Georges SorelGeorges Sorel nacque a Cherbourg in Normandia il 2 novembre 1847 – anno nel quale Marx ed Engels iniziarono a scrivere il loro Manifesto del partito comunista – e morì il 29 agosto 1922 a Boulogne sur Seine – nell’anno in cui Mussolini organizzò la marcia su Roma –. Sembra quasi che in questi banali tratti anagrafici e biografici sia racchiuso il suo destino di spaziare da un estremo all’altro.

La sua famiglia era una famiglia borghese, economicamente non troppo fortunata. Il padre era un piccolo commerciante e la madre era figlia di un ufficiale napoleonico. Appena terminati gli studi liceali nel 1865 si trasferì a Parigi per frequentare la École Polytechnique, che completò brillantemente in soli due anni. Entrò quindi nel corpo del genio civile e, durante la guerra franco-prussiana, lavorò in Corsica. Rientrato in Francia nel 1871 venne nominato “ingénieur des Ponts et Chaussées”. In questa veste professionale operò in varie zone, più frequentemente nella Francia meridionale, per esempio a Perpignano, ma anche in Algeria. Questo fino al 1892; infatti appena ottenuta la nomina di “ingegnere capo di prima classe” si dimise e si trasferì a Parigi.

Da qui inizia un’intensa attività di studio e di scrittura mentre era divenuto amministratore dell’École des Hautes Études Sociales. Durante il suo periodo lavorativo come ingegnere nella Francia meridionale aveva conosciuto, a Lione, una ragazza di famiglia povera, Marie David che sarà la sua compagna fino alla morte di lei nel 1897. Sin dagli anni ’80, mentre completava la sua formazione culturale e scientifica con letture varie e disparate approfondendo anche materie come storia e filosofia, aveva iniziato una collaborazione con la “Revue philosophique”. Nel 1889 pubblicò a Parigi i suoi primi due lavori in volume: Contribution à l’étude profane de la Bible e Le Procès de Socrate. Si tratta di due testi improntati a un austero conservatorismo ai limiti del reazionario. Ma una volta libero dagli impegni professionali prese a interessarsi sempre più al socialismo; fu co-fondatore della rivista “Le Divenir social” insieme a Lafargue e Deville, noto teorico del P.O.F. (Parti Ouvrier Français).

È sicuramente durante l’affaire Dreyfus che Sorel si allontanò dalle posizioni marxiane, delle quali era stato profondo conoscitore e convinto sostenitore, nella loro forma più ortodossa, ossia quella interpretata da Kautsky. Contemporaneamente quindi allo schierarsi con Jean Jaurès per la difesa della legalità democratica in opposizione al dogmatismo marxista di Jules Guesde – il quale vede nell’ambito dell’affaire Dreyfus uno scontro tra due frazioni della borghesia – vediamo Sorel avvicinarsi alle posizioni del “revisionista” Bernstein. Nella fase quindi che va all’incirca tra il 1897 e il 1900 il socialismo soreliano prende un’impronta decisamente liberale. Non è un caso forse che viene avviata una interessante corrispondenza con Benedetto Croce. Il giudizio verso il capitalismo come fenomeno economico è certamente critico ma non assolutamente negativo. L’eventuale avvento di una struttura economica socialista non potrà prescindere da quelle che Sorel valuta in questa fase conquiste storiche dell’umanità, in particolare alcuni elementi tipici del capitalismo come l’organizzazione e l’applicazione costante al lavoro. In termini operativi i partiti socialisti si dovrebbero applicare a un concreto lavoro quotidiano per giungere a poter gestire come strumento concreto le idee economiche del marxismo a favore del proletariato ma nei limiti accettabili per una democrazia parlamentare. In questo quadro Sorel vede il socialismo come sviluppabile nell’ambito di parziali e continue riforme sociali.

Contemporaneamente al suo avvicinamento a Bernstein in contrasto con Kautsky ci sono però i primi contatti con il sindacalismo rivoluzionario francese, in particolare con Fernand Pelloutier, fondatore delle Bourses du Travail. Nell’importante saggio del 1898 L’Avenir socialiste des Syndicats, che fu pubblicato su “L’Humanité nouvelle” esclude la possibilità che gli intellettuali possano accedere alla direzione delle organizzazioni operaie.

Nel 1902 abbandonò definitivamente il socialismo riformista per farsi propugnatore del sindacalismo rivoluzionario, vedendo in questo lo strumento per l’affermarsi di una autonoma cultura proletaria in opposizione al partito che è invece strumento di una cupola elitaria di intellettuali per dare la scalata allo stato. In questa fase scrisse testi importanti per la comprensione dello sviluppo del suo pensiero: La Ruine du monde antique (Paris, 1902) e, in diretta polemica con il gradualismo riformista Introduction à l’économie moderne (Paris, 1903). Del 1905 è invece il saggio Système historique de Renan.

Grazie alla collaborazione con riviste italiane, in particolare con “Il Divenire Sociale”, la rivista fondata da Enrico Leone, il più convinto sostenitore del sindacalismo rivoluzionario in Italia, la popolarità di Sorel cresce in ugual misura in Francia e in Italia. Collaborò anche con la rivista “L’Avanguardia Socialista” di Labriola e con il quindicinale “Pagine Libere” di Angelo Oliviero Olivetti. I suoi scritti più celebri – Les Réflexions sur la violence e Les Illusions du progrès – che furono pubblicati nel 1906 sulla rivista “Le Mouvement socialiste” e nel 1908 in volume, furono immediatamente tradotti in italiano nel 1909 e 1910 rispettivamente da Antonio Sarno e Agostino Lanzillo. Questi due testi, unitamente all’opuscolo La Décomposition du marxisme, rappresentano lo sviluppo del pensiero soreliano in questa fase che è certamente cruciale per la sua evoluzione. Ma nel momento che andarono alle stampe sotto forma di volume Sorel aveva ormai abbandonato la speranza che il sindacalismo rivoluzionario potesse essere l’alternativa al socialismo riformista.

Nel 1910 espresse la decisione di non occuparsi più di questi argomenti. In quell’anno scrisse infatti in italiano Confessioni. Come divenni sindacalista, pubblicato originariamente su “Il divenire sociale” e subito dopo in opuscolo. Fu poi tradotto in francese dallo stesso autore e pubblicato all’interno della raccolta di scritti Matériaux d’une théorie du Prolétariat nel 1919.

Non tardò ad avvicinarsi (ed a entusiasmarsi) per le idee e le attività di Charles Maurras e all’ambiente che si andava formando attorno all’associazione e al giornale da questi fondato “Action Français” che, sulla base di un programma monarchico, nazionalista e certamente reazionario e di estrema destra, riuscì ad attirare personaggi di spicco del mondo intellettuale e della cultura (Jacques Maritain, Georges Bernanos, Jules Lamaître, Jacques Bainville e persino Marcel Proust che non nascondeva la sua ammirazione per Maurras) e che si rese protagonista negli anni antecedenti la prima guerra mondiale di episodi di violenza. Sorel si avvicinò a questo movimento tramite Georges Valois ed Edouard Berth e si impegnò in un progetto, mai realizzato, di pubblicazione di una rivista sindacal-nazionalista che si sarebbe intitolata “La Cité Française”. Si realizzò invece la sua collaborazione alla rivista di nazionalisti Maurrasiani “L’Indépendance” nella quale figurava in primo piano lo scrittore Maurice Barrès, il quale però, contrariamente a Maurras, era repubblicano. Tuttavia Sorel si espresse pubblicamente contro la guerra e questo lo allontanò dall’ambiente nazionalista e reazionario di Maurras e di “Action Français”.

Ne conseguì un periodo di completo silenzio che verrà interrotto nel 1919 con lo scritto Plaidoyer pour Lénine (pubblicato in appendice alla quarta edizione di Réflexions sur la violence.). Le speranze che erano state riposte nel sindacalismo rivoluzionario vengono ora dirottate sulla rivoluzione bolscevica. Dalla sua residenza a Boulogne-sur-Seine – dove si era ritirato al momento della morte della sua compagna – collaborò intensamente con la stampa italiana, in particolare con “Il resto del Carlino” e “La Ronda”. I contatti con il gramsciano “Ordine Nuovo” di Torino furono improntati a una simpatia che fu certamente reciproca.

Il suo ultimo scritto fu De l’utilité du pragmatisme del 1921 ed è incentrato sul tentativo di coniugare il pensiero dei filosofi William James e Henri Bergson con l’influsso di Marx e Proudhon.

Morì a Boulogne-sur-Seine il 29 agosto 1922.

La sconcertante serie di alleanze contraddittorie e paradossali con movimenti ideologicamente opposti, trova radici e giustificazioni in quel rifiuto del «pantano democratico» che si sviluppò in Sorel durante il suo abbandono di un’idea che vedeva possibile la convivenza tra socialismo e democrazia e le soluzioni democratico-repubblicane come risposte concrete e realizzabili ai problemi economici e morali insiti nella società capitalista. Abbandono che trova la sua giustificazione negli sviluppi dell’affare Dreyfus, sfruttato dal sistema democratico per fini completamente diversi da quelli della moralizzazione sociale.

Il tentativo piuttosto patetico del fascismo di annettersi questa figura singolare ma autonoma, vigorosa e indipendente di pensatore non ha potuto scalfire la sua importanza nonostante il neonato regime potesse farsi forte dell’adesione al fascismo stesso di alcuni dei principali esponenti del sindacalismo rivoluzionario italiano.

Fonti:

  • E. Vernon, Commitment and change. Georges Sorel and the idea of revolution. University of Toronto Press, 1978.
  • L. Portis, Georges Sorel. London 1980.
  • A. Salsano, Introduzione a Le illusioni del progresso. Torino, 1993.
  • I. L. Horowitz, The Revolt against Reason. The Social Theories of Georges Sorel. London, 1961.

Note biografiche a cura di Paolo Alberti

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  • Considerazioni sulla violenza
    In questo testo risulta chiaro quale sia l’obiettivo della polemica soreliana contro i “mediocri” che hanno sempre ragione. Gli strali vengono lanciati contro gli intellettuali socialisti, «una oligarchia di professionisti dell’intelligenza e della politica».
 
autore:
Georges Sorel
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Sorel, Georges
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