James StephensDi James Stephens sono noti gli eventi della sua vita professionale e di scrittore, mentre sulla sua vita personale, in particolare su infanzia e adolescenza, è stato più difficile rintracciare punti fermi.
Nacque a Dublino. Quanto alla data di nascita, inizialmente i critici che si occuparono della sua vita e delle sue opere accettarono quanto lui stesso dichiarò sempre, cioè di essere nato il 2 febbraio 1882.

E questo fin da prima di conoscere James Joyce, e prima quindi che si diffondesse la notizia aneddotica della completa identità della nata di nascita, perfino come orario, tra Joyce e Stephens stesso. Nel 1965 Hilary Pyle si sentì di confermare, in base alle sue ricerche, ciò che Oliver St. John Gogarty aveva suggerito per la prima volta nel Dictionary of National Biography, cioè che Stephens era il bambino nato il 9 febbraio 1880 da Francis Stephens, un carrettiere, e da sua moglie Charlotte Collins.

La questione rimane tuttavia incerta, poiché Cynthia, la moglie di Stephens, affermò che questa data era solo un’ipotesi, non un fatto. Richard Finneran riassunse poi che vi sono tre possibilità riguardo alla data di nascita di Stephens: 1) che Stephens sia nato – molto probabilmente illegittimo – in data e luogo sconosciuti; 2) che la data del 9 febbraio 1880 è corretta; 2) che sia invece corretta la data del 2 febbraio 1882. Finneran conclude che non ci sono prove sufficienti per fare “una scelta sicura” tra le tre alternative.

Questo è certamente vero, anche se è pure vero che esiste almeno un’altra possibilità: che Stephens conoscesse la data di nascita corretta ma desiderava non farla conoscere perché sua madre si era risposata e lui, nato prima di questo matrimonio, si sentiva un fardello indesiderato. Se questo fosse vero, avrebbe però potuto cambiare il suo nome per cancellare ogni legame con la sua famiglia.

L’unico fatto noto è che Stephens disse sempre a sua moglie e ai suoi figli che il suo compleanno era il 2 febbraio, e questo molto prima della sua amicizia con Joyce, e parlò anche con i familiari dell’esistenza di un patrigno con il quale non andava d’accordo.

Un’altra nebulosa leggenda è quella secondo cui Stephens sia cresciuto senza istruzione nei bassifondi; leggenda che è stata messa in dubbio e probabilmente dimostrata sbagliata. Secondo Hilary Pyle, all’età di sei anni fu iscritto alla Meath Protestant Industrial School for Boys, una casa per bambini indigenti o senzatetto, e per dieci anni visse nella scuola frequentando le lezioni.

Terminato questo periodo finiscono le incertezze: dal 1896 Stephens prestò servizio come giovane impiegato-dattilografo nell’ufficio di un avvocato di nome Wallace; professione che mantenne per i successivi sedici anni, in diversi uffici di avvocati, tra cui quelli di Reddington e Sainsbury e dei signori Mecredy.

Durante il periodo dal 1896 al 1912, fu anche impegnato in una serie di attività al di fuori del suo impiego. Per esempio attività sportive: era membro del Dawson Street Gymnastic Club e nel 1901 vinse l’Irish Shield.

I suoi esordi come scrittore avvennero dalle pagine dei giornali di Arthur Griffith, che conobbe personalmente nel 1907; poesie, saggi e racconti, oltre ottanta in tutto, di Stephens comparvero su «Sinn Fein» e sul «Sinn Fein Daily», i giornali appunto che Griffith pubblicava.

Nel 1907 Stephens incontrò George Russell (noto come scrittore con lo pseudonimo A.E.) che divenne presto suo amico e mentore. I dettagli di questo incontro sono stati registrati da George Moore nel suo libro Vale:

«E ogni giovedì sera le colonne dello Sinn Fein venivano attentamente esaminate, e ogni parola veniva considerata e ogni accento annotato; ma i giorni e le settimane trascorrevano senza un nuovo “pigolio, dolce, dolce”, fino al giorno in cui James Stephens cominciò a trillare; e riconoscendo subito uno strano cantautore, AE si mise il cappello e se ne andò con la sua gabbia, scoprendolo nello studio di un avvocato. Una grande testa e due morbidi occhi marroni lo guardarono da sopra una macchina da scrivere, e una voce sveglia e intelligente gli chiese chi voleva vedere. AE disse che stava cercando James Stephens, un poeta, e il dattilografo ha risposto: “Sono io”.»

Sotto la guida di Russell studiò letteratura, teosofia ed entrò così nell’ambiente letterario dublinese.
Influenzato senza dubbio da Griffith frequentò i corsi della Lega gaelica e gli incontri politici dello Sinn Fein. Già nel 1905, Stephens tenne tre conferenze nella sede della lega gaelica: la prima riguardava Oliver Cromwell, Carlo II, Giacomo II e la battaglia del Boyne; un’altra fu incentrata su Douglas Hyde, “il più grande uomo d’Irlanda oggi”; e la terza sul ritorno alla lingua e ai costumi irlandesi.

Era anche impegnato nell’attività dello Sinn Fein Club, che Griffith definiva il “luogo che fornisce l’esempio di corretto comportamento irlandese”.

Nel 1907 Stephens viveva come inquilino nella casa di Millicent Gardiner Kavanagh e di suo marito, portinaio e impiegato al Tivoli Theatre, un music hall di Dublino. Quando i Kavanagh si separarono poco dopo la nascita della loro bambina, Iris, il 14 giugno di quell’anno, la signora Kavanagh trovò alloggio altrove e subito dopo Stephens la seguì. Sebbene non potessero sposarsi, Stephens informò i suoi amici che Millicent (che chiamava “Cynthia”) era sua moglie, e assunse il ruolo di padre della figlia di Cynthia dalla quale ebbe nel 1909 il figlio, James Naoise.

Durante questo periodo fu pubblicato il suo primo libro, Insurrections (1909) e la sua commedia The Marriage of Julia Elizabeth fu rappresentata nel 1911 dal Theatre of Ireland, una compagnia con cui recitava occasionalmente. Tra 1908 e il 1911 scrisse numerose poesie e il suo primo romanzo che fu stampato a puntate sull’«Irish Review», una nuova rivista che Stephens contribuì a fondare ed editare.

Quando i suoi primi due romanzi, The Charwoman’s Daughter e The Crock of Gold, e il suo secondo libro di poesie, The Hill of Vision, furono pubblicati – nel 1912 – il loro successo e i conseguenti guadagni lo convinsero a rinunciare alla sua carriera da impiegato per cercare di consolidare la propria carriera di scrittore. Decise quindi di trasferirsi a Parigi con la famiglia e realizzò questo progetto nel maggio 1913.

Nel novembre dello stesso anno gli fu conferito il Premio Polignac per The Crock of Gold. Nel discorso che W. B. Yeats pronunciò in quell’occasione alla Royal Society of Literature definì Stephens scrittore molto promettente e il romanzo come “una prova che Dublino aveva iniziato a vivere con una vita più profonda”.

Con l’eccezione di un breve viaggio a Dublino nella tarda estate del 1914, Stephens e la sua famiglia rimasero a Parigi fino all’agosto del 1915. Durante il suo primo anno a Parigi, completò e pubblicò Five New Poems e Here Are Ladies, una raccolta di racconti. Il suo terzo romanzo, The Demi-Gods, scritto in un caffè di Montparnasse, Closerie des Lilas, fu pubblicato nel 1914. Un aneddoto a proposito di questo romanzo racconta che Stephens perse il suo manoscritto mentre si trovava nel suddetto caffè. Il cameriere che lo ritrovò rifiutò di accettare qualunque ricompensa poiché anche lui era uno scrittore. The Demi-Gods fu seguito nel 1915 da due volumi di poesie, Songs From the Clay e The Adventures of Seumas Beg.

Nonostante questi successi, e nonostante il loro amore per Parigi – Stephens mantenne un appartamento in città per tutta la vita – Cynthia e lui non si trovarono ottimamente, soprattutto a causa della guerra che li deprimeva e prosciugava le loro energie. Stephens scoprì che era impossibile per lui scrivere in quella città che definì “triste” e “noiosa”. Lasciarono quindi Parigi nel 1915. Ma il successo finanziario dei suoi libri si rivelò insufficiente per mantenere la famiglia.

Stephens accettò quindi un posto come segretario-archivista presso la National Gallery of Ireland, una posizione che mantenne per dieci anni. Fu un gioioso ritorno a vecchi amici e interessi, e ancora una volta i “tre grandi oratori a Dublino”, Stephens, Stephen MacKenna e George Russell, poterono riunirsi. Stephens studiò nuovamente l’irlandese alle lezioni della Gaelic League e rinnovò il vecchio interesse per la letteratura tradizionale irlandese.

I suoi studi, la sua amicizia con gli studiosi Edmund Curtis, Osborn Bergin, Richard Best e MacKenna e le sue letture nelle edizioni della Irish Texts Society gli fornirono i temi di sfondo per Reincarnations (1918), una raccolta di poesie adattate dagli scritti di diversi poeti gaelici. Stephens proseguì a utilizzare materiale proveniente dai più noti cicli di saghe irlandesi nei suoi tre libri successivi, che in seguito furono considerati i suoi lavori migliori.

Irish Fairy Tales (1920) conteneva versioni di storie dei cicli “feniani”, mitologici e storici. Deirdre (1923) e In the Land of Youth (1924), hanno al centro gli eventi del ciclo Red Branch (o ciclo di Ulster) fino al conflitto tra Ulster e Connacht. L’intenzione di Stephens era di presentare i rimanenti racconti del ciclo dell’Ulster in ulteriori tre romanzi, ma non completò mai questo progetto.

Il lunedì di Pasqua del 1916 andando al lavoro rimase coinvolto in una sparatoria dalle barricate. Stephens conosceva bene, fin dal 1910, uno dei promotori della Ribellione di Pasqua, Thomas MacDonagh. Scrittore oltre che patriota, MacDonagh aveva lavorato con lui come redattore della Irish Review avendo anche contrasti su questioni politiche. Ma la loro amicizia non si interruppe fino a quando MacDonagh fu giustiziato all’indomani della Rivolta.

Sebbene Stephens non fosse d’accordo con la politica radicale degli altri leaders della Ribellione, scrisse nella sua prefazione alle Opere poetiche di Thomas MacDonagh che MacDonagh era un’ottima persona con una “propensione all’esistenza da eremita e un dono per la vita sociale”. La ribellione di Pasqua ha ispirato un racconto in prosa, The insurrection in Dublin (1916), e un’elegia, Green Branches (1916).

Stephens pubblicò anche Hunger (1918), un breve racconto che più tardi apparve in Etched in Moonlight; Arthur Griffith (1922), un omaggio in occasione della morte del suo vecchio amico e suo primo editore; e Little Things (1924), un volume di poesie.

A Londra nel maggio 1919, sposò finalmente Cynthia, rimasta vedova per la morte del marito. La sua posizione di segretario-archivista (che era in definitiva una sinecura generalmente riconosciuta e data a un artista in modo che potesse avere il tempo di dedicarsi al suo lavoro), non forniva un reddito sufficiente a coprire le spese familiari.

La guerra civile aveva turbato Cynthia tanto da indurla a mandare i bambini a scuola in Inghilterra; intrighi politici e privati all’interno dei dipartimenti della National Gallery avevano stancato Stephens; approfittò quindi dell’esortazione di amici e mecenati americani, W. T. H. Howe e Cornelius Sullivan, per recarsi negli Stati Uniti per un giro di conferenze. Si dimise quindi dall’impiego nel 1925 e si trasferì a Londra, dove lui e la sua famiglia si stabilirono in una casa, “Eversleigh”, nel sobborgo londinese di Kingsbury.

Questa decisione fu stigmatizzata dai suoi amici irlandesi che pensavamo che l’allontanamento dall’Irlanda avrebbe inaridito la sua vena letteraria. AE Russell incolpò ingiustamente Cynthia di “tirare” o “guidare” Stephens fuori da Dublino, e affermò che la sua partenza fu una grande perdita. Oliver Gogarty compose una poesia sorprendentemente seria in occasione della partenza di Stephens, le ultime due strofe recitano:

You passed through all our past worst time, and proved yourself no caitiff.
America then listened to a voice too dear for wealth;
Then you went to London where I fear you have gone native;
Too long in a metropolis will tax a poet’s health.
It’s not as if you had no wit, and cared for recognition;
A mind that lit the Liffey could emblazon all the Thames,
But we’re not ourselves without you and we long for coalition;
Oh, half of Erin’s energy! What can have happened, James?

Stephens sentiva molto la mancanza di Dublino, sebbene non avesse perso del tutto i suoi legami e i suoi contatti con la terra d’origine; anche Stephen MacKenna si era infatti nel frattempo trasferito in Inghilterra. Presto fece inoltre nuove conoscenze: spesso fu invitato nella residenza londinese di Lady Ottoline Morrell, e divenne amico del critico e traduttore Samuel Koteliansky.

Nel periodo di residenza a Londra, pubblicò un secondo gruppo di racconti, Etched in Moonlight (1928), un libro di saggi, On Prose and Verse (1928), un breve pezzo in prosa, How St. Patrick save the Irish (1931), e diversi volumi di poesia.

Tra il 1925 e il 1935 Stephens fece almeno nove tour negli Stati Uniti. Si tratta sempre di viaggi di lavoro. Stephens soffriva per la lontananza dalla famiglia e per il disagevole viaggio in seconda classe; inoltre soffriva di mal di mare. Nelle sue lettere scritte negli anni ’30 dall’America dirette alla famiglia traspare evidente la sua solitudine e il suo desiderio di tornare a Londra.

La necessità era però quella di guadagnare a sufficienza per le necessità familiari. Nell’ottobre 1935, scrisse tristemente: “Penso che questo parlare in pubblico sia la forma di vita e di lavoro più orribile che si possa immaginare”. Quando si ammalò durante uno dei viaggi, il suo consiglio fu: “Non prendere mai la polmonite a Chicago”.

Non fu agevole per lui guadagnarsi da vivere come scrittore, anche se fu certamente fortunato ad incontrare tre autentici mecenati, John Quinn, Cornelius Sullivan e W. T. H. Howe. Quinn in particolare, sollecitato da Russell ad interessarsi al lavoro di Stephens, acquistò molti dei manoscritti dello scrittore, tra cui The Crock of Gold, ma i due non si incontrarono mai. Ebbero un fitto rapporto epistolare negli anni tra il 1913 e il 1922 – anno della morte di Quinn – e Stephens gli manifestò sempre gratitudine non solo per la sua disponibilità ad acquistare i manoscritti, ma proprio per l’interesse che gli mostrava in quanto artista.

Anche Sullivan fu di grande aiuto finanziario per lo scrittore, ma il più forte sostenitore di Stephens fu W. T. H. Howe, il presidente della American Book Company. Howe invitò Stephens per la prima volta a Freelands, la sua residenza estiva in Kentucky, nel 1929, dopo uno scambio di lettere iniziato nel 1913. Comprò i manoscritti di Stephens, e lo ospitò a Freelands anche per lunghi periodi procurandogli anche diversi incarichi editoriali. Nel 1935 la relazione cominciò ad incrinarsi. Howe si lamentò con Ray Harris del fatto che “gli irlandesi sono uno strano gruppo il cui amore per le parole e la cui stravaganza, insincerità e propensione a drammatizzare non sono sempre comprensibili o interessanti”.

Probabilmente questa rottura è conseguente alla delusione di Howe per non essere riuscito a indurre Stephens a portare a termine un libro su Byron del quale Howe lo aveva incaricato. Resta il fatto che Howe non invitò più Stephens a Freelands dal 1936 in poi. Stephens era d’altra parte esasperato di essere il centro dell’intrattenimento alle cene a Freelands e dell’insistenza dei giornalisti.

I viaggi negli Stati Uniti lo stancavano come abbiamo visto; spesso soffrì inoltre di gravi infezioni respiratorie. Il successo fra le studentesse e gli studenti universitari che assistevano alle sue letture era però grande. Ci sono aneddoti in proposito, legati al fatto che lo stesso Stephens enfatizzava le sue imperfezioni fisiche; si narra che saltasse in piedi su una sedia quando una studentessa lo voleva baciare entusiasta per le sue poesie. Chi scriveva su di lui non mancava di rimarcare la sua piccola statura e l’aspetto da elfo, chiamandolo “Leprechaun of Irish Literature”.

La morte nel 1934 e nel 1935 dei due grandi amici, Stephen MacKenna e George Russell (A.E), fu per lui un duro colpo. Due anni dopo, il 24 dicembre 1937, suo figlio, James Naoise, rimase ucciso in un incidente; aveva solo ventotto anni. Lo shock di questa tragedia, e la salute sempre più precaria lo portarono alla convinzione di aver scritto abbastanza libri e misero praticamente fine alla sua carriera di scrittore. Si dedicò quindi ad un’altra occupazione artistica. Dal 1941 fino alla sua morte fu ascoltato in oltre settanta discorsi alla BBC, parlando di poeti e poesie, leggendo versi e ricordando vecchi amici.

Durante gli anni della guerra per sfuggire ai bombardamenti si trasferì nel Gloucestershire; dovette fare quindi il pendolare verso Londra, per proseguire le sue trasmissioni alla BBC. Nel 1942 gli fu assegnata la British Civil List Pension. Nel 1947, con una borsa di studio del Royal Bounty Fund, si recò a Dublino per ricevere una laurea “ad honorem” presso l’Università di Dublino (Trinity College).
I suoi ultimi anni furono trascorsi a Londra, fermandosi nelle librerie, dando da mangiare ai piccioni in Trafalgar Square e soffrendo per una salute sempre più precaria.

Pare che i medici dicessero che soffriva le conseguenze della malnutrizione subita da bambino e da adolescente; tra il 1920 e il 1948 subì diversi interventi per problemi di ulcera. Tenne la sua ultima trasmissione della BBC, “Childhood Days: Mogue, or Cows and Kids”, l’11 giugno 1950. Morì il giorno di Santo Stefano, 26 Dicembre 1950.

James Stephens è stato per molti versi il più coinvolgente degli scrittori irlandesi moderni. Fu amico di William Butler Yeats, James Joyce, George Russell (AE) e George Moore, che apprezzavano il suo ingegno e le sue abilità letterarie. Il suo primo romanzo, The Charwoman’s Daughter, – di cui si può leggere la bella traduzione italiana di Silvia Ganglio con il titolo La figlia della donna a ore – è una descrizione della vita e della gente di Dublino che precede di quattro anni i Dubliners di Joyce. È noto che Joyce stesso disse che Stephens era l’unico che avrebbe potuto portare a termine Finnigans Wake, nel caso non avesse potuto terminarlo lui stesso.

Quando scrisse questo a Harriet Weaver, stava leggendo il romanzo Deidre, romanzo che ricevette la medaglia del Festival Tailteann nel 1924. In questo romanzo, seguendo la tradizione di Yeats, Synge, AE e Lady Gregory, Stephens elaborò le leggende che circondano Deirdre (l’Iseult irlandese).
I limiti e le sfide che impose ai suoi biografi sembrano rispecchiare quello che disse in una conversazione:

Tutti i libri dovrebbero essere anonimi. Dovrebbero essere pubblicati da un Dipartimento di Stato, e dovrebbero essere contraddistinti solo da numeri. Un libro è solo in misura limitata il lavoro del suo autore. È piuttosto uno sforzo comune e, come tale, dovrebbe essere accreditato alla comunità da cui deriva.

Fonti:

  • Patricia McFate: The Writings of James Stephens. Variations on a Theme of Love (Palgrave Macmillan London and Basingstoke 1979).
  • Hilary Pyle: James Stephens: his work and an account of his life. (Routledge & Kegan Paul London 1965).
  • Patricia A. McFate: Uncollected Prose of James Stephens. Volume 1, 1907-15 Volume 2, 1916-48 (Palgrave Macmillan London 1983).
  • R.J. Finneran: The Olympian and the Leprechaun: W.B. Yeats and James Stephens. (Dublino, 1978).
  • B. Brämsback: James Stephens. (Cambridge, Mass, 1959).

Note biografiche a cura di Paolo Alberti

Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)

  • L'orcio d'oro
    Romanzo
    Secondo romanzo di Stephens (1912), fino dalle prime pagine non possiamo non provare l’impressione di essere di fronte a un piccolo capolavoro. Più conosciuto in Italia come La pentola dell’oro, in esso seguiamo un percorso verso la consapevolezza, la maturità, la capacità di condivisione e l’ascolto.
 
autore:
James Stephens
ordinamento:
Stephens, James
elenco:
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