Per gentile concessione del prof. Goffredo Raponi (cenni biografici) che ha curato traduzione e note. Il testo è stato realizzato in collaborazione con l’associazione “Festina Lente C.I.R.S.A.“.
Dall’incipit del libro:
Sicilia, il palazzo di Leonte
Entrano ARCHIDAMO e CAMILLO
ARCHIDAMO – Se v’accadrà, Camillo, vi dicevo,
di visitare un giorno la Boemia
per una circostanza come questa
ond’io mi trovo adesso qui in servizio,
constaterete quanto sia diversa
dalla vostra Sicilia.
CAMILLO – Giustappunto
credo che questa estate il nostro re
abbia in mente di rendere al Boemia
la visita di Stato che gli deve.
ARCHIDAMO – Se l’accoglienza che potremo offrirgli
non ci farà arrossire di vergogna,
il nostro affetto ce ne scuserà,
perché davvero noi…
CAMILLO – Ovvia, vi prego…
ARCHIDAMO – No, no, vi parlo assai liberamente,
sapendo quel che dico: noi laggiù
non potremo in egual magnificenza,
in sì prezioso… non so se mi spiego…
Vorrà dire che vi propineremo
tali bevande da indurvi in torpore
e far che i vostri sensi, obnubilati,
s’inclinino, se non proprio a lodare,
a giudicare con minor durezza
la nostra insufficienza.


