Mihail Sebastian nacque a Brăila – città romena sulle sponde del Danubio – il 18 ottobre 1907. Il suo vero nome era Josif Hechter ed apparteneva a una nota famiglia ebrea.
Nella città natale frequentò il liceo Bălcescu, e tra i suoi insegnanti ebbe il professore di logica Nae Ionescu, suo concittadino, che tanta influenza intellettuale ebbe su Sebastian.
Nel 1926 si trasferì a Bucarest e si iscrisse alla Facoltà di Diritto, laureandosi nel 1929. La capitale e i suoi fermenti culturali particolarmente vivaci negli anni ’20 stimolarono Mihail Sebastian che inizò a collaborare a numerose riviste letterarie, periodici, quotidiani; lo si trova soprattutto fra i collaboratori di «Cuvîntul», diretto appunto da Nae Ionescu, – giornale anticonformista e liberale – e non cessò la collaborazione neppure quando la pubblicazione diventò di fatto l’organo del nazionalismo ortodosso della destra romena, e questo fatto gli procurò parecchie critiche. La sua prima collaborazione è del 1928, un articolo su Remy de Gourmont intitolato Gourmont il sentimentale.
Grazie al sostegno di Ionescu nel 1930 partì per Parigi al fine di iscriversi al dottorato in diritto, il progetto però non andò a buon fine. Resterà a Parigi un solo anno che sarà comunque fondamentale per la sua formazione di scrittore; è a Parigi che vanno in gestazione la maggioranza dei suoi scritti e romanzi successivi che verranno alla luce dopo il suo ritorno a Bucarest: Fragmente dintr’un carnet găsit (Frammenti in un taccuino trovato) – che fu scritto quasi interamente a Parigi ma pubblicato nel 1932 nella collana “Il libro dei segni”, collana ideata assieme a Mircea Eliade e Ion Călugăru, – Femei, 1933 («Donne»), Orașul cu salcîmi, 1935 («La città delle acacie»), Accidentul, 1940 («L’incidente»). Il suo esordio letterario era avvenuto però nel 1926 come poeta, con lo pseudonimo di Eraclie Pralea, nella rivista «Lumea» di Iași.
Alla chiusura di «Cuvîntul» iniziò un’intensa collaborazione con i giornali «Rampa» e «L’Indépendance roumaine» scrivendo anche cinque o sei articoli alla settimana, e questo lo spossava anche perché sottraeva le sue energie dalla stesura di quello che sarebbe diventato il suo romanzo più noto.
Un centro di ritrovo per gli intellettuali di quel periodo era la residenza del pittore Mac Constantinescu e di sua moglie Floria Capsali. In quell’ambito nacque il gruppo Criterion che era vivacissimo nell’ambito dell’attività culturale di Bucarest. Il gruppo organizzò varie conferenze e incontri con personalità della cultura europea. Sebastian conobbe Gide che rientrava da un viaggio in Unione Sovietica. In una conferenza sul romanzo rumeno attaccò Cesare Petrescu e Ionel Teodoreanu – i due romanzieri di maggior successo dell’epoca –; in un’altra occasione tenne con grande successo una conferenza su Chaplin, che iniziò con un incidente. Quando salì sul palco uno dal pubblico gridò: “Adesso un ebreo ci parlerà di un altro ebreo”. Sebastian strappò i fogli che aveva preparato e esordì dicendo: “Avevo l’intenzione di parlarvi di un certo aspetto dell’arte di Charlot. Ma qualcuno tra voi ha nominato gli ebrei. E allora vi parlerò, come ebreo, dell’ebreo Charlot…”. Riporto questo episodio – la conferenza finì tra applausi scoscianti – come indicativo di come veniva preparato in quegli anni il clima razzista e antisemita che caratterizzò poi, prendendo un rapido sopravvento, gli anni successivi, e nel quale Sebastian si trovò pesantemente coinvolto.
Il romanzo che lo caratterizza di più fu infatti De donă mü de ani (Da due mila anni, 1934), romanzo sotto forma di diario di un giovane costretto a lottare con la sua condizione di ebreo. Forse uno degli scritti più importanti sul sorgere in Europa dell’antisemitismo. Solo nel 2018 è stato tradotto in italiano dall’editore Fazi. È reso in maniera magistrale il conflitto interiore del giovane protagonista che cerca dentro sé la soluzione della contraddizione tra il suo sentire antisionista e l’incapacità di rinnegare la propria religione. Sebastian volle prefato il suo romanzo da Ionescu che ebbe così modo di scrivere un vero e proprio libello antisemita – “Gli ebrei soffrono perché devono soffrire”. Avevano rifiutato di riconoscere in Gesù Cristo il messia. Avendo rifiutato il cristianesimo il popolo ebreo non poteva essere redento; “un ebreo non può appartenere a nessuna comunità nazionale”. “L’appartenenza a una particolare comunità non è una scelta individuale… Qualcuno può essere al servizio di una comunità, può servirla in modo eminente, può persino dare la vita per questa collettività; ma ciò non lo avvicina ad esso. La Germania potè portare avanti la guerra grazie all’attività di due ebrei, Haber e Rathenau. Questo, tuttavia, non permise certo a Haber e Rathenau di divenire tedeschi. Servirono, ma da fuori, la comunità spirituale tedesca. È ingiusto? La domanda non ha senso: è un dato di fatto.” Nae Ionescu avverte Sebastian di non pensare nemmeno a se stesso come rumeno: “È un’illusione assimilazionista, è l’illusione di moltissimi ebrei che credono sinceramente di essere rumeni…. Ricorda che sei ebreo!.. Sei Iosif Hechter, un essere umano di Brăila sul Danubio? No, sei ebreo di Brăila sul Danubio.” La prefazione di Ionescu era in aperto contrasto con lo spirito del romanzo ma la vicenda fece convergere su Sebastian gli strali di entrambe le parti, destra antisemita e ambiente ebreo-sionista.
Decise quindi di scrivere l’anno successivo, nel 1935, una risposta polemica intitolata Cum am divenit huligan (Come sono diventato teppista). In questa sua replica Sebastian riconosce, con rabbia e tristezza, la propria ingenuità intellettuale; ammette di non aver compreso a fondo la portata del cambiamento di clima intercorso tra il 1931, quando aveva chiesto la prefazione a Nae Ionescu, e il 1934, anno della pubblicazione del libro, quando ormai il razzismo nazi-fascista, aveva preso una estesa influenza fagocitando e strumentalizzando i peggiori sentimenti di vaste popolazioni europee. In Romania era sorta la Guardia di Ferro a cui avevano aderito sia Nae Ionescu che, ad esempio, Mircea Eliade, che di Sebastian era grande amico.
In quegli anni Sebastian era diventato redattore di “Revista Fundaţiilor Regale” (Rivista delle Fondazioni reali) attività nella quale era stato introdotto dal generale Condeescu che fu un sostegno importante per scrittori e uomini di cultura rumeni. Il generale Condeescu morì nella primavera del 1939.
Sebastian e Mircea Eliade si conobbero quando quest’ultimo tornò dall’India all’inizio del 1932. Così Eliade descrive Sebastian: “L’ammiravo fin dai suoi primi articoli pubblicati in Cuvîntul. Lo credevo più insolente, forse anche un po’ snob, e in ogni caso meno giovane. Aveva allora ventiquattro anni, ma non ne dimostrava più di venti. Non era alto di statura, e il suo volto sembrava a prima vista insignificante, spento, assente. Era così discreto e gentile che avrebbe potuto passare per timido. Ma dopo averlo conosciuto un po’ meglio si scopriva il suo fascino, la sua generosità, la sua presenza ineguagliabile”.
Con Mircea Eliade vi fu nel 1935 una rottura – Eliade aveva iniziato a pubblicare sulla stampa rumena violenti attacchi antisemiti – e nello stesso anno Sebastian iniziò a scrivere un diario, non scritto con l’idea di essere pubblicato – e infatti resterà inedito fino al 1996 – testimonianza formidabile di un’epoca drammatica colta in tutta la sua complessità. Nonostante sia stato accolto al momento della pubblicazione come un vero e proprio evento letterario, tradotto in inglese, francese, spagnolo, tedesco, polacco e ceco, oggetto di giornate di studio e simposi in varie parti del mondo e vincitore di premi letterari, in Italia si attende ancora chi ne curi la traduzione. Il manoscritto conservato dal fratello di Sebastian, Benu, fu spedito fuori dalla Romania con l’aiuto dell’ambasciata israeliana, perché Benu, che nel 1961 sarebbe emigrato in Israele, era consapevole che la Securitate, la polizia segreta rumena, avrebbe probabilmente fatto scomparire il manoscritto, come era successo per altri testi prima di allora. La prima edizione, in rumeno, fu del 1996, seguita due anni dopo dall’edizione francese. Vasile Popovici commentò: “…Non puoi assolutamente rimanere lo stesso. Il problema ebraico diventa il tuo problema. Un enorme senso di vergogna copre un intero periodo di cultura e storia nazionale, e la sua ombra investe anche te.”
Il periodo coperto dal diario vede tre successive dittature antisemite in Romania, ognuna più devastante per i 759.000 ebrei del paese rispetto al suo predecessore. La prima fu il regime di Re Carol II (febbraio 1938-settembre 1940), al quale seguì il dominio di Ion Antonescu in alleanza con la Guardia di ferro fascista (settembre 1940-gennaio 1941), e terminò con la dittatura personale di Ion Antonescu caratterizzata persino dalla violenta repressione dei suoi ex alleati della Guardia di ferro (1941-1944). Quando Antonescu si rese conto, nel 1942, che forse la Romania, alleata dei nazifascisti, avrebbe potuto non essere dalla parte dei vincitori al termine della guerra, rallentò le deportazioni degli ebrei per attenuare le conseguenze della ormai probabile sconfitta. In quegli anni il destino collettivo degli ebrei rumeni rimase sospeso e il diario di Sebastian è in proposito un documento fondamentale e insostituibile. Oltre naturalmente a testimoniare della vita intellettuale dell’autore, delle sue letture – amava particolarmente Proust, le cui opere tradusse in rumeno e del quale fu profondo esegeta, Gide, Balzac e Shakespeare – della musica che ascoltava, dei suoi rapporti con madre e fratelli, della sua non fortunata vita sentimentale.
Come critico, nonostante risenta di influssi estetizzanti, prese posizione contro il teatro della decadenza e la teoria che nello spettacolo tutto è dovuto all’interpretazione dell’attore, alla luce e al decoro, combattendo per la continuazione delle tradizioni realiste di Caragiale e sostenendo il primato del testo dell’autore. Nel teatro pone in opposizione un certo tipo di intellettuale e la borghesia; i suoi eroi si sentono in contrasto con la società e si accontentano di vivere una vita semplice e modesta, lontana dagli affanni della società borghese; il loro isolamento esprime il rifiuto di vivere secondo concezioni di vita che non approvano, ma si tratta sempre di protesta passiva, che non giunge alla rivolta. L’attività di critico funge in pratica da incubatrice per quella successiva di drammaturgo.
Tra i suoi lavori teatrali il primo successo fu Jocul de-a vacanţa (Il gioco delle vacanze, 1936) messa in scena la prima volta nel 1938; ma successo ancora più evidente avrà Steaua fără nume (La stella senza nome 1943); andata in scena l’anno successivo, fu celata dallo pseudonimo Victor Mincu per poter aggirare il problema delle leggi razziali ed ebbe una versione cinematografica nel 1965 con regia di Henri Colpi. Seguono Insula (L’isola, 1943); Ultima oră (Ultima edizione 1943); Nopţi fără lunăa (Notti senza luna, 1944). Stella senza nome e Ultima edizione si trovano tradotte in italiano nel volume Teatro Romeno a cura di Giuseppe Petronio (1960). Cinque anni prima Ultima edizione era stata tradotta in italiano da Giovanna Bonchio.
Con la liberazione della Romania da parte dell’Armata Rossa, Sebastian, che era rimasto nascosto per sfuggire alle persecuzioni antisemite, poté ritornare a insegnare presso l’Università di Bucarest e fu nominato addetto stampa al ministero degli affari esteri, ma morì investito da un camion poche settimane dopo, il 29 maggio del 1945, mentre attraversava la strada per prendere il tram che lo avrebbe condotto alla Dalles Hall dove avrebbe tenuto una lezione su Honoré de Balzac con la quale avrebbe inaugurato il suo corso di letteratura francese all’Università.
Fonti:
- Radu Ioanid, Introduction; in Journal 1935-1944. Chicago 2000.
- M. Eliade, Le promesse dell’equinozio. Memorie 1. 1907-1937. Milano 1995.
- M. Eliade, Le messi del solstizio. Memorie 2. 1937-1960. Milano 1995.
- Orizzonti Culturali Italo-Romeni, «Diario 1935-1944»: le provocazioni di Mihail Sebastian
http://www.orizzonticulturali.it/it_interventi_Mauro-Barindi-e-Mihail-Sebastian.html
Note biografiche a cura di Paolo Alberti
Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)
- L'incidente
Romanzo
Questo Accidentul, romanzo del 1940, che ha richiesto all’autore un grande sforzo emotivo ma anche stilistico documentato nel suo Journal, si colloca a pieno titolo tra i grandi romanzi della prima metà del novecento europeo. I parametri dell’identità e del “proprio” non trovano il senso nella risoluzione o “fine” del romanzo. Il suo discorso porta quasi all’estremo la lacuna del non detto e dell’indicibile; fornendo con questo strumento (che è quello adoperato magistralmente da Conrad in Cuore di tenebra) l’indice inequivocabile della cupa voragine del vuoto dal quale cercano di sfuggire i personaggi.