Gertrude SteinGertrude Stein nacque il 3 febbraio 1874 da Daniel e Amelia Stein ad Allegheny, Pennsylvania, una città che non esiste più, essendo stata inghiottita da Pittsburgh. I nonni paterni erano arrivati in America nel 1841 dalla Germania; appartenevano a quella che divenne nota come la ‘vecchia immigrazione’, dai paesi dell’Europa centrale e settentrionale. Hannah e Michael Stein non avrebbero mai immaginato che la loro nipote un giorno avrebbe trasformato questa storia in un momento di epica lotta e conquista di una genesi americana, che sarebbero diventati i progenitori simbolici della sua visione di una nuova America: «i vecchi nel nuovo mondo, i nuovi generati dal vecchio».

Ma nel 1875, quando quella nipote non aveva ancora un anno, la sua famiglia americana salpò di nuovo verso il vecchio mondo, verso l’Europa dei loro padri, e si stabilì a Vienna, per la ragione che Daniel Stein aveva voluto che i suoi figli venissero educati secondo i migliori metodi europei. Gertrude era l’ultima di cinque figli; Michael era il maggiore e Gertrude lo considerava una roccia. Aveva poca simpatia per i due successivi: Bertha («persona non simpatica») e Simon (definito «un sempliciotto»).

Sviluppò invece un fortissimo legame con Leo. Da una conversazione dei suoi genitori apprese casualmente di una sorella nata morta e di un altro fratellino morto molto piccolo. Poiché suo padre affermava che aveva voluto solo cinque figli, Gertrude realizzò, probabilmente anni dopo, che senza la morte di quei due bambini, né lei né l’amatissimo fratello Leo sarebbero mai nati. I suoi biografi sostengono che questo episodio ebbe notevole influenza sulla formazione della sua personalità e del suo carattere determinando una profonda contraddizione tra il suo obiettivo di «essere un genio» e il timore di non poter superare la propria insignificanza.

Nel 1878, quando Gertrude aveva solo quattro anni, la famiglia si trasferì da Vienna a Parigi dove rimase per un anno. A cinque anni fece quindi ritorno negli Stati Uniti stabilendosi ad Oakland, ricco sobborgo di San Francisco, in California, dopo un breve soggiorno a Baltimora. Il padre aveva cambiato opinione in merito alle proprie teorie educative. Daniel Stein aveva già completato il suo percorso di self-made-man: i frutti delle sue attività erano ora investiti nella borsa di San Francisco, in varie proprietà e nelle ferrovie.

Durante la guerra civile aveva simpatizzato per la causa nordica, era sostenitore di una vita sana e all’aria aperta e desiderava che i figli si formassero un carattere indipendente. Nonostante fosse apparentemente progressista imponeva la sua visione patriarcale alla famiglia; poneva sempre restrizioni alla libertà di Gertrude che ne soffriva, ed era bizzarro e prepotente nei confronti della mite moglie Milly. «I padri sono deprimenti» ebbe ad osservare Gertrude molti anni dopo. Forse non a caso nella sua opera forse più famosa The making of Americans la relazione tra padri e figli è vista soprattutto sotto l’ottica del conflitto.

Fin dall’infanzia fu avviata a coltivare la propria sensibilità artistica: rimase colpita sia dalla pittura che dal teatro francese. Comprò la sua prima riproduzione di un quadro celebre, Man with a Hoe di Jean-François Millet. Gertrude identifica quel momento con l’inizio della propria educazione estetica, la prima volta che poté interiorizzare che l’arte poteva essere di più di un’emulazione della vita reale ma divenire il suo proprio mondo. Da bambina leggeva Wordsworth, Scott, Bunyan, Shakespeare, «enciclopedie dei registri del Congresso eccetera»… tutto ciò su cui poteva mettere le mani, indiscriminatamente: dalla Clarissa di Richardson al Frederick the Great di Carlyle e alla Storia d’Inghilterra di Lecky. Leo era il suo compagno di letture ma anche di escursioni all’aria aperta sulle colline californiane.

La madre Milly cominciò a stare male nel 1885 e morì di cancro nel 1888, quando Gertrude aveva quattordici anni. Tra le riflessioni di matrice evidentemente autobiografica in The Making of Americans le considerazioni sulla morte della madre sono spesso molto fredde. «La famiglia aveva già l’abitudine di fare a meno di lei» e «l’ha presto dimenticata». L’anno successivo alla morte della moglie, Daniel Stein divenne vicepresidente della Omnibus Cable Company di San Francisco, una linea di funivie, e l’attività prosperò. Le sorelle avrebbero voluto che si risposasse, ma Daniel non provò interesse per nessuna delle possibili nuove mogli.

Fino a quel momento l’istruzione di Gertrude era stata dipendente dalle volubili idee del padre. Abbandonò il college che frequentava svogliatamente da circa un anno nel 1890. L’anno successivo Leo, andando a svegliare il padre, lo trovò morto nel letto. Sinteticamente Gertrude descrive quel momento: «iniziò la nostra vita senza un padre, molto piacevole». Nella prima novella scritta da Gertrude “In the Red Deeps” emergono in maniera chiara i suoi sentimenti di frustrazione sessuale. L’influenza di George Eliot (uno dei suoi eroi letterari, l’altro era Henry James) appare evidente.

Non esistevano preoccupazioni economiche per i cinque figli di Daniel. Ognuno aveva ricevuto 60.000 dollari in proprietà, azioni o denaro. Grazie all’abilità del primogenito Michael nella gestione di questi fondi, tutti e cinque sarebbero stati finanziariamente indipendenti per il resto della loro vita; nessuno di loro dovette mai lavorare per vivere. A diciassette anni Gertrude lasciò la California e si trasferì a Baltimora a vivere con zie e zii materni. In seguito ebbe a definire questo periodo come «un’esperienza umanizzante».

Nel frattempo Leo si era iscritto ad Harvard e non molto tempo dopo Gertrude lo raggiunse a Cambridge in Massachusetts, inizialmente come visitatore e un anno dopo, nel 1893, si iscrisse come studentessa speciale – a causa della sua istruzione non regolare e occasionale – a Radcliffe, che a quel tempo era considerata una sorta di succursale di Harvard. Fu questo il punto solido di riferimento per la Stein per poter affermare di essere un genio che si era «fatto da sé»: senza genitori, senza una casa e senza una istruzione adeguata su cui basare la propria formazione successiva, fu ammessa a Radcliffe, sembra, sulla base di una semplice lettera di richiesta al Consiglio Accademico. William

Vaughn Moody, il poeta e drammaturgo fu il suo insegnante di inglese. Sono del 1894 i suoi primi tentativi di scrittura: in The Annex Girl – così venivano definite le 250 ragazze ammesse all’istituto gemello di Harvard – nel quale emergono i suoi dubbi e insoddisfazioni riguardo al sistema educativo riservato alle ragazze, Moody annotò a margine: «your vehemence runs away with your syntax». In un altro componimento afferma che «L’eterno femminile è bello ma dolorosamente illogico; irragionevole, isterico, ripetitivo testardo ma soprattutto illogico». Aveva vent’anni e diceva: «Non voglio essere classificata come donna».

Al termine di questo componimento il suo tutor annotò: «Punto di vista nobilmente remoto». In quegli anni pensiero logico e possibilità di ‘grandezza’ venivano identificati dalla Stein con la mascolinità. Descriveva cosa è secondo lei una donna per potersi allontanare da questa immagine che aveva creato. Decise a questo punto di abbandonare il corso di scrittura e la sua carriera universitaria si indirizzò verso le materie scientifiche. L’ottica scientifica le pareva peculiare della mascolinità, priva di emozioni femminili. Le sue composizioni scientifiche non le avrebbero richiesto di descrivere le proprie emozioni, ma le avrebbero permesso di sviscerare le vite emotive degli altri.

L’anno successivo, il 1895, Leo lasciò Harvard per recarsi a New York dove entrò in una cerchia di conoscenze tra cui si trovavano giornalisti, politici, giramondo e collezionisti d’arte. Si recò ad Anversa e il suo primo viaggio europeo ebbe per epicentro Parigi e il Louvre dove si perfezionò come critico d’arte. Si recò pure in Giappone per conoscere l’arte giapponese e al suo ritorno prese a convincere Gertrude a unirsi a lui al prossimo viaggio in Europa.

Gertrude nel frattempo si dedicava ai corsi – fondati sulla teoria dell’evoluzione – di George Santayana, William James e Hugo Münstenberg, interessandosi di psicologia sperimentale e di comportamenti automatici, botanica e zoologia. Non c’è dubbio che il suo successivo lavoro letterario sia stato fortemente influenzato da questo suo apprendimento scientifico. La psicologia era una scienza nuova e Gertrude la vide come lo strumento ideale per interpretare il nuovo mondo che lei cercava e nel quale non dovevano più essere applicate le leggi di quello vecchio. I primi due anni del corso di psicologia sperimentale furono per lei densi di gratificazioni e riconoscimenti da parte dei suoi insegnanti.

