Trilussa, pseudonimo-anagramma di Carlo Alberto Salustri, nacque a Roma il 26 ottobre 1871.
Il padre, Vincenzo, era di Albano; la madre, Carlotta Poldi, era bolognese. Quando il piccolo Carlo Alberto aveva appena tre anni il padre morì e il piccolo fu accolto, assieme alla madre che era sarta, nella casa del padrino di battesimo, il marchese Ermenegildo De’ Cinque Quintili.
Studiò presso i Fratelli delle Scuole Cristiane, ma con poca applicazione. E a soli 15 anni, nel 1886 si allontanò dagli studi regolari per dedicarsi alla scrittura. Nel 1889 uscì il suo primo volumetto di versi romaneschi, Le Stelle de Roma (che lui non avrebbe più voluto veder ristampare), e, sempre giovanissimo, divenne collaboratore del “Rugantino”, diretto dal poeta e folclorista Giggi Zanazzo.
La sua poesia gli diede presto fama e gli aprì la strada alla collaborazione con giornali quali il “Don Chisciotte” e “Il Messaggero”. Nonostante i consigli di Chiappini di “strappare un diploma di ragioniere e di concorrere a un impiego governativo” Carlo Alberto perseverò invece nella scrittura; teneva anche, nelle principali città italiane, cicli periodici di letture delle sue poesie, che consolidarono la sua fama.
Ma il Chiappini si sentiva custode della tradizione del Belli e del purismo del dialetto e mal gradiva la popolarità crescente del Trilussa, basata su una poesia dialettale che deforma solo un poco la “lingua” nella grafia e nella pronuncia. Il Trilussa invece voleva rompere l’isolamento che tipicamente confina ogni dialetto in ambito locale, e quindi la patina di correttezza e di decoro, tipicamente borghese, gli serve per andare oltre a tutto ciò che si presenta come eccessivamente popolare e locale.
E questo in sintonia con la Roma dei suoi tempi, della borghesia giolittiana e della sua burocrazia “sana” se pur limitata dalla sua stessa mediocrità, che vuole apparire onesta e di buon senso avversando, come il conformismo di ogni epoca, ogni slancio, ogni azione, ogni entusiasmo. Questa sua elaborazione del dialetto per trainarlo verso un pubblico che andasse oltre a quello della nuova Roma, passò anche attraverso il giornalismo.
I piccoli periodici dialettali furono trampolino di lancio verso i quotidiani politici ed i settimanali di grande tiratura che abbiamo visto, per approdare poi al “Capitan Fracassa”, e al “Travaso delle idee”; qui pubblicò una rubrica di “lettere” sotto il nome di Maria Tegami poi raccolte in volume (Maria Tegami intima: ricordi, lettere, poesie e giudizi, Roma, Tip. Cooperativa sociale, 1903; il libro uscì come strenna per gli abbonati del “Travaso”); la lingua era italiana solo leggermente “arromanescata”.
Successivamente, secondo Pietro Paolo Trompeo, anche la rubrica di Clara Tadatti copriva sotto pseudonimo il Trilussa. Non è di questo avviso Luigi Matt che dice:
«Tutte le principali caratteristiche di Maria Tegami si ritrovano nel personaggio di Clara Tadatti, anch’esso fiorito nelle pagine del “Travaso delle idee” (i testi saranno poi raccolti in Clara Tadatti, Dentro di me, Roma, Il Travaso delle idee, 1917). Contrariamente a ciò che molti hanno ritenuto in passato, non si tratta di un nuovo parto della fantasia di Trilussa; l’autore è con ogni probabilità Carlo Montani. La Tadatti appare come un’imitazione sbiadita della Tegami, di cui riproduce meccanicamente il modo di esprimersi; le soluzioni comiche di Dentro di me appaiono in buona misura prese di peso da Maria Tegami intima.»
In ogni caso le lettere di Maria Tegami ebbero successo pari a quello dei Sonetti e delle Favole.
Il successo ottenuto dalle sue letture gli procurò perfino inviti all’estero. Al Cairo, nel 1914, forse principalmente per ragioni sentimentali, e dieci anni dopo in Brasile.
Alla morte della madre, trasferì il suo studio in via Maria Adelaide che divenne presto meta di giornalisti, aspiranti poeti, ammiratori etc. Aveva ormai in pratica abbandonato il giornalismo. I proventi editoriali gli consentivano una vita agiata ma non certo inoperosa, che andò avanti per altri 5 lustri. Soffriva di cuore ma non tralasciava almeno saltuariamente di partecipare a piccoli simposi.
Del 1° dicembre 1950 è il decreto con cui fu nominato senatore a vita, cosa che gli fu comunicata con una lettera dal presidente Einaudi. Tre settimane dopo, il 21 dicembre 1950 il poeta moriva nel suo studio di via Maria Adelaide.
Fonti:
- M. Dell’Arco: Lunga Vita di Trilussa. Roma, 1951.
- P.P. Pasolini: Introduzione a Poesia dialettale del novecento, Parma 1952.
- G. Mariani: Trilussa, storia di un poeta, Roma, 1974.
- P.P. Trompeo: Nota biografica, in Tutte le poesie, Milano 1954.
- L. Matt: Un esempio di italiano regionale riflesso: Maria Tegami intima di Trilussa. In Studi linguistici italiani, volume XLI (XX della III serie) fascicolo II. Roma 2015.
- G. Guarda: Trilussa e la libertà. Milano 1976.
Note biografiche a cura di Paolo Alberti
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L’autore curò fino alla sua morte la sistemazione di questa silloge complessiva, che fu pubblicata postuma in prima edizione nel 1951. Nelle sue poesie sono certamente ancora vivi il fascino del personaggio e la sua capacità di essere cronista di una Roma nuova, la Roma postunitaria.