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Dall’incipit del libro:
V’ha in Roma una classe di preti diseredati , che non hanno alcuna pa rte nell’orgia dei lauti piatti e delle grasse prebende. Questi sciagurati vengono chiamati comunemente preti di vettura . Per essi il maggior provento di lucro è quello che traggono dai mortori; e perciò a somiglianza dei corvi costoro fiutan o l’odore dei morti, e calano a stor mo sul fresco cadavere di un estinto. La loro opera, tanto per l’ associazione , come per la messa, viene appigionata da un sensale, che contratta a cottimo col sagrestano della parocchia, gli fo rnisce un dato numero di preti, e distribuisce a ciascuno di essi la dovuta mercede. La part e migliore del mortorio rimane naturalmente al sensale e al sagrestano; quelli che ne ricavano minor profitto sono i preti di vettura. Questi preti traggono dunque una magra esistenza, accanto alle lautezze dei prelati e dei cardinali. Potrebbero paragonarsi al mendico che r accatta le briciole sotto la mensa dell’Epulone. Un prete di vettura, fra i cinquanta e i sess ant’anni, piccolo, magro, con un viso da buon uomo, su cui stavano dipinte le a fflizioni di una vita stentata, il quale rispondeva appunto al nome di don Omobono, sgambettava per le vie di Roma, nella mattina del giorno 22 ottobre 1867.


