ripresa dall’edizione Formiggini, Roma 1929.
Dall’incipit del libro:
Il grandioso sforzo di Spinoza è quello di guardare la realtà non con occhi umani, ma con quelli stessi della realtà se essa ne possedesse. Un realismo, la cui intrepidità non è mai stata oltrepassata; un perfetto ateismo, «merum Atheismum», come bene avevano visto i contemporanei (Ep. 42), se ci si rappresenta Dio secondo il concetto comune delle religioni, cosicché si corre rischio di equivocare profondamente nella comprensione dell’Etica se la parola «Dio» mentalmente non vi si cancella, e Johannes Clericus riferiva la voce che, in una presunta redazione originale olandese di essa, quella parola non figurava neppure e solo vi figurava la parola «Natura»; una qualche inclinazione materialistica, e (nonostante l’abituale opinione) un radicale irrazionalismo e un’ampia venatura di scetticismo: questi sono i tratti caratteristici dell’eroico pensiero spinoziano.
Non importa (e non è spiritualmente fruttuoso) esporre Spinoza storicamente. Importa esporlo secondo lo sentirebbe oggi colui nel quale il motivo spinoziano, motivo immortale, rivivesse di vita profonda ed ardente.

