Il più importante di un gruppo di scritti autocritici e di polemica verso la chiesa ortodossa in cui trovò espressione la crisi morale di Tolstoj (1882). La tormentata lotta del grande scrittore russo nella ricerca drammatica e poetica del senso della vita.
Dall’incipit del libro:
Sono stato battezzato e educato nella fede cristiana ortodossa. Me la insegnarono fino dall’infanzia e durante tutto il periodo della adolescenza e della prima giovinezza. Ma quando, a diciotto anni, abbandonai l’università al secondo corso, io non credevo ormai più a nulla di quello che mi avevano insegnato. A giudicare da alcuni ricordi, non ho neanche mai c reduto seriamente, avevo soltanto fiducia in quello che mi insegnavano e in quello che professavano davanti a me i grandi; però quella fiducia era molto vacillante. Quando avevo undici anni, un ragazzo, che è morto d a molto tempo, Volondin’ka M., il quale studiava in un ginnasio, venendo a passare una domenica da noi ci annunziò, come ultima novità, la scoperta che aveva fatto al ginnasio. La scoperta consisteva in questo, che Dio non c’è e che tutto quel che ci insegnano non sono altro che frottole ( questo accadeva nel 1838). Ricordo che i miei fratelli maggiori si interessarono a questa novità e chiamarono a consulto anche me. Noi tutti, ricordo, ci animammo molto e accogliemmo questa notizia come qualcosa di molto interessante e di possibilissimo.







