avrebbero dovuto ricavare i mezzi di sostentamento. A Emiliano Rinaldini spettò l’incarico di vice-comandante del Gruppo S 4 che si trovava ad operare per lo più nella zona di Pertica Alta e di Livemmo.
Il giorno 6 febbraio nelle prime ore del mattino una pattuglia del 40º battaglione mobile della Guardia Nazionale Repubblicana (GNR) sale a Odeno e lo circonda. I fascisti non sospettano la presenza di partigiani nel paese. Sono venuti per verificare la posizione del parroco, Don Lorenzo Salice, che ritengono nasconda e dia rifugio a quattro prigionieri slavi fuggiti dal campo di Vestone. Quella notte i ribelli si sono fermati a dormire nelle case e nelle stalle per avere un po’ di caldo e di tregua dal gelo invernale dei monti ventosi valsabbini.
Si fa l’alba prima che i partigiani si rendano conto che il paese è accerchiato. Viene tentata la fuga. Emiliano decide di trascinarsi addosso il grosso dei fascisti per permettere ai compagni di fuggire verso valle. Il suo tentativo di fuggire verso l’alto, in direzione della chiesetta di Odeno viene impedito dalla neve. Viene fatto prigioniero e condotto con Don Salice ed alcuni suoi parrocchiani in una casa del paese dove Emi viene picchiato e sottoposto ad un primo interrogatorio.
Nel carcere di Idro Emi viene interrogato a lungo e torturato, ma non rivela nulla che possa danneggiare i compagni. I fascisti lo riportano nelle zone della Pertica Alta, sperando così di fargli rivelare i depositi delle armi o i nascondigli dei suoi compagni partigiani. Ma Emi tace nonostante le torture. Preso atto della impossibilità di vincerne il silenzio la mattina del 10 febbraio due militi lo trascinano fuori dall’abitato di Belprato sul sentiero che porta alla chiesetta di San Bernardo. I repubblicani lo costringono a togliersi le scarpe, poi nel simulare un tentativo di fuga incitano Emi a scappare e lo colpiscono a tradimento con una raffica di mitra nella schiena, che lo uccide.
Note biografiche tratte e riassunte da Wikipedia
https://it.wikipedia.org/wiki/Emiliano_Rinaldini
Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)
- Il sigillo del sangue
Partigiano di area cattolica, insegnante e collaboratore di riviste di pedagogia. Catturato dai fascisti e sottoposto a tortura, viene ucciso con una raffica di mitra alla schiena. Il suo diario: Il sigillo del sangue.