Al terzo anno nel 1896, per suggerimento di James, intraprese, insieme al compagno di corso Leon Salomons, una serie di esperimenti sulla ‘scrittura automatica’, considerata dai medium come una porta per comunicare col mondo degli spiriti ma vista invece dalla psicologia come strumento d’indagine per le regioni inconsce del pensiero umano. La posizione di James in proposito era abbastanza equivoca e in ogni caso aperta alla visione ‘spiritualista’ dei poteri della mente. Salomons e Stein, smentendo l’idea della «seconda coscienza dell’isterico» arrivarono, in conclusione delle loro sperimentazioni, ad affermare che l’isteria è «una malattia dell’attenzione».

Sull’argomento dei rapporti tra la Stein scrittrice e la ‘scrittura automatica’ i critici si sbizzarrirono negli anni successivi al successo letterario dell’autrice. Emblematico fu l’articolo del famoso psicologo Skinner Has Gertrude Stein a Secret? pubblicato nel 1934 su “The Atlantic Monthly” nel quale ipotizzava che Tender Buttons (che era stato pubblicato nel 1914) avesse potuto essere scritto usando le tecniche della scrittura automatica. Prendendo spunto da questo articolo più di un critico, usando linguaggio ostile e apertamente misogino, affermarono che lo stile della Stein era prova delle sue tendenze isteriche che fornivano effetti di dissociazione e testimoniavano della sua natura degenerata.

La sperimentazione linguistica della Stein era troppo precorritrice dei tempi perché potesse aver ragione dei pregiudizi moralistici di una certa parte della critica. È chiaro invece come la domanda alla quale Gertrude cercava continuamente risposta era in che maniera la scrittura fosse collegata con la coscienza. Avendo potuto coniugare la propria attività di scrittrice con le sue competenze in psicologia e neuropsicologia la Stein divenne in pratica la più importante teorica e pensatrice sulla relazione tra scrittura e attività cerebrale. Steven Meyer scrisse che tramite le sue competenze Gertrude Stein «faceva della sua stessa scrittura creativa una specie di scienza sperimentale».

La nuova e radicale prospettiva di vedere la scrittura come un artefatto, un prodotto piuttosto che un processo, fornisce l’idea delle parole sulla pagina come oggetti in sé che non devono necessariamente essere in relazione tra loro, una realizzazione della casualità del segno linguistico, uno slittamento di significato nelle parole come significanti che potrebbero portarle in nuove relazioni tra loro. Tutte cose che fanno parte del percorso intellettuale di Saussure, ma sviluppate del tutto indipendentemente da quest’ultimo. Dopo questi esperimenti del 1896, durante la pausa estiva, Getrude si unì a Leo per un viaggio in Europa che toccò l’Olanda, la Germania, Parigi e Londra, appassionandosi alle teorie dell’arte sviluppate dal fratello. Tornata a Radcliffe per l’ultimo anno portò ulteriormente avanti la sperimentazione sulla scrittura automatica, da sola questa volta; lo scopo della ricerca era di trovare correlazioni tra comportamenti automatici – non solo necessariamente collegati alla scrittura – e livelli di attenzione secondo diverse tipologie di caratteri.

I risultati di queste indagini sperimentali furono pubblicati sulla rivista all’avanguardia “The Psychological Review” con il titolo Cultivated Motor Automatism: il primo lavoro pubblicato di Gertrude Stein. Questo scritto è citato da Havelock Ellis nel suo rivoluzionario lavoro di sessuologia Studies in the Psychology of Sex. Lei stessa affermò che quel suo primo studio mostrava l’emergere dello stile che avrebbe sviluppato in Three Lives e The Making of Americans. E in effetti il metodo empirico e l’approccio analitico per la classificazione dei tipi e la visione del carattere come sistema di antagonismi sono alla base dello stile narrativo di quelle opere.

Alla fine del suo periodo a Radcliffe, Gertrude si stava preparando per l’ammissione alla Johns Hopkins Medical School, dove avrebbe ricevuto la formazione fisiologica per consentirle di continuare a lavorare nel settore della psicologia. Prima di ottenere l’ammissione alla Johns Hopkins, fu obbligata a superare un esame di latino che le stava presentando interminabili difficoltà. Tuttavia nel 1897 prese parte a un corso avanzato di embriologia presso il rinomato Woods Hole Marine Biological Laboratory, raccogliendo ctenofori e studiando la tassonomia marina. Pareva che qui fosse il suo interesse preminente, nell’osservazione e nella classificazione. La sua carriera sembrava lontanissima dalla creatività letteraria. Ci sarebbe voluto un gigantesco ripensamento per realizzare il ribaltamento che ebbe poi luogo accompagnato da una ridefinizione di ciò che credeva che la letteratura potesse essere e fare.

Significava un deliberato allontanamento da un linguaggio ‘sentimentale’, uno sfumare del ruolo dello scienziato in quello dello scrittore creativo. Anatomia, fisiologia, patologia e batteriologia, farmacologia e neurologia: queste le nuove aree di studio per Stein, il futuro medico, quando entrò alla Johns Hopkins Medical School di Baltimora, avendo finalmente superato l’esame di latino. Sarebbe rimasta lì per più di quattro anni, facendo seguire ai quattro anni trascorsi presso il miglior laboratorio di psicologia del paese un corso di laurea presso la migliore scuola di medicina del paese. Gertrude (e Leo, che era venuto a vivere con lei) si trasferirono a Baltimora, dove furono accompagnati da una governante tedesca di nome Lena che assecondava ogni capriccio di Gertrude, e che sarà inserita in due delle storie della Stein comprese in Three Lives: La dolce Lena e La buona Anna.

Alla Johns Hopkins Stein si specializzò in anatomia del cervello. Un suo lavoro fu pubblicato su The Nervous System and Its Constituent Neurons di Lewellys F. Barker nel 1899. Era in quegli anni che veniva introdotto il concetto di sinapsi. La decisione coraggiosa di intraprendere la carriera medica in un’epoca nella quale ancora si discuteva sull’idoneità di una donna per quel tipo di professione, cominciò a vacillare al terzo anno di frequenza. La pratica clinica necessaria per il corso di ostetricia e poi il presentarsi delle implicazioni pratiche relative al suo desiderio di occuparsi di malattie nervose delle donne fecero vacillare la sua determinazione. Nel 1900 Gertrude e Leo tornarono in Europa, questa volta in Italia e a Parigi, presenziando alla Grande esposizione.

Al ritorno scrisse Degeneration in American Women, dove affronta il declino della natalità in America in termini decisamente reazionari, rivolgendosi in particolare alle donne istruite che trascuravano i doveri femminili in termini di procreazione. Le donne avrebbero dovuto smettere di occuparsi della propria istruzione e dedicarsi al futuro dell’America. La femminilità doveva preoccuparsi di aumentare il tasso di natalità; ovviamente ci sarebbe sempre stato un piccolissimo numero di donne che rappresentano l’eccezione alla regola. Quelle il cui destino naturale non è di riprodursi ma di esprimere il proprio ‘genio’ che secondo lei era territorio della mascolinità. In questo periodo prese a frequentare donne del Bryn Mawr College che certamente la aiutarono a porre in luce gli aspetti della propria sessualità e la consapevolezza della propria omosessualità.

Leo stava per decidere di stabilirsi in Europa. Gertrude avrebbe dovuto seguire il suo tirocinio al Massachusetts State Hospital for the Insane, ma non lo fece e non completò il corso di laurea in medicina. Nel luglio del 1901 poté ritrovarsi con Leo in Europa viaggiando tra Spagna e Nord Africa e poi a Parigi. In autunno tornò a Baltimora mentre Leo era a Firenze dove intendeva stabilirsi ma ben deciso a convincere la sorella a stabilirsi definitivamente in Europa. Gertrude scrisse ancora un articolo sul tronco cerebrale e poi abbandonò per sempre la carriera scientifica e l’America stessa. Nello stesso periodo si innamorò di May Bookstaver, femminista, che però era già in relazione con un’altra donna, Mabel Haynes, che anche Gertrude conosceva. Questa vicenda è raccontata nel suo libro Q.E.D. il cui manoscritto rimase nel cassetto per quasi trent’anni e fu pubblicato solo nel 1950, quattro anni dopo la morte dell’autrice.

May e Mabel si erano poi entrambe sposate in omaggio a una rispettabile convenzionalità. Gertrude dovette affrontare una crisi depressiva non facile. In nessun altro dei suoi testi si sarebbe più espressa in maniera così esplicita e diretta a proposito delle proprie esperienze lesbiche. Al termine di questa sfortunata storia d’amore, Leo e Gertrude furono nuovamente in Europa e si trasferirono dall’Italia all’Inghilterra. Durante il soggiorno a Bloomsbury incontrarono Israel Zangwill. Gertrude trascorse la maggior parte del tempo alla biblioteca del British Museum leggendo narrativa inglese dal XVI secolo in poi. Inframezzato da brevi ritorni a New York nel giugno 1903 e nella primavera 1904, il suo trasferimento in Europa si completò prendendo dimora al 27 di rue de Fleurus a Parigi insieme a Leo. Non sarebbe tornata in America nei trent’anni successivi.

