Gaio Sallustio Crispo (in latino: Gaius Sallustius Crispus, Amiternum, 1º ottobre 86 a.C. – Roma, 13 maggio 34 a.C.), più semplicemente noto come Sallustio, è stato uno storico, politico e senatore romano del periodo repubblicano.
Proveniente da una famiglia plebea legata alla nobilitas municipale, compì a Roma il cursus honorum, divenendo prima questore, poi tribuno della plebe ed infine senatore della res publica. Dopo esser stato cacciato dal Senato per indegnità morale, partecipò alla guerra civile del 49 a.C. tra Cesare e Pompeo, schierato tra le file cesariane.
Dopo la sconfitta di Pompeo, Cesare lo ricompensò per la sua fedeltà conferendogli la pretura, riammettendolo in Senato e nominandolo governatore della provincia dell’Africa Nova. Dopo la fallimentare esperienza di governo e a seguito dell’uccisione di Cesare, si ritirò dalla vita politica; in questo momento si diede alla stesura di opere a carattere storico, in particolare le due monografie De Catilinae coniuratione e Bellum Iugurthinum, le prime della storiografia latina, e delle Historiae, un’opera di tipo annalistico.
Grazie a queste importanti opere ottenne un’enorme fama ed è annoverato tra gli storici latini più importanti del I secolo a.C. e di tutta la latinitas.
Poche sono le notizie certe riguardo alla vita di Sallustio; godono di una certa attendibilità la sua data di nascita, le calende di ottobre (il 1º ottobre) dell’anno 86 a.C., ed il suo luogo di nascita, Amiternum, un centro sabino del Samnium occidentale. La sua famiglia, probabilmente plebea, ma di condizione agiata e legata alla nobilitas locale, si trasferì poco dopo a Roma, dove ebbe modo, come era prassi per i giovani figli della nobilitas municipale, di dedicarsi alla carriera politica.
Si adattò tuttavia ai costumi corrotti dell’Urbe, che in seguito criticò aspramente nelle sue monografie con risentimento e rimpianto per i valori antichi (le pristinae virtutes) del popolo romano. In lui però non mancavano una rigorosa tempra morale e delle serie inclinazioni verso la filosofia; in particolare fu attratto dal neopitagorismo, filosofia allora particolarmente in voga presso i ceti elevati della società romana, e venne in contatto con la scuola neopitagorica di Nigidio Figulo.
Non si possiedono però altre notizie precise di Sallustio relative a questo periodo.
Nel 54 Sallustio diede inizio al suo cursus honorum con la carica di questore; la sua carriera politica si rivelò però anomala, in quanto saltò alcune delle tappe principali del cursus honorum. È possibile ipotizzare che, essendo un homo novus, abbia trovato naturale schierarsi col partito dei populares, il cui leader era allora Giulio Cesare, nipote ed erede politico di Gaio Mario. Potrebbe anche aver avuto un rapporto particolare con Marco Licinio Crasso, di cui era forse cliente (cliens): infatti, pur non esprimendo mai un giudizio positivo nei suoi confronti, nel De Catilinae coniuratione traspare il fatto che da lui ricevette delle importanti confidenze.
Nel 52 ricoprì la carica di tribuno della plebe. Durante il suo tribunato si trovò ad affrontare la grave crisi scoppiata in seguito all’omicidio del tribuno Publio Clodio Pulcro, un popularis candidato console per quell’anno. L’assassinio si inquadra nella lunga serie di lotte, spesso con l’uso di bande armate, che coinvolgevano ottimati e popolari, e in uno di questi scontri, più precisamente sulla via Appia, Tito Annio Milone, organizzatore delle bande dei possidenti, uccise Clodio.
In un simile clima politico, reso ulteriormente incandescente anche dalle rivendicazioni di Cesare, allora impegnato a reprimere la rivolta di Vercingetorige durante la conquista della Gallia, sulla leadership della factio dei populares, Sallustio si schierò con decisione contro Milone ed i suoi sostenitori, tra cui Cicerone. Al processo per omicidio, Cicerone difese Milone, ma, non riuscendo a pronunciare la sua orazione (in seguito profondamente emendata e pubblicata come Pro Milone) per il tumulto della folla e per il timore che gli incutevano i compagni di Clodio nel foro, Milone venne condannato all’esilio.
Nel 51 Sallustio divenne senatore, rimanendo sempre un fedele sostenitore di Cesare nella lotta contro Pompeo. Nonostante l’amicizia di Cesare, nel 50 fu espulso dal senato probri causa, cioè “per indegnità morale”; pare tuttavia trattarsi di una vendetta politica messa in atto da parte dell’oligarchia senatoria, e in particolare da Appio Claudio Pulcro e Lucio Calpurnio Pisone, censori in carica quell’anno e di dichiarata fede pompeiana.
Subito dopo l’espulsione dal Senato, Sallustio raggiunse Cesare in Gallia, mentre si accingeva a completarne la conquista, e fu al suo fianco nella guerra civile del 49, durante la quale Sallustio divenne uno dei capi del partito cesariano; lo stesso anno fu riammesso in senato per intercessione di Cesare (nel 48 a.C.), mentre due anni dopo gli fu assegnata la pretura.
Durante il conflitto svolse alcuni importanti incarichi militari, in particolare una fortunata spedizione nel 46 a.C., durante le operazioni in Africa, contro l’isola di Cercina (l’attuale Chergui nell’arcipelago delle isole Kerkennah), presidiata dai pompeiani, allo scopo di derubarli delle riserve di frumento.
Nello stesso anno prese parte alla decisiva battaglia che ebbe luogo a Tapso; in tale occasione probabilmente diede buona prova di sé, dato che, dopo la sconfitta dei pompeiani, gli fu riconferita la pretura e fu nominato governatore (con il titolo di propraetor) della neonata provincia nordafricana dell’Africa Nova, originatasi dal disfacimento del regno di Numidia.
Nei diciotto mesi del suo mandato poté, secondo il malcostume del tempo, arricchirsi a dismisura, impadronendosi delle ricchezze dell’ultimo re numida, Giuba I, ed incassando tangenti sugli appalti pubblici. Il suo malgoverno gli valse, al rientro a Roma, l’accusa de repetundis.
Tornato a Roma nel 44 a.C., con i soldi accumulati durante il suo proconsolato acquistò una proprietà a Tivoli, già appartenuta a Cesare, e si fece costruire nell’Urbe una sontuosa dimora fra il Pincio e il Quirinale nota col nome di Horti Sallustiani (“Giardini sallustiani”), dal nome dei grandiosi giardini (hortus significa infatti giardino) che circondavano il suo palazzo.
Accusato nuovamente di concussione, riuscì con difficoltà a evitare la condanna, ma la sua carriera politica, compromessa da questo episodio, poteva dirsi conclusa. Fu forse lo stesso Cesare a suggerirgli, o a imporgli, il ritiro a vita privata per evitargli un’ulteriore condanna e una nuova espulsione dal Senato.
In seguito sposò Terenzia, ex moglie di Cicerone, dal quale aveva divorziato nel 46 a.C. Nell’ambito familiare, adottò anche il pronipote, la nonna del quale era sorella di Sallustio, che prese anche lui il nome di Gaio Sallustio Crispo; questi, poi, adottò un figlio, Gaio Sallustio Passieno Crispo, console nel 44.
Con la morte di Cesare, avvenuta alle idi di marzo (il 15 marzo) del 44 a.C., ebbe termine la carriera politica di Sallustio. Egli si dedicò allora all’otium privato e alla composizione delle sue opere storiche («verrà maggior vantaggio alla Repubblica dall’ozio mio che dalle attività altrui») le due monografie De Catilinae coniuratione e Bellum Iugurthinum e le Historiae, rimaste incompiute a causa della sua morte, avvenuta intorno al 35-34 a.C. (probabilmente il 13 maggio del 34), a 52 anni.
In realtà nel proemio del De Catilinae coniuratione Sallustio vuole far credere di aver sempre ritenuto la sua carriera politica come una tormentata fase transitoria prima di giungere al sospirato approdo alla storiografia.
Sta di fatto che in politica non ebbe mai ruoli di primo piano, eccetto il governatorato dell’Africa Nova; non sarebbe azzardato affermare che politicamente abbia fallito. La grande fama, che lo ha reso noto sino ai giorni nostri, gli è stata data dalle sue opere storiografiche.
Fonti
Note biografiche a cura di Pier Filippo Flores