Si ringrazia l’Autore per avere concesso di diritti di pubblicazione.
Dall’incipit del libro:
Intorno alla metà del secolo scorso l’Egitto, politicamente semindipendente – era infatti nominalmente retto da un Vicerè ma godeva di completa autonomia dal sultano di Costantinopoli –, aveva legami economici piuttosto intensi con vari paesi europei, in particolare con l’Italia, ed era in grado di offrire lavoro e sistemazione a chi in patria non ne aveva. Era il caso appunto del nonno paterno di Vittorio Rieti, Graziadio, di origine padovana, che, come altri italiani in cerca di fortuna, verso il 1850, partì alla volta di Alessandria d’Egitto.
Egli, che il musicista non conobbe mai perché morì prematuramente, apparteneva ad una famiglia di artigiani e commercianti di stoffe, povera e di cultura modesta, mentre la moglie Didone – scomparsa molto giovane quando suo figlio Dante, futuro padre di Vittorio, aveva appena quattro anni – proveniva dalla famiglia Lolli, anch’essa di origine padovana, ma culturalmente più evoluta; un suo fratello fu rabbino maggiore di Padova.