Il quadrilocale su due piani con annesso atelier iniziò presto a riempirsi di quadri. Leo e Gertrude si fecero rapidamente una reputazione come collezionisti americani. Iniziarono a comprare dei Cézanne, ma sempre con prudenza e oculatezza; presto sulle pareti della loro abitazione comparvero i Toulouse-Lautrec, Gauguin, Manet e Renoir, Vallotton e Bonnard, edificando in pratica il primo museo di arte moderna al mondo, grazie soprattutto alla perspicacia di Leo. Gertrude nel frattempo inizia a guardarsi attorno, e nel 1904 scrive Fernhurst che lei stessa definì una storia sulla «conoscenza approfondita della vita, dell’amore e del sesso». La vicenda prende ispirazione dal triangolo amoroso che vide coinvolti il suo conoscente newyorkese Alfred Hopper con Mamie Gwinn e Martha Carey Thomas.

Un punto di svolta nella sua vita parigina fu il salone autunnale del 1905 durante il quale conobbe i pittori che sarebbero diventati noti come ‘les Fauves’. In quell’occasione Matisse espose La Femme au Chapeau, dipinto che suscitò reazioni avverse persino violente. Quando gli Stein acquistarono il dipinto, per le dissestate finanze della famiglia Matisse fu una insperata ancora di salvezza. Contemporaneamente acquistarono il loro primo Picasso: Jeune Fille aux Fleurs. Comprarono quindi molti altri Matisse tra cui il suo Blue Nude, e una serie di dipinti dei periodi Blue e Rose di Picasso. Già nel 1906 chiunque volesse vedere il meglio e il più sensazionale dell’arte moderna era obbligato a visitare la rue de Fleurus. Il loro salotto divenne un punto di riferimento per l’avanguardia artistica di Parigi. L’amicizia tra Gertrude Stein e Picasso nacque da un grande e immediato riconoscimento di affinità. Mentre Gertrude scriveva le storie che avrebbero composto l’opera Three Lives, Picasso dipingeva il suo ritratto, oggi conservato al Metropolitan Museum of Art di New York e che i critici d’arte considerano come quadro precursore del cubismo.

Nel frattempo l’altro fratello di Gertrude, Michael, e sua moglie furono i primi, nel 1906, a presentare Matisse e Picasso negli Stati Uniti. La presenza di Picasso ai sabato sera degli Stein attirava artisti e scrittori – tra i quali i poeti Max Jacob e Guillaume Apollinaire – e Picasso stesso acquisiva notorietà e popolarità. In breve tempo tra i frequentatori si poterono annoverare Georges Braque, Juan Gris, Filippo Tommaso Marinetti, Bertrand Russell, Ford Madox Ford, Clive Bell, Duncan Grant, Roger Fry, George Moore, Alfred Maurer, Walter Pach e Maurice Sterne.

La Stein assistette in quel periodo al celebre balletto de La sagra della primavera di Igor Stravinskij, dove la coreografia di Vaslav Nijinsky suscitò un vivacissimo dibattito, e in quell’occasione incontrò Carl Van Vechten, il critico musicale del “New York Times” che sarebbe diventato un amico per tutta la vita; viveva nell’ambiente che aveva in incubazione Futurismo, Orfismo, Vorticismo, Dadaismo etc. E nel frattempo affinava la attività di scrittrice: mentre la sua vita si svolgeva ‘in francese’ lei scriveva in inglese e viveva questo fatto come una grande libertà linguistica. Scrisse in Everybody’s Autobiography: «tutta sola con il mio inglese e me stessa». La deliberata solitudine artistica sembra la caratteristica dominante che pervade The Making of Americans.

Nell’estate del 1906 Gertrude fu a Fiesole frequentando un’altra colonia di scrittori e artisti americani formatasi attorno al critico d’arte Bernard Berenson. Picasso completò la testa nel famoso ritratto senza lei presente. Gli amici notavano che il grande viso prismatico e l’enorme corpo androgino non fosse affatto somigliante; ma Gertrude affermò – in Picasso – «È l’unica riproduzione di me che sono sempre io, per me». Nella soluzione del problema del viso Picasso certamente chiarì le idee che lo avrebbero portato al passaggio al cubismo. Probabilmente incuriosito dall’omosessualità femminile Picasso prese a raffigurare coppie di donne dalla struttura ‘robusta’ che sembravano modellate sulla Stein e sul nuovo tipo di femminilità che sembrava rappresentare. Leo ebbe invece una reazione avversa al cubismo.

Gertrude Stein, in parallelo con l’approfondimento delle idee di Picasso che avrebbero portato alla nascita del cubismo, completava le tre storie che sarebbero state pubblicate come Three Lives, la storia di donne lavoratrici nere o immigrate. In quest’opera è ancora abbastanza semplice cogliere il significato nella maniera prevista da una narrazione tradizionale. Successivamente la sua sperimentazione linguistica e narrativa sarebbe divenuta sempre più radicale e coraggiosa. Ma all’epoca Three Lives fu visto comunque come una sbalorditiva rottura delle convenzioni stilistiche. L’amico Zangwill pare abbia affermato – lo raccontava divertita la stessa Gertrude – : «Ho sempre pensato che fosse una giovane donna di mentalità così sana, che colpo terribile deve essere questo per il suo povero caro fratello». La metafora pittorica che può essere riscontrata in Three Lives si intreccia con i dipinti di Cezanne che utilizzavano come soggetti persone del popolo, della classe operaia.

Ma Gertrude Stein va oltre il naturalismo di scrittori come Stephen Crane, Theodore Dreiser e lo stesso Zangwill; lei – e in questo riemerge la sua formazione culturale – sembra molto più interessata al funzionamento della mente. Il suo ‘realismo’ si concentra nel mettere in luce una vita interiore, una realtà interiore. Ci sarebbe molto da approfondire sul tema linguistico che caratterizza l’opera: le connessioni tra vecchio testamento, ebraicità, e nascita della psicanalisi, ma non è questa la sede. Fin dal 1908 Stein propose il testo a vari editori e alla fine pagò lei stessa per ottenerne la pubblicazione. Tra tutti gli autori contemporanei inglesi scelse di inviare copia del libro a questi quattro: Bennett, H.G. Wells, George Bernard Shaw e John Galsworthy (che l’anno precedente aveva pubblicato il primo romanzo di quella che sarebbe divenuta The Forsyte Saga. Le vendite del libro furono insignificanti ma ottenne un discreto successo di critica; cosa che senza dubbio la incoraggiò a proseguire nel suo sforzo di scrittrice.

Iniziò così a scrivere i taccuini che andarono poi a formare The Making of Americans e anche a formulare le sue dichiarazioni, rimaste famose, sulla «mascolinità che appartiene al genio. Forse anche a me». Il libro fu completato nel 1911 ma fu pubblicato solo nel 1925. Il testo riflette i nuovi assetti sociali dell’epoca fondandosi sul sentimento nazionalista contemporaneo. La lotta della Stein per consolidare la sua integrità artistica è basata sulla lotta della donna, dell’ebreo e del genio autodidatta, cercando di mettere in relazione la nascita di una letteratura nazionale americana con la creazione di un carattere nazionale. Radicalmente ambizioso, The Making of Americans raduna le caratteristiche di un romanzo autobiografico, una saga familiare e una versione modernista del Künstlerroman, ma è stato anche concepito come una storia e si evolve – o per alcuni critici degenera – in uno studio complesso di tratti psicologici.

Durante la stesura di The Making of Americans compì forse il passaggio più importante della sua carriera letteraria: iniziò a rendersi conto che era impossibile fare affidamento sulle percezioni sensoriali rispetto al mondo che la circondava, come fanno invece la maggior parte degli scrittori di narrativa. Avrebbe quindi tentato di svincolare completamente il suo lavoro dal tempo e dall’ambiente. «Stavo cercando di sfuggire dalla narrativa del diciannovesimo secolo all’attualità del ventesimo», disse. Le sue idee sull’individualità e l’uguaglianza hanno trovato la loro strada anche nella grammatica e nella punteggiatura. Il romanzo equipara implicitamente la rottura delle regole del linguaggio con la rottura dell’ordine sociale. Ancora una volta la sua formazione scientifica le consentiva di differenziarsi da altri narratori riuscendo a plasmare il proprio linguaggio in intima connessione con il linguaggio della scienza.

È opinione fondata dei critici che la lettura, nel 1908, di Sex and Character di Otto Weininger abbia avuto su di lei grande influenza. Può apparire strano che la violenta antipatia di Weininger verso le donne e gli ebrei e le sue invettive antifemministe e antisemite abbiano fatto tanta presa su una donna ebrea. Il fascino esercitato su Gertrude risiedeva nelle obiezioni di Weininger al sesso eterosessuale e nel suo atteggiamento liberale nei confronti delle leggi sull’omosessualità, la sua concezione del genio incompreso e la sua idea che di tutte le donne, quelle che hanno maggiori probabilità di essere capaci di un atto di originalità e creatività sono quelle con spiccate caratteristiche maschili.

I taccuini di Stein dell’epoca mostrano un’inquietante vena di misoginia. La concezione di Weininger della ‘femmina assoluta’ come debole, stupida e vanitosa, priva di immaginazione e di un genuino senso di bellezza, sembra aver stimolato ulteriormente la Stein nella ricerca di un’identità maschile. Era certamente allettante per lei anche il rifiuto di Weininger del dimorfismo sessuale e la concezione della sessualità come una scala mobile e fluttuante. Quasi precorritrice degli attuali ‘asterischi’ tanto in voga oggi, la Stein abolisce i pronomi ‘he’ e ‘she’ sostituendoli con ‘one’. I riferimenti caratterizzanti rispetto alle persone vengono sempre sfumati in maniera di consentire sempre una certa ambiguità rispetto al sesso dei suoi personaggi ai quali si riferisce con ‘some’, ‘any’, ‘kind’. Per essere un ‘genio’ la sua lotta doveva elevarsi al di sopra della propria femminilità e della propria ebraicità. La poesia The Reverie of the Zionist del 1920 contiene i versi:

“Don’t talk about race. Race is disgusting if you don’t love
your
country.
I don’t want to go to Zion.
This is an expression of Shem.”

L’incorporazione a metà romanzo della novella Fernhurst la induce a una riflessione – piuttosto insoddisfatta, quasi disperata – sulla propria stessa scrittura. Si tratta di una riflessione che la conduce a considerare quanto scrive separato da se stessa, non più appartenente con il passare del tempo. E infine a poter considerare quello che scrive separato dalla sensazione anche nel momento stesso nel quale lo scrive. Questo consente anche di procedere verso uno stile totalmente svincolato dal realismo e dal suo bagaglio romantico. Con Three lives aveva avuto un assaggio di cosa si potesse fare svincolandosi dalla verosimiglianza.

Con The Making of Americans il contratto di verosimiglianza fra autore e lettore viene superato; la trama convenzionale che consente predizione e adempimento non c’è più. La narrazione predice continuamente ma raramente adempie e fino quasi alla fine crea aspettative sul futuro della trama ma per il lettore diventa impossibile raccapezzarsi tra i troppo numerosi scenari previsti. L’abbandono dei nessi di causalità rende l’incertezza sul futuro una parte esplicita della lettura del romanzo, rafforzando l’incertezza tematica su ciò che il futuro riserva agli americani. Molti anni dopo, in un’intervista rilasciata poco prima di morire nel 1946, ebbe a dire che il narratore deve spogliarsi del tempo… se il tempo esiste, la scrittura è effimera.

Tra il 1908 e il 1912 scrisse 25 ‘ritratti’ nei quali i suoi amici e conoscenti divenivano oggetto di ‘studio’; contemporaneamente veniva a sua volta ritratta da Félix Vallotton, e scolpita da Elie Nadelman. In seguito Alvin Langdon Coburn, un importante fotografo americano, ha voluto ritrarla fotograficamente per una collezione di donne straordinarie. La sinergia che si creava tra il lavoro di una scrittrice e quello dei pittori che la circondavano era enorme. Oltre alla reciproca influenza con Picasso (della quale si potrebbe parlare a lungo) possiamo citare almeno Marsden Hartley che scrisse esplicitamente dell’influenza che la Stein esercitava su di lui, e il pittore americano Charles Demuth che si ispirò ai ‘ritratti di parole’ di Stein per creare una serie di otto ‘ritratti’ dei suoi amici, basati non su somiglianze fisiche ma su immagini alle quali il pittore li associa, e tra questi un omaggio a Stein dal titolo Love, Love, Love.

Nel 1916 Hartley dipinse Un ritratto di una donna, in cui Stein è rappresentata da una grande fiamma con aureola; diversi aloni o candele minori si raggruppano intorno al suo fuoco. Nel 1912, dopo aver superato il realismo, passò dalla ritrattistica alla ‘natura morta’ con Tender Buttons e iniziò a scrivere opere teatrali. Erano anni di intensa sperimentazione e ogni nuovo lavoro produceva nuovi metodi. Parallelamente all’abbandono di ogni convenzionalità letteraria ci fu una nuova svolta nella sua vita. Allontanandosi da Leo, già nel 1910 un’altra persona aveva preso il suo posto nella vita di Gertrude: Alice Toklas, la sua lettrice perfetta. Quando iniziò a scrivere affermò che era «per me e per gli estranei»; ora scriveva per Alice.

Gertrude Stein conobbe Alice leggendo la corrispondenza della sua dattilografa Annette Rosenshine, una giovane donna con il labbro leporino, la palatoschisi e problemi psichici connessi, che era venuta a Parigi con il fratello di Stein, Michael e sua moglie Sarah. La Stein impiegava Annette come dattilografa e domestica, ma anche come cavia per le sue teorie sul carattere. Ogni pomeriggio la ragazza si sottoponeva a domande invadenti su tutti gli aspetti della sua personalità sia per devozione che per fiducia nella capacità di Stein di curarla in qualche modo dal suo malessere, e dalle sue nevrosi. Divenne una delle sue prime discepole. Permise anche che Stein esaminasse la sua corrispondenza personale.

Le lettere dell’amica di San Francisco di Annette, Alice Toklas, suscitarono l’interesse di Gertrude. Raccontavano dei flirt di Toklas con altre donne, della sua vita bohémien a San Francisco, dei suoi interessi artistici, della sua raffinatezza e della sua certezza che venire in Europa sarebbe stata la molla per raggiungere la libertà di cui aveva bisogno. Per quasi un anno Annette mostrò le lettere di Alice a Gertrude. Appena da S. Francisco Alice venne in Europa si innamorò di Gertrude. Nell’estate del 1908 andarono in vacanza a Fiesole e il rapporto d’amore si consolidò. Vissero insieme come coniugi per 36 anni, fino alla morte di Gertrude Stein. Questa scelta di Gertrude portò al definitivo allontanamento del fratello Leo.

La capacità di ‘raccontare’ di Alice, appresa nel Bohemian Club di San Francisco, dove aveva conosciuto Jack London, e la sua volontà di essere libera abbinata a una notevole grinta interiore affascinarono Gertrude. Sulla più nota coppia omosessuale del ventesimo secolo si sono ovviamente sprecati pettegolezzi di ogni genere. Tra i tanti commenti ricordiamo almeno quello di Ernest Hemingway sul presunto alterco udito tra ‘lovey’ (Stein) e ‘pussy’ (Toklas), e il suo accenno a una contaminazione sadomasochistica tra le due nel suo libro di memorie A Moveable Feast. Di certo Alice svolgeva un ruolo estremamente ampio: da musa ad amanuense, amante, cuoca, editrice e governante. Il lavoro di ‘essere un genio’ di Gertrude necessitava che quando lei iniziava la giornata tutto il confort domestico dovesse già essere pronto. Ma anche Alice esercitava ‘potere’ su Gertrude scegliendo con chi potesse essere o no amica. Scrisse Terry Castle a proposito della loro relazione:

«Stein e Toklas hanno fatto abituare le persone a loro e allo stile di intimità umana che hanno incarnato in modo così vivido. Per mezzo secolo si sono comportate come se non fosse successo niente di strano e tutti quelli che le hanno incontrate hanno convenuto che nulla fosse» [The Literature of Lesbianism : A Historical Anthology from Ariosto to Stonewall (New York, 2003), p. 32.].

Sebbene conoscessero Natalie Clifford Barney e il suo ‘tempio dell’amicizia’, si tennero lontane dagli ambienti del lesbismo parigino, rifuggendo dal poter fornire un’immagine scandalosa della loro relazione, cosa che era invece l’obiettivo di Natalie Barney. Gertrude Stein era molto attenta a cosa offrire di se stessa tramite la sua immagine pubblica. Nella Autobiografia di Alice Toklas non vi è mai approfondimento sulla loro situazione di vita, ma tutto vi può essere visto attraverso i particolari: per vedere bisogna scegliere di guardare. Gertrude Stein trasmetteva la propria immagine anche tramite l’abbigliamento, ma senza mai indulgere alle mode lesbiche; non indossò mai pantaloni né i costumi sgargianti dei quali facevano sfoggio Radclyffe Hall o la marchesa di Belboeuf. Almeno fino a che non conobbe Pierre Balmain, sinonimo di raffinatezza francese nella moda, vestiva ‘da monaco’ con ampi abiti e gonne di velluto a coste, gilet in broccato etc. Persino i suoi cani divennero celebri… Il pittore olandese Kristian Tonny fece il ritratto del barboncino Basket. Ma al di là della loro immagine pubblica e della loro sessualità, il rapporto tra Gertrude e Alice liberò la scrittrice producendo il suo periodo più prolifico e innovativo.

Fino a quel punto il lavoro della Stein era quasi inedito, a parte Three Lives autopubblicato. Di Making of Americans (terminato nel 1911) e Tender Buttons (la celebre raccolta di poesie terminata nel 1912 e pubblicata nel 1914) abbiamo già parlato; a questi si aggiungono una miriade di opere teatrali e ritratti che sono alle origini del modernismo e postmodernismo letterario. Tra il 1909 e il 1912 scrisse A Long Gay Book, Many Many Women e Two (un ritratto di se stessa e di suo fratello) e fino a questo punto aveva per così dire rispettato grammatica e sintassi, pur se attraverso i suoi ritmi insoliti e le sue caratteristiche ripetizioni. In una intervista rilasciata anni dopo disse, riferendosi a quel periodo della sua evoluzione artistica: «Le parole hanno cominciato ad essere per la prima volta più importanti della struttura della frase». Nel ritratto Ada (1910) per la prima volta Alice entra negli scritti di Gertrude quasi contemporaneamente a A Long Gay Book (1909-10).

Andarono in vacanza in Spagna, Italia, Tangeri ed Alice divenne sempre più coinvolta nel lavoro di battitura a macchina e stesura degli scritti di Gertrude facendo un vero e proprio lavoro di ‘editing’. La pubblicazione e le reazioni a Tender Buttons diedero origine a una serie di altri lavori tra cui No, One Sentence (1914), Possessive Case (1915) e Lifting Belly (1915-1917), in cui frammenti di conversazioni domestiche mostravano che le sue opere non erano più soliloqui, ma erano indirizzate ad Alice. La critica era divisa; c’è chi la definì addirittura un ciarlatano o un pazzo [New Outbreaks of Futurism: “Tender Buttons,” Curious Experiment of Gertrude Stein in Literary Anarchy’, in The Critical Response to Gertrude Stein, ed. Kirk Curnutt (Westport, CT, 2000)].

Lei stessa ebbe a definire questo periodo della critica «una lunga campagna di scherno». Molti dei lavori già citati, e altri (Bee Time Vine, Pink Melon Joy) non furono pubblicati lei vivente. Non solo viene indagato il divario tra coscienza e scrittura, ma sono veri pezzi di erotismo. Una parte significativa dei suoi scritti sono una celebrazione dell’omosessualità; come abbiamo visto per The making of Americans, il genere risulta spesso casuale, ambiguo e interscambiabile; in Miss Furr e Miss Skeene (1911, un ritratto di due pittori americani di sua conoscenza che erano amanti delle lesbiche) scrive:

«Essere regolarmente gay significava fare ogni giorno la cosa gay che facevano ogni giorno. Essere regolarmente gay significava finire ogni giorno alla stessa ora dopo che erano stati regolarmente gay. Erano regolarmente gay. Erano gay ogni giorno. Finivano ogni giorno allo stesso modo, alla stessa ora, ed erano stati regolarmente tutti i giorni gay.»

Fino a quel momento la notorietà della Stein era ancora piuttosto limitata. Pubblicava su riviste e i lettori non erano molti. Si può dire che la sua fama internazionale coincise con il definitivo trasferimento di Leo a Firenze. Mabel Dodge, che aveva incontrato in Italia e sulla quale aveva scritto Portrait of Mabel Dodge at the Villa Curonia, fece stampare questo testo e lo distribuì all’Armory Show, una mostra d’arte moderna tenutasi a New York che suscitò ampio scandalo per un Nudo di Duchamps e per il Blue Nude di Matisse che era stato prestato proprio dagli Stein. Ne nacque una pubblicità inaspettata e i giornali, tra i quali il “Chicago Tribune”, parlò della stravaganza della ‘mistica’ Stein. L’inizio degli sbocchi editoriali avvenne nel momento meno propizio. Nel 1913 era andata a Londra (sospinta da Alice) per trovare un editore per Tender Buttons.

Come detto fu pubblicato nel 1914 e la guerra scoppiò mentre Gertrude ed Alice erano a Londra. Nel marzo del 1915 si trasferirono a Maiorca per sfuggire dal teatro bellico. Nel marzo del 1917, con auto Ford fatta spedire dagli Stati Uniti, consegnavano rifornimenti agli ospedali in sintonia con il Fondo americano per i feriti francesi. Per finanziare questo lavoro vendettero anche dei quadri – tra i quali il famoso Femme au Chapeau di Matisse. Per questa attività furono premiate nel 1922 con la Reconnaissance Française. Tornarono al 27 di rue de Fleurus solo nel 1919, ma il mondo era cambiato. Apollinaire era morto nell’epidemia del 1918; ma erano rimasti i semi del mito: l’epoca eroica del cubismo e la leggenda di Gertrude Stein.

Durante gli anni della guerra suoi scritti erano apparsi sporadicamente su “Life”, “Vanity Fair” e altre piccole riviste. Rimanevano migliaia e migliaia di pagine inedite, ma dopo la prima guerra mondiale la Stein era già una figura di culto e la sua fama si sarebbe via via rafforzata. Parigi si stava riempendo di americani in fuga dal proibizionismo e Gertrude si trovava circondata dai suoi connazionali per la prima volta da quando aveva lasciato l’America. Prese a curare molto anche l’estetica del libro stampato: carta, copertine, spesso secondo il gusto di Alice Toklas.

Oggi si direbbe che curava lei stessa il proprio ‘marketing’; la diffusione della propria immagine era ormai parte integrante del personaggio letterario. Quando pubblicò Everybody’s Autobiography usò per il frontespizio una fotografia con la didascalia «Gertrude Stein, indossa l’abito con cui ha tenuto le sue lezioni in America». Era anche attraverso la propria presenza fisica che aveva potuto cambiare il volto del ‘genio’ femminile allontanandosi sia nella persona che nei suoi scritti dalle ‘norme’ della femminilità. Wyndham Lewis sinteticamente diede di Stein una definizione rimasta memorabile: «un monumento che poggia sulla pazienza».

Nel novembre 1919 l’americana Sylvia Beach aprì la sua libreria Shakespeare and Company nella vicina rue de l’Odéon. Stein si iscrisse e Beach iniziò a presentarle giovani scrittori e artisti. La lista sarebbe lunghissima. Ricordiamo che nel 1921 conobbe Sherwood Anderson e nel 1922 Ernest Hemingway, che era giunto a Parigi nel dicembre dell’anno precedente. Quest’ultimo sarebbe presto diventato il nuovo decano del salotto di Gertrude la quale lo incoraggiò, gli diede consigli pratici e lui sottoponeva alla valutazione di Gertrude tutto il suo lavoro. Nel 1923 lei ed Alice divennero madrine del primo figlio di Hemingway. Tra gli altri visitatori americani degli anni ’20 troviamo Hart Crane e Thornton Wilder che nel 1974 ricordò che la Stein fu per lui «l’influenza più importante nella sua vita».

Negli anni ’20 il cubismo era ormai accantonato e era sorto il movimento Dada; sebbene alcuni giornali le avessero affibbiato il nomignolo di ‘mamma del Dada’ – a causa della sua frequentazione con artisti come Duchamp e Picabia, un altro che dipinse il ritratto di Gertrude – il movimento non aveva molto a che fare con la sua scrittura. Il ruolo di filtro di Alice si andava accentuando. In particolare doveva appartarsi con le mogli dei visitatori con le quali parlava di cappelli e profumi. Questo ovviamente suscitava la reazione ostile di Djuna Barnes, Natalie Clifford Barney e Sylvia Beach che giudicavano questa abitudine sciovinistica crudeltà verso le mogli.

Tra il 1918 e il 1925 finalmente i lavori della Stein iniziarono a venire pubblicati con regolarità. Nel 1922 Geography and Plays (una raccolta di alcuni dei suoi lavori sperimentali inediti) fu pubblicata con l’introduzione di Anderson. Hemingway convinse un ignaro Ford Madox Ford a iniziare la pubblicazione a puntate di The Making of Americans su “The Transatlantic Review”. Adesso suoi brevi testi apparivano con una certa regolarità in “The Little Review”, “Vanity Fair” e “Transition”. Sempre Hemingway riuscì a garantire la tanto attesa pubblicazione di The Making of Americans in volume: il suo amico Robert McAlmon lo pubblicò finalmente tramite la sua Contact Editions nel 1925. Nel 1929 scrisse una sceneggiatura cinematografica Film Deux Soeurs Qui Ne Sont Pas Soeurs – la sua prima cosa scritta in francese.

A metà anni ’20 scrisse anche il romanzo Lucy Church Amiably e si interessò alle nuove tecnologie scrivendo a proposito dei raggi X. Ovviamente i suoi atteggiamenti suscitavano anche reazioni avverse. Tra tutte vale ricordare quella di Michael Gold, che era diventato una sorta di portavoce per la ‘letteratura proletaria’: scrisse un pezzo per “The New Masses” intitolato Gertrude Stein: A Literary Idiot. Secondo Gold la sua scrittura assomigliava a le «monotone balbuzie dei paranoici nei reparti privati dei manicomi». Riprendendo le opinioni di Gold, B. L. Reid emanò il suo giudizio: «Le epoche future si raccoglieranno intorno al corpus del suo lavoro come un gruppo di studenti di medicina inorriditi attorno a una bizzarria biologica». Anche una critica di ‘destra’ la vedrebbe come simbolo di degenerazione culturale.

Nel 1924-25 Edith Sitwell la convinse, dopo essere stata a Parigi per intervistarla per conto di “Vogue”, a recarsi in Inghilterra per delle conferenze. Fu sia a Cambridge che a Oxford e intitolò la conferenza Composition as Explanation. Alle conferenze fecero seguito dibattiti abbastanza vivaci e turbolenti. Al rientro a Parigi trovò Joyce al centro dell’attenzione letteraria. Si incontrò con Joyce nel 1930, quando furono presentati da Sylvia Beach. Ma non vi fu mai un rapporto: Stein disapprovava l’Ulisse.

Nel 1926 pubblicò A Book Concluding with As a Wife Has a Cow, illustrato e impreziosito da litografie di Juan Gris. Nel 1932, all’età di 58 anni, scrisse L’Autobiografia di Alice B. Toklas diventando una celebrità perché il libro divenne un vero bestseller, creando in pratica il paradosso della scrittrice più ‘ermetica’ del XX secolo divenuta di improvviso una celebre figura mediatica. Il fatto stesso che la natura dei processi mediatici fosse in fase di rapido cambiamento e che una scrittrice così sperimentale abbia vissuto questi cambiamenti in prima persona e sia stata in grado di porli al centro della sua scrittura rende la vicenda di Gertrude Stein assolutamente unica.

Alcuni dei lavori più innovativi della Stein nella sua lunga vita di scrittrice si muovono nell’ambito autobiografico, e anche le sue poesie, finzioni e drammi più sperimentali avevano spesso elementi autobiografici. Ma dagli anni ’30 scrisse quelle che furono ufficialmente annunciate come opere autobiografiche. Non solo The Autobiography of Alice B. Toklas, ma Everybody’s Autobiography, Paris France e Wars I Have Seen sono stati tutti esperimenti nell’arte dell’autobiografia e della memoria.

Le sue memorie di guerra sono di nuovo diverse dal resto del suo lavoro: un altro nuovo filone del suo stile proteiforme, anche se a quel tempo aveva settant’anni. E gli anni ’30 coincidono anche con un importante appoggio della critica: “The Dial” aveva pubblicato la recensione di Marianne Moore di The Making of Americans, e nel 1930 William Carlos Williams scrisse The Work of Gertrude Stein, pubblicata su “Pagany”. Il passo più importante avvenne nel 1931 con Axel’s Castle di Edmund Wilson, una svolta proprio perché un critico famoso la prese sul serio menzionandola insieme a Joyce, Proust ed Eliot.

Nel 1934 fu prodotta per il teatro Four Saints in Three Acts, opera per la quale il compositore Virgil Thomson, avrebbe scritto la colonna sonora. Il successo e la celebrità erano ormai imminenti. Gertrude e Alice si comportarono come imprenditori: vendettero dei quadri (per primo vendettero Girl with a Fan di Picasso) per iniziare la loro edizione dei lavori di Stein che prese il via con Lucy Church Amiably. Il successo di Four Saints in Three Acts – ad applaudire c’era persino Toscanini – la indusse a tornare in America. Arrivò a New York, insieme ad Alice, il 24 ottobre 1934, attesa da una folla di giornalisti e fotografi.

Era richiesta da ogni parte, cinegiornali, feste – a quella organizzata da Van Vechten suonò George Gershwin – la sua presenza era richiesta alla radio, sui giornali; fece giri di conferenze per tutti gli Stati Uniti e sempre con grande successo di pubblico e sempre con la silenziosa orchestrazione di Alice. Venne ricevuta alla Casa Bianca da Franklin ed Eleanor Roosvelt. Si recò ad Hollywood organizzando una cena dove scelse lei stessa gli invitati, tra i quali Charlie Chaplin, Dashiell Hammett e Lillian Hellman. A Hammett confidò di leggere un romanzo poliziesco al giorno. Durante la sua permanenza negli Stati Uniti si interessò vivamente ai linguaggi pubblicitari. Il ciclo di conferenze che tenne venne poi pubblicato col titolo Lectures in America.

Tornarono in Francia nel maggio del 1935. La storia del suo trionfale ritorno negli Stati Uniti viene raccontata nella seconda delle sue autobiografie, Everybody’s Autobiography. È nello stesso tempo una risposta e un seguito all’Autobiografia di Alice B. Toklas. Può certamente essere vista come un’acrobazia commerciale; ma si tratta invece di un’opera che tratta della fama dal punto di vista della scrittrice, che ha acquisito una celebrità che continua ad essere estranea al lavoro di tutta una vita, alla sua scrittura ‘seria’.

Nel 1937 si recò a Londra rinnovando anche qui il successo americano. Assistette a A Wedding Bouquet, un balletto basato su una delle sue commedie. Questo le rafforzò la sensazione spiacevole dello iato tra la sua immagine pubblica e il suo lavoro. Forse per questo la sua scrittura divenne densa di difese per il proprio stile e per se stessa. Tornata a Parigi si dedicò ancora a temi patriottici: What America Means to Me, The Geographical History of America e Four in America. Identità e reputazione sono i temi di questi testi. In Four in America immagina quello che sarebbe successo se George Washington fosse stato un romanziere, Henry James un generale, Wilbur Wright un pittore e Ulysses S. Grant un leader religioso.

Durante la sua visita nel 1937 a Londra, era rimasta sorpresa dalla notorietà che circondava Wallis Simpson. Quando Stein aveva vissuto a Baltimora al 215 di East Biddle Street quarant’anni prima, Wallis Warfield, in seguito Simpson, viveva di fronte, al numero 212. Gertrude fu colpita dalla coincidenza della fama che ciascuna di loro aveva raggiunto di recente, pur tra le enormi differenze; Stein decise scrivere un romanzo sull’argomento della sua ex vicina: Ida, un romanzo che sarebbe stato pubblicato nel 1940. Si trattava di identità e aveva un personaggio centrale, Ida, oziosa e principalmente interessata allo shopping.

Era un libro buffo e aveva i suoi risvolti di umorismo nero. Ne inviò una copia alla signora Simpson, che la ringraziò dicendo che sperava un giorno di poterlo capire. Dopo aver avuto una sorta di ‘blocco’ nella scrittura che l’aveva colpita durante e subito dopo il viaggio negli Stati Uniti, dal 1936 al 1940 divenne prolifica come forse non era mai stata. Scrisse diversi racconti per bambini tra i quali The World is Round. Nel 1938 scrisse un altro libretto, Doctor Faust Lights the Lights (pubblicato per la prima volta nel 1951), la sua versione enigmatica della leggenda del Faust. La seria minaccia di una guerra imminente sembrava la conducesse verso uno stoicismo pessimista.

Nel 1938 fu costretta a lasciare rue de Fleurus, poiché il proprietario aveva bisogno dell’appartamento per suo figlio. Stein e Toklas si trasferirono in rue Christine, il loro nuovo appartamento era nell’edificio dove un tempo aveva vissuto la regina Cristina di Svezia e di cui aveva scritto il loro vecchio amico Apollinaire in Lundi, rue Christine. Mentre Stein e Toklas cambiavano casa, altri fuggivano da Parigi e dalla Francia. Nel dicembre 1939 i suoi amici americani la esortarono a tornare negli Stati Uniti, dove ora era famosa, e aveva molti amici, ma lei decise di restare. Insieme ad Alice si recò nella loro casa di campagna a Bilignin, nel sud-est della Francia, portando con loro il Ritratto di Gertrude Stein di Picasso. Molte delle loro cose erano già state inviate a Yale perché fossero preservate e custodite. Non sarebbero tornate a Parigi fino al dicembre 1944.

