Pubblicato nel 1901, e digitalizzato a partire da una riedizione del 1912, questo romanzo di Anna Vertua Gentile capovolge la storia ripresa in molti romanzi dall’autrice, della giovane orfana e povera che trova il riscatto attraverso varie peripezie, con l’aiuto dell’amore e della fede.
La protagonista è Polda soprannominata Gypsy, la zingara: figlia minore di una ricca famiglia contadina, è l’unica a presentare un aspetto zingaresco, con occhi, capelli e carnagione scura, in mezzo a tanti fratelli e sorelle biondi e rosei. Anche il suo temperamento è diverso: tra tante persone concrete e seriamente lavoratrici, è l’unica a vivere in un mondo di sogni e di fantasie, alimentate da letture disordinate e nella sostanziale indifferenza di madre e fratelli per la sua formazione intellettuale ed affettiva. Gypsy non si rende conto che ci sono due giovani che si innamorano di lei, prima Carlo, seminarista congedato per motivi di salute, poi il nobile Antonio. Sogna un grande amore romantico, e candidamente allontana l’uno e l’altro, perché non le ispirano sentimenti così estremi come nei suoi sogni si dovrebbero provare. La realtà fa bruscamente crollare i sogni di Gypsy, che si ritrova povera e sola, costretta a badare al padre, impazzito dopo il tracollo economico, e senza più speranze di miglioramento. Nemmeno il ritrovato affetto fraterno di Carlo, diventato sacerdote, potrà evitarle un crollo fisico e mentale a cui non sopravviverà.
La lezione che l’autrice vuole dare alle lettrici è quindi, da una parte, rivolta alle giovani, che non credano agli eccessi romantici, ma puntino piuttosto a costruire affetti solidi che possano portare a un matrimonio basato sulla stima e sull’amore vero. Ma alle donne, madri di giovanette, l’autrice raccomanda di non dedicare tutto e solo il proprio tempo alle cure materiali, ma piuttosto donare affetto e comprensione a tutti i figli e figlie, secondo i rispettivi caratteri, che non sono mai uguali; educando quindi i cuori all’amore ed all’affetto sincero.
Sinossi a cura di Gabriella Dodero
Dall’incipit del libro:
Il padre, che era stato foravia per parecchi anni di seguito, le aveva aggiustato il nomignolo di Gipsy, per la sua carnagione bruna, gli occhioni neri quasi sempre spauriti, i capelli crespi, i dentini candidi fra le labbra rosse di fuoco.
Gipsy era l’ultima nata d’una famiglia numerosa.
Sua sorella maggiore, la bella Elena, bianca e bionda, aveva finiti i venticinque anni; ed il fratello, che le veniva dietro, era tenente ne’ bersaglieri; dopo v’erano la Rosina e la Chiara, giovini fatte anch’esse; Lorenzino ne’ diciotto anni, studiava da prete in Seminario, e Lodovico faceva il terzo anno nel collegio militare.
Gipsy era l’ultima; ma non era il cucco di casa, come generalmente succede dei più giovani di una famiglia.
La signora Tonia, la madre, stanca delle cure domestiche e dell’aver nudrito del suo latte e cresciuti sotto i suoi occhi tanti figliuoli, non aveva salutato con piacere la venuta della piccola Gipsy, la quale, unica fra i suoi fratelli, era stata mandata a balia in montagna.

