Dall’incipit del libro:
Erano gli anni 1305 allorchè un cavaliere cinto di tutt’arme, e portante sull’elmo un bruno pennoncello, al cadere dell’ultimo giorno d’aprile uscivasi di Pistoia per la porta di Ripalta, volgendo a maestro il suo focoso destriero. Le messi verdeggianti per ogn’intorno, l’aere tepido anche oltre l’usato, e una pienezza di vita che alla nuova stagione par che in ogni essere si trasfonda, sembrava rallegrassero il cavallo e il cavaliere. Non appena ebbe corso un breve tratto di strada, ch’egli accennando ad un paesetto sul primo colle a maestro, e dimandato a certuni che tenevano la stessa via, se fosse quello Vergiole; – Messer sì – rispondevagli un montanaro – lassù entro alla valle è il castello del capitano. E il cavaliere inchinata la testa verso di lui come a modo di gratitudine, pago di non essersi ingannato, si rimetteva a galoppo sul suo cammino. Finchè sopra un ponte assai stretto varcato l’Ombrone, cresciuto allora per lo sciogliersi delle nevi appennine, e che, senza sponde, per largo tratto si dilagava; poco stante si faceva a salire più lentamente per un viottolo tortuoso e assiepato tanto di stipe del vicin bosco, e d’altri arbusti, che ad ogni svolta gli paresse impedito il sentiero. Però quelle stipe rosso e bianco fiorite, miste ai bianchi-spini stellati, e agli abbraccia-bosco a fior giallo mandavano già intorno un grato odore aromatico; e stavano a compensare dell’orrido delle piante più alte, come di querci e castagni, che bruche bruche vi sorgevan per mezzo, non avendo che allora incominciato a spuntare le prime foglie.
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