Quando iniziò la seconda guerra mondiale, la Stein aveva circa sessant’anni. Stein e Toklas, entrambe ebree, sotto l’occupazione tedesca vissero nella Francia rurale, dove Stein continuò a scrivere e produsse diversi libri sulla guerra. I soldati tedeschi furono persino alloggiati nella loro casa durante l’agosto e il settembre 1943, e poi nuovamente nel luglio 1944. La coppia si tenne alla larga e delegò ai domestici di provvedere ai bisogni dei soldati. La loro era una situazione precaria. A cosa dovettero la loro miracolosa sopravvivenza è abbastanza difficile da comprendere. Il console americano a Lione aveva ripetutamente detto loro di andarsene finché potevano. Ai primi di giugno del 1940 sembra avessero fatti i bagagli e fossero pronte per partire; ma poi decisero di non andarsene.

La Stein lo spiegò con il suo solito buon umore: «Sarebbe terribilmente scomodo e sono pignola riguardo al cibo». Raccontò gli avvenimenti in Wars I Have Seen, mettendo in primo piano la solidarietà del vicinato; gli abitanti del villaggio avevano promesso che si sarebbero presi cura di loro, ‘en famille’, in maniera che si potessero sentire tranquille a stare dov’erano, piuttosto che andare a vivere altrove, anche quando Parigi cadde in mano ai tedeschi. La regione in cui vivevano divenne parte del governo di Vichy e all’inizio le truppe tedesche furono allontanate dalla zona. In The Winner Loses (agosto 1940) Stein esprime la speranza che, rimanendo dov’erano, sarebbero state «tremendamente occupate con le faccende della vita quotidiana, e questo sarà sufficiente».

Stein si diede alla lettura dei classici e di libri di predizioni astrologiche e profezie. La scarsità delle provviste le costringeva ad ingegnarsi per la sopravvivenza alimentare: dalla pesca dei gamberi con un ombrello al ricorso al mercato nero; Gertrude usciva a cercare cibo, camminando per miglia ogni giorno per qualche uovo, un po’ di latte. Se da un lato la notorietà di Gertrude fu molto utile, dall’altro impediva loro certamente di passare inosservate. Nel 1943, esauriti i soldi, si recarono in Svizzera per vendere il Ritratto di Madame Cézanne di Cézanne e il viaggio di ritorno in Francia fu irto di pericoli; dopo di che Stein commentò: «Stiamo mangiando il Cézanne». Anche in quei momenti prevaleva il suo istinto che era quello di trasformare tutto in aneddoto, anche se lugubre. I suoi amici si domandavano perché fossero tornate. Quando gli Stati Uniti entrarono in guerra, il pericolo veniva sia dal fatto di essere ebree che americane.

Il proprietario della casa di Bilignin voleva che si trasferissero, ma Gertrude fece resistenza, intentando persino causa al padrone di casa e attirando in questo modo ancor più l’attenzione su di sé. Il suo avvocato la informò che gli era stato detto direttamente da un funzionario di Vichy che Stein e Toklas dovevano andarsene subito, altrimenti sarebbero state trasferite in un campo di concentramento. Sembrava convinta ma ancora una volta cambiò idea all’ultimo momento. Questa volta dichiarò: «è meglio andare regolarmente ovunque siamo inviati piuttosto che andare irregolarmente dove nessuno può aiutarci se siamo nei guai». In seguito disse che era stata rassicurata dal sindaco, e quando i tedeschi radunarono gli stranieri ‘nemici’ loro non figuravano nel registro degli ebrei residenti a Culoz dove nel frattempo si erano trasferite nel febbraio del 1943. Certamente in quella fase avere amici e conoscenti nei posti giusti le fu molto utile.

È ovvio che la storia della protezione degli abitanti del villaggio di buon cuore era suggestiva, ma era solo una parte della verità, e le ragioni della sopravvivenza di Gertrude e Alice non sono tuttora del tutto chiare. Francis Rose, un protetto di Jean Cocteau, uno dei pittori non di primo piano che furono favoriti e incoraggiati da Stein prima della guerra (si diceva che avesse acquistato 400 delle sue opere) e che alla fine avrebbe progettato la sua lapide, era anche in confidenza ed amicizia con diverse personalità di rilievo del nazismo. Lui stesso affermò di aver chiesto a Goering di garantire la sicurezza di Stein e Toklas. Ancora più controverso è il rapporto della Stein con il suo amico Bernard Faÿ, che era stato il traduttore in francese di The Making of Americans, Melanctha e The Autobiography. Faÿ ricevette dal governo di Vichy l’incarico di direzione della Bibliothèque Nationale, ed è probabile che la sua influenza con gli alti funzionari di Vichy abbia tenuto al sicuro Gertrude e Alice evitando che i loro nomi comparissero negli elenchi dei residenti ebrei.

Naturalmente gli erano grate. Sembra però che non fossero a conoscenza del lato peggiore delle sue attività collaborazioniste in tempo di guerra. Nel 1944 Faÿ fu arrestato per collaborazione e al processo nel 1946 fu condannato ai lavori forzati a vita, poi ridotti a vent’anni. Gertrude scrisse una lunga testimonianza a suo favore, gli scrisse in prigione e gli mandò regali. Dopo la morte di Stein, Alice Toklas si dedicò alla campagna per il suo rilascio. Janet Malcolm ha poi approfondito maggiormente il coinvolgimento di Bernard Faÿ nell’attività collaborazionista. Scrive, sulla base delle prove del processo, che egli «era responsabile di molte morti» e che «540 massoni furono uccisi o morirono nei campi» come risultato della sua collaborazione. Non dice però se Stein o Toklas ne sapessero nulla. Tuttavia il profondo legame di affetto di Stein per Faÿ, rimasto inalterato dal suo arresto nel dopoguerra, solleva parecchi interrogativi. Il fatto che proprio lui possa averle salvato la vita rende la questione più complessa.

Resta però il fatto che Gertrude Stein era compiaciuta dall’armistizio siglato dal maresciallo Pétain – le era parso che la zona dove viveva stesse meglio ‘libera’ piuttosto che sotto occupazione tedesca. E certamente il fatto di aver tradotto i discorsi di Pétain in inglese nel 1941-42 e scrivendo per questi un’introduzione decisamente favorevole contribuì a far sorgere su di lei più di un’ombra di sospetto. Bernard Faÿ incontrava ogni mese Pétain a Vichy e spesso si recava a visitare Stein e Toklas dopo quegli incontri. Probabilmente fu lui a suggerire a Gertrude di occuparsi di quelle traduzioni. Un misto di ignoranza politica e gratitudine personale la indusse a cantare le lodi di Pétain. Proseguì con le traduzioni anche dopo che era diventata di dominio pubblico la vicenda della deportazione degli ebrei. Il suo editore americano definì la traduzione un documento disgustoso.

Le accuse di collaborazionismo diretto – portate per esempio da Maria Jolas – sembrano invece del tutto infondate. In realtà, nonostante alcuni abbiano potuto attendersi da Stein – a causa del suo lesbismo e legame con le avanguardie artistiche – posizioni progressiste, lei è sempre stata reazionaria: criticò il New Deal di Roosevelt, aveva simpatia per Franco durante la guerra civile spagnola, e con Pétain fu ancora più esplicita. I critici sembrano stentare a credere che potesse trovare ragionevoli soluzioni di ‘destra’ ai problemi economici e politici della sua epoca.

Questo perché ancora oggi risulta difficile comprendere che possono esistere persone svincolate da un sistema di credenze unificanti e totalizzanti e certamente Gertrude non poteva essere rinchiusa in alcuna di queste. I critici sono rimasti delusi da lei per la sua incapacità di essere all’altezza dei significati di cui loro stessi l’avevano caricata. Io credo che la spiegazione più semplice è che durante la guerra Gertrude e Alice, due donne americane, ebree, sulla sessantina fossero semplicemente molto spaventate. Non tutti sono eroi. Forse ha detto bene la biografa Janet Hobhouse quando ha affermato che hanno deciso di rimanere sulla ‘puerilità’ piuttosto che sul ‘coraggio’. D’altra parte era risaputo che la Stein non si identificava troppo con la sua eredità ebraica.

Durante l’occupazione Stein continuò a scrivere, e suoi testi comparvero sulla rivista “Confluences”, fino a quando nel maggio 1943 il suo nome apparve in una lista nazista di autori vietati. In Yes is For a Very Young Man qualcuno ha voluto ravvisare addirittura la prova di un suo coinvolgimento nella resistenza. Certamente la guerra tendeva a ricondurla alle sue radici democratiche; c’è la possibilità che in quegli anni abbia fornito informazioni alla resistenza, ma non c’è nessuna prova. Tra il 1940 e il 1942 scrisse Mrs. Reynold, una strana allegoria su Stalin e Hitler; nell’epilogo troviamo scritto: «Non c’è niente di storico in questo libro tranne lo stato d’animo»; la storia stessa diventa uno stato d’animo. Quest’opera sembra confermare come combattesse internamente con l’orrore, continuando ad affrontare il mondo con serenità.

Tra i suoi scritti di guerra quello che ebbe maggiore successo è stato Wars I Have Seen; fu scritto come una sorta di diario, tra l’inizio del 1943 e l’agosto 1944, quando arrivarono le truppe americane. È la sua cronaca dell’ultima fase della guerra. L’ultima parte del libro parla della liberazione in maniera quasi euforica. Fu pubblicato nel 1945 con grande successo sia di critica che di pubblico. Nell’agosto del 1944 la gestapo aveva fatto irruzione nel suo appartamento parigino di rue Christine, minacciando di bruciare i dipinti di Picasso. Nel giugno 1945 a guerra finita si recò nella Germania occupata con l’appoggio della rivista “Life”, portando cibo e solidarizzando con i soldati americani. A quel punto la sua preoccupazione di 71enne scrittrice ancora in ottima forma era di fornire ancora una volta immagini di se stessa serenamente trionfanti.

Brewsie e Willie fu il suo penultimo scritto. Con la sua esperienza insieme alle truppe americane ricrea dialoghi tra soldati americani e infermiere. Si rivolge nuovamente all’America e fa riemergere il proprio individualismo. «Come puoi fare il pioniere quando non ci sono più terre selvagge» chiede Brewsie. L’infermiera risponde: «Devi abbattere ciò che è stato costruito, questo è pionieristico.» Nel finale diventa anche insolitamente patriottica, ma la caratterizzazione del libro sta nel fatto che «Non c’è nessuna risposta … questa è la risposta.» Per una persona che da ragazza si era autodefinita una veterana della guerra civile e si ritrova a concludere la propria esistenza nell’era della bomba atomica mi pare una conclusione del tutto naturale. La cosa forse più strana è che la guerra aveva anche trasformato la Stein in una femminista.

Scrisse nel 1946 il libretto commissionato ancora una volta dal musicista Virgil Thomas, The Mother of Us All sulla vita di Susan B. Anthony, sostenitrice dei diritti delle donne nel diciannovesimo secolo e attivista per il suffragio femminile. Era un argomento peculiare per Stein, che non si era mai identificata con modelli di ruolo femminili, e non si era mai allineata a nessuna ideologia femminista. Fu rappresentato per la prima volta nel 1947. Il finale, con la voce di Susan B. Anthony che risuona da dietro una sua statua commemorativa dicendo «la mia lunga vita, la mia lunga vita», appare come uno smorzato memoriale per la Stein stessa. Quando scriveva questo testo, l’ultimo suo scritto integrale, sapeva di essere malata. Quello che si pensava inizialmente fosse un’infezione intestinale si era rivelato un cancro. Fece ancora in tempo a scrivere la sua Reflection on the Atomic Bomb. Morì il 27 luglio 1946, all’età di 72 anni, mentre veniva operata per il cancro. È stata sepolta nel cimitero di Père Lachaise. Alice alla fine la raggiunse lì, vent’anni dopo.

Bibliografia parziale:

  • Three Lives (New York, 1909)
  • Tender Buttons (New York, 1914)
  • Geography and Plays (Boston, 1922)
  • The Making of Americans (Paris, 1925)
  • Composition as Explanation (London, 1926)
  • Useful Knowledge (New York, 1928)
  • Lucy Church Amiably (Paris, 1930)
  • Before the Flowers of Friendship Faded (Paris, 1931)
  • How to Write (Paris, 1931)
  • Operas and Plays (Paris, 1932)
  • Matisse Picasso and Gertrude Stein with Two Shorter Stories (Paris, 1933)
  • The Autobiography of Alice B. Toklas (New York, 1933)
  • Four Saints in Three Acts (New York, 1934)
  • Portraits and Prayers (New York, 1934)
  • Lectures in America (New York, 1935)
  • Narration (Chicago, IL, 1935)
  • The Geographical History of America (New York, 1936)
  • Everybody’s Autobiography (New York, 1937)
  • Picasso (London, 1938)
  • The World Is Round (New York, 1939)
  • Paris France (London, 1938)
  • What Are Masterpieces (Los Angeles, CA, 1940)
  • Ida a Novel (New York, 1941)
  • Wars I Have Seen (New York, 1945)
  • Brewsie and Willie (New York, 1946)
  • Selected Writings of Gertrude Stein, edited with an introduction and notes by Carl Van Vechten (New York, 1946)
  • In Savoy or Yes Is for a Very Young Man (London, 1946)
  • Four in America (New Haven, CT, 1947)
  • Blood on the Dining Room Floor (Pawlet, VT, 1948)
  • Last Operas and Plays (New York, 1949)
  • Two (Gertrude Stein and Her Brother) and Other Early Portraits (1908-1912), vol. I of Yale Edition of the Unpublished Writings of Gertrude Stein (New Haven, CT, 1951)
  • Mrs Reynolds and Five Earlier Novelettes (1931-1942), vol. II of Yale Edition of the Unpublished Writings of Gertrude Stein (New Haven, CT, 1952)
  • Bee Time Vine and Other Pieces (1913-1927), vol. III of Yale Edition of the Unpublished Writings of Gertrude Stein (New Haven, CT, 1953)
  • As Fine as Melanctha (1914-1930), vol. IV of Yale Edition of the Unpublished Writings of Gertrude Stein (New Haven, CT, 1954)
  • Painted Lace and Other Pieces (1914-1937), vol. V of Yale Edition of the Unpublished Writings of Gertrude Stein (New Haven, CT, 1955)
  • Stanzas in Meditation and Other Poems (1929-1933), vol. VI of Yale Edition of the Unpublished Writings of Gertrude Stein (New Haven, CT, 1956)
  • Alphabets and Birthdays, vol. VII of Yale Edition of the Unpublished Writings of Gertrude Stein (New Haven, CT, 1957)
  • A Novel of Thank You, vol. VIII of Yale Edition of the Unpublished Writings of Gertrude Stein (New Haven, CT, 1958)
  • Fernhurst, QED, and Other Early Writings by Gertrude Stein, ed. Leon Katz (New York, 1971)
  • Look At Me Now and Here I Am: Writings and Lectures 1909-45, ed. Patricia Meyerowitz (New York, 1971)
  • A Primer for the Gradual Understanding of Gertrude Stein, ed. Robert Bartlett Haas (Los Angeles, CA, 1971)
  • Reflections on the Atomic Bomb, vol. I of the Previously Uncollected Writings of Gertrude Stein (Los Angeles, CA, 1973)
  • How Writing Is Written, vol. II of the Previously Uncollected Writings of Gertrude Stein, ed. Robert Bartlett Haas (Los Angeles, CA, 1974)
  • A Stein Reader, ed. Ulla E. Dydo (Evanston, IL, 1993)

Fonti:

  • Miller, Rosalind, Gertrude Stein: Form and Intelligibility. New York, 1949.
  • Stein, Getrude. Two: Gertrude Stein and Her Brother, and Other Early Portraits. New Haven, CT, 1951.
  • Hoffman, Frederick J. Gertrude Stein (Pamphlets on American Writers) Univ. Of Minnesota Press 1961.
  • Chessman, Harriet Scott, The Public Is Invited to Dance: Representation, the Body, and Dialogue in Gertrude Stein. Stanford, CA, 1989.
  • Stein, Getrude. Brewsie and Willie. Brilliance Books Ltd 1991.
  • Simon, Linda. The Biography of Alice B. Toklas London, 1991.
  • Caramello, Charles. Henry James, Gertrude Stein, and the Biographical Act. University of North Carolina Press 1996.
  • Curnutt, Kirk, The Critical Response to Gertrude Stein. Westport, CT, 2000.
  • Rabin, Jessica. Surviving the Crossing (Im)migration, Ethnicity, and Gender in Willa Cather, Gertrude Stein, and Nella Larsen. New York & London 2004.
  • Mix, Deborah M. A Vocabulary of Thinking. Gertrude Stein and Contemporary North American Women’s Innovative Writing. University Of Iowa Press 2007.
  • Daniel, Lucy. Gertrude Stein (Reaktion Books – Critical Lives) Reaktion Books 2009.
  • Will, Barbara. Unlikely Collaboration: Gertrude Stein, Bernard Fay, and the Vichy Dilemma. Columbia Univ Pr. 2013

Note biografiche a cura di Paolo Alberti

Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)

  • Autobiografia di Alice Toklas
    È certamente il testo di maggior successo di Gertrude Stein, accolto favorevolmente sia dalla critica che dal pubblico e credo si possa definire la fonte forse più significativa per la conoscenza della vita culturale di Parigi nei primi trent’anni dello scorso secolo.
  • Tre esistenze
    Three Lives è una raccolta di tre lunghi racconti che attraversano il vissuto di tre donne. La particolarità e il valore di quest’opera sono racchiusi nell’aver saputo rappresentare situazioni complesse e intersecate con un linguaggio semplice, e un frasario colloquiale che richiama i momenti della vita quotidiana.
 
autore:
Gertrude Stein
ordinamento:
Stein, Gertrude
elenco:
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