Pietro Silvio Rivetta nacque a Roma l’8 luglio 1886, discendente della famiglia aristocratica dei conti di Solonghello – piccolo centro del Monferrato –; il padre si chiamava Vittorio e la madre Chiara De Blasio.
Dopo la laurea in Giurisprudenza e con già esperienze professionali come giornalista del quotidiano romano “La Tribuna” fu impiegato dal 1910 al 1913 presso l’ambasciata italiana a Tokio. In questo periodo iniziò a studiare le lingue orientali fino a diventare un vero esperto della lingua giapponese e cinese e delle rispettive culture. Questa esperienza lo condusse, una volta rientrato in Italia nel 1913, alla cattedra di lingua e cultura giapponese e cinese presso l’allora Regio Istituto Orientale di Napoli. Nello stesso periodo collaborò al giornale “L’Epoca”.
Attratto anche dalla nuova arte cinematografica, nel 1920 diresse il film Il castello dalle cinquantasette lampade fondando subito dopo, insieme alla moglie Vera D’Angara, disegnatrice d’origine russa, la casa cinematografica Selecta-Toddi. Vera D’Angara assunse questo pseudonimo proprio in occasione dell’attività cinematografica. Il suo vero nome era Vera Michajlovna Natenson e inizialmente in Italia aveva usato come attrice lo pseudonimo Vera Ravič, con il quale aveva interpretato L’isola Scomparsa. Rivetta fu il secondo marito di Vera D’Angara, che già aveva avuto un figlio dal politico menscevico e artista Il’ja Lazarevič Erenburg.
L’attività principale di Rivetta era di regista, soggettista insieme alla moglie che era anche la principale attrice. Questa attività non durò molto producendo tuttavia dodici pellicole interpretate da attori come Renato Malavasi e Diomira Jacobini. Tra le sue regie più note e riuscite vanno ricordati L’amore e il codicillo, L’isola scomparsa e Le due strade ancora oggi caposaldi del cinema muto italiano.
Nel 1921 fu animatore della sala di Cabaret avviata dal poeta Gino Gori; la sala era stata decorata da Depero e vi erano attivi diversi futuristi – oltre al Gori stesso – come Luciano Folgore, Massimo Bontempelli, Marinetti, Prampolini. In questa fase fece ricorso alla sua passione per le stranezze e le possibilità combinatorie della lingua italiana che più tardi lo portarono a scrivere uno dei primi testi di Enigmistica in italiano. Questa sua passione per le possibili bizzarrie della lingua presero corpo in volume nel 1936 con Avventure e disavventure delle parole. La passione per i viaggi non lo aveva abbandonato e spesso viaggiava alla ricerca di località caratteristiche e poco conosciute; anche questa attività sfociò poi nella pubblicazione del libro, nel 1934, Itinerari Bizzarri.
Nel 1926 divenne reggente consolare in Giappone. Proseguì nel frattempo l’attività giornalistica collaborando a “Il Tevere” e a “Il Popolo di Roma”. Divenne direttore nel 1929 della rivista satirica “Il travaso delle idee” – le cui copertine molto spesso erano opera di Vera D’Angara – e diresse anche, in anni diversi, “Noi e il Mondo” e “la Tribuna illustrata”.
Anche la sua attività radiofonica è degna di rilievo: negli anni ’30, insieme ad Achille Campanile, fu ideatore e conduttore del programma Il mondo per traverso, per il quale poté attingere al suo vasto bagaglio di esperienza di viaggiatore. Nel 1939 fu il primo conduttore – per sei puntate – del programma L’ora del dilettante, uno dei programmi più seguiti prima della ormai imminente guerra.
Il regista Camillo Mastrocinque portò sugli schermi nel 1940 il romanzo di Rivetta Validità dieci giorni, che riscosse un buon successo. Nel 1941 assunse la direzione del mensile italo-giapponese “Yamato”, che era organo della Società degli amici del Giappone. Anche in questo campo ebbe la preziosa collaborazione di Vera D’Angara che sulla rivista tenne le rubriche “Conversazioni femminili” e “Scene di vita giapponese”. Ai margini di questa attività e cogliendo le opportunità offerte dalla alleanza bellica dell’Asse fu conferenziere in occasione di manifestazioni italo-giapponesi, spesso sul tema Il nuovo ordine.
Agli inizi degli anni quaranta fu promotore della Scuola del Benessere integrale, fondata sui principi della cosiddetta demodoxologia, cioè lo studio dell’opinione pubblica, disciplina alla quale avevano dato vita Emilio Bodrero e Paolo Orano. Lo scopo della Scuola – fondata il giorno dell’equinozio di primavera presso la Guaita del Monte Titano – era la divulgazione della sua teoria del massimo rendimento. Sull’argomento scrisse dei libri: Il benessere integrale: alimentazione economica e redditizia, l’arte di respirare, grafoterapia, tecnica della felicità nel 1946 e Vivere al 100%: teoria e tecnica per il massimo rendimento in questo mondo e nell’altro nel 1950. Nel 1949 tenne all’Università di Roma un corso libero su Dottrina e tecnica del benessere integrale.
Alla fine della guerra divenne docente alla facoltà di Giurisprudenza all’Università di Roma.
La sua attività di scrittore si esplicò in campi diversi. Nella narrativa sempre usando lo pseudonimo Toddi scrisse numerosi romanzi e raccolte di novelle. Scrisse altri testi in varie lingue (ne conosceva 14) sulle lingue e culture orientali, e alcune opere di didattica divertente di grammatica italiana.
Morì a Roma il 1° luglio 1952.
Fonti:
- https://it.wikipedia.org/wiki/Pietro_Silvio_Rivetta
- A. F. Formiggini: Chi è?: Dizionario degli Italiani d’oggi – Milano, 1940.
- C. Belloli: Toddi precursore della neoscrittura segnica: poesia e prosa rara o inedita. Milano, 1994.
- S. Alovisio: L’occhio sensibile: Cinema e scienze nella mente nell’Italia del primo Novecento. Torino, 2013.
Note biografiche a cura di Virginia Vinci e Paolo Alberti
Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)
- Il destino in pantofole
Novelle
Questa raccolta di racconti (1929) esce oggi dall’oblio grazie a Liber Liber, per offrire a lettrici e lettori una serie di quadretti tra l’assurdo e l’umoristico che ritraggono un’Italia, un mondo, dove convivono insieme ipocrisia e novità, mode e fissazioni, morale e bella vita. - E tu no!
Romanzo
Nonostante chiare cadute ‘politiche’ di stile, non si può non riconoscere una certa abilità narrativa da parte dell’autore; la ricerca dell’effetto, nel raccontare la vita di un perdigiorno, è realizzata in maniera efficace, lo svolgimento della trama corre con ritmo indiavolato.