Carlo TroyaCarlo Troya è nato a Napoli nel 1784, figlio primogenito di Michele Troja, chirurgo di corte originario di Andria e che costituì per Carlo l’esempio luminoso dello scienziato, rigoroso al massimo nelle sue ricerche, e di Anna Maria Marpacher, di origine tedesca, dama di compagnia della regina Maria Carolina d’Asburgo-Lorena, nota come Maria Carolina d’Austria, consorte di re Ferdinando IV di Napoli e III di Sicilia (1). Nel 1786 nacque il fratello Ferdinando, che non mostrò nel corso della vita l’apertura intellettuale per le idee liberali che invece caratterizzò Carlo.

L’infanzia trascorse presso la corte borbonica prima a Napoli e poi a Palermo, dove la corte si trasferì nel 1799. Durante il periodo siciliano, fino al 1802, entrò in contatto con le menti più illustri della Sicilia di fine ‘700 e tra queste l’astronomo Giuseppe Piazzi e il colto ecclesiastico Rosario Gregorio di idee illuministiche. Fu la fase più rilevante della sua formazione, dai 15 ai 18 anni.

Nel 1802 tornò a Napoli, dove rimase, al contrario della sua famiglia, anche dopo l’affermarsi del Regno di Napoli sotto la dinastia Bonaparte (1805-1815). Sono anni dei quali si hanno poche notizie: si laureò in giurisprudenza, non volle accettare incarichi nel governo francese, cresceva in conoscenza e cultura nella letteratura, nella storia e nella geografia.

Ebbe occasione di frequentare il salotto letterario di Lucia Gomez Paloma, sposa di Giuseppe De Thomasis, figura giuridica di spicco nella Napoli prima e dopo la Restaurazione. Il salotto, letterario e liberale, annoverava tra gli altri suoi frequentatori abituali i fratelli Carlo ed Alessandro Poerio, i fratelli Bertrando e Silvio Spaventa e Niccolò Tommaseo.

Divenuto avvocato della Casa reale, allo scoppio dei moti del 1820, si schierò sul fronte costituzionale, distinguendosi dai murattiani e dai carbonari. Tuttavia successivamente prese le distanze da «quella rivoluzione che io biasimava» (2) e questo gli costò l’incarico, la residenza a Corte ed un periodo di esilio.

Fu proprio allora che egli mutò la j nel cognome del padre in y. Questa fu occasione però per Troya di dedicarsi a studi che lo appassionavano da tempo come la ricerca dei luoghi reali raccontati da Dante nella Commedia, come animato da un gusto quasi romantico di “cercare nella poesia lo specchio della vita e nella vita la chiave della poesia” (3); fu una ricerca ‘sul campo’ che contemplò viaggi, visite di borghi e di luoghi di cultura.

Primo risultato di questi studi fu, nel 1926, la pubblicazione de Il Veltro allegorico di Dante. Nel testo egli individuava nel fallimento delle speranze riposte da Dante nella figura del Veltro, identificato da Troya in Uguccione della Faggiola, le drammatiche vicende personali del poeta ma soprattutto la mancanza del nascere di una coscienza nazionale.

Fu anche il periodo in cui rinnovò i contatti con tanti altri illustri napoletani compagni di esilio tra i quali i Poerio, Matteo Imbriani, Gabriele Pepe e ne allacciò di nuovi negli ambienti dell’aristocrazia e nei circoli liberali di Bologna, Firenze e Roma. Rimaneva sempre viva nello studioso, ed affrontata quasi con il metodo scientifico ereditato dal padre, la domanda del perché l’Italia non avesse mai realmente iniziato il percorso per diventare una nazione. Occorrevano ricerche ancora più approfondite.

Dopo un breve soggiorno a Napoli, tra il 1826 e il 1828, in deroga alle disposizioni giudiziarie per assistere il padre morente – nel quale approfittò anche per fare ricerche, purtroppo senza risultati interessanti, presso l’Abbazia di Montecassino – tornò a Roma. Nuova fonte di ricerche fu il rapporto tra Longobardi e popolazione romana vinta e il loro livello di integrazione. Trayna vedeva nel Papato la forza che, al contrario di quanto non aveva fatto l’Impero bizantino, era rimasta custode della civiltà romana. Da questo gli derivò la fama di neoguelfo che non l’abbandonò più.

Sulla scorta degli studi sui Longobardi ed a confutazione delle tesi secondo le quali le sole razze germaniche avessero “signoreggiato” sul mondo latino e romano, propugnò, con scarsi seguaci in verità ed altrettanto scarsi risultati, l’origine non germanica dei Daci o Goti.

Sempre attento alla situazione politica, seguita con la mente di un liberale in un contesto tuttavia di costituzionalismo, all’atto della concessione, sull’onda dei venti rivoluzionari del 1948, della costituzione da parte di Ferdinando II, fondò il giornale Il Tempo nel quale rappresentava con ampi articoli la questione siciliana e auspicava una soluzione federalista. Il re lo designò quindi alla guida di un governo che sarebbe durato dal 3 aprile al 15 maggio 1848. Poco dopo cadde anche l’esperienza costituzionale.

Troya evitò l’arresto solo grazie all’età, alla sua fama, ad una grave malattia degenerativa e alla parentela con il fratello Ferdinando, divenuto ministro del nuovo governo. Proseguì i suoi studi e le sue ricerche fino alla morte, avvenuta a Napoli nel 1858.


(1) Ampie notizie sulla famiglia sono reperibili nella biografia di Michele Troja, scritta dal medico danese Albrecht von Schönberg, Biographie des Dr. und Professors Michel Troja, Erlangen 1828.
(2) Della civile condizione dei romani vinti dai Longobardi e di altre quistioni storiche. Lettere inedite di Carlo Troya e Cesare Balbo, a cura di E. Mandarini, Napoli 1869, p. 35
(3) Dalla voce dedicata a Troya nell’Enciclopedia dantesca Treccani.

Tra le opere:

  • Memoria sulla divisione fisica e politica delle Calabrie, Napoli 1816. La sua prima opera.
  • Storia d’Italia nel Medio-Evo, Napoli 1839-1855. In quattro volumi e sedici tomi, in essa confluirono molti articoli già comparsi in varie riviste: Il Saggiatore, Scienza e Fede, Il Giambattista Vico, Museo di letteratura e filosofia, La Cronaca, Il Progresso, Rivista napolitana. Il IV volume comprende il Codice diplomatico longobardo dal 568 al 774.
  • Leggi sui maestri comacini promulgate dal re Liutprando, con altri documenti tratti dal quarto volume del Codice Diplomatico Longobardo, Napoli 1854.
  • Della architettura gotica, discorso di Carlo Troya estratto da Il Giambattista Vico, Napoli 1857.

Breve bibliografia:

  • Gaetano Trevisani, Brevi notizie della vita e delle opere di Carlo Troya, Napoli 1858.
  • Giuseppe Del Giudice, Carlo Troya, vita pubblica e privata, studi, opere, con appendice di lettere inedite e altri documenti, Napoli 1899.
  • Nicola Nicolini, Carlo Troya, voce in Enciclopedia Italiana Treccani, 1937
  • Aurelia Accame Bobbio, Carlo Troya, voce in Enciclopedia dantesca Treccani, 1970
  • Carlo Troya, voce in Dizionario di Storia Treccani, 2011
  • Ennio Corvaglia, Carlo Troya, voce in Dizionario biografico degli Italiani – Vol. 97, 2020
  • Carlo Troya, voce in Wikipedia

Note biografiche a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi

Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)

  • Della architettura gotica
    Discorso
    La ricerca di Carlo Troya è particolarmente rivolta ad approfondire gli albori dell'architettura gotica, che l'autore fa risalire alle popolazioni della Dacia.
 
autore:
Carlo Troya
ordinamento:
Troya, Carlo
elenco:
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