Carlo Veneziani nacque a Leporano in provincia di Taranto il 12 giugno 1882.
Nel corso del primo decennio del secolo scorso si laureò in giurisprudenza a Napoli e sempre a Napoli iniziò a scrivere per vari giornali e a comporre i suoi primi lavori teatrali usando prevalentemente lo psudonimo Gil Blas.
Con lo pseudonimo Gil Blas scrisse infatti un monologo dal titolo Il futurista che fu messo in scena il 4 e 5 maggio 1910 al Mercadante da Vincenzo Scarpetta, figlio di Eduardo. Con lo stesso pseudonimo scrisse su «Monsignor Perrelli» – periodico napoletano – il Filippo Tomaso furioso. Il tutto nasceva dallo scalpore recato dalla serata futurista del 20 aprile 1910 che si era tenuta appunto al Mercadante a Napoli e che segna un punto chiave dello sviluppo delle iniziative di Marinetti in quel periodo.
Sulla rivista «Il Proscenio» nel fascicolo datato 21 aprile 1910, vale a dire il giorno successivo alla serata, viene annunciato infatti che Vincenzo Scarpetta aveva tempestivamente deciso di inserire nel repertorio due parodie, una delle quali dedicata al futurismo è appunto quella scritta da “Gil Blas”.
Ancora sul periodico «Monsignor Perrelli» e sempre con lo stesso pseudonimo, il 23 aprile 1910 aveva pubblicato, in risposta appunto alla famosa serata, la poesia Futurismo che qui di seguito riportiamo:
A F.T. Marinetti e compagni futuristicamente
il primo saggio d’un allievo futurista
“Mi sono fatto un brodo di raggi di sole,
condito a mio modo di male parole
in una coppa di fede politica critica stitica estetica
mitica asfittica ellittica eclettica trittica ed etica
che mi solletica, che mi titillica il capricorno,
in mezzo chilo d’imagini esotiche che m’han fatto
venir d’un tratto, quatto quatto, un piatto matto ratto e sfatto
di mal di visceri!
Ho bevuto un po’ di musco sciolto in acqua
della via lattea, ed ho sorbito mezza porzione di biblioteca
all’ombra di un’iperbole che gracchiava
perchè era la madre dei Gracchi!… Lungo i tacchi
molto fiacchi dei tabacchi erano stracchi quei bislacchi
che nei sacchi degli scacchi ritrovaron degