Dall’incipit del libro:
La biografia di Luigi Arnaldo Vassallo è ancora da scrivere. E quando sarà scritta, riuscirà, in parte almeno, una storia del giornalismo italiano – che egli illustrò e rinnovò, portandolo ad altezze fino allora sconosciute – durante quei trenta o quarant’anni che vanno, press’a poco, dalla breccia di Porta Pia agli anni che precedettero l’impresa di Libia, e durante i quali maturarono importanti avvenimenti, lo spirito italiano si volse verso nuovi orizzonti, e il giornalismo iniziò la sua grande trasformazione, dal tipo, diremo così, romantico e scapigliato al tipo «industriale».
Non mancano buoni libri sull’argomento; principale fra tutti quello recentemente pubblicato da F. Ernesto Morando, e che ricordiamo nella breve nota bibliografica posta in fine di questo volumetto. Ma si tratta, in gran parte, di lavori frammentari e incompleti, che non ci danno tutta intera la figura di questo «Giornalista principe», come fu giustamente chiamato.
«Gandolin» fu un grande umorista, ed è conosciuto specialmente sotto questo aspetto. Ma questo è un solo lato della sua poliedrica figura: il più appariscente, ma non il più importante. Il mondo non sa ancora «il cor ch’egli ebbe», e non conosce i lati più intimi e più reconditi della sua personalità, l’opera sua nel campo «vissuto» della politica, dell’azione, dell’organizzazione giornalistica, e sopra tutto la sua delicatezza e la sua profondità di pensiero, graziosamente mascherata sotto forme leggere e brillanti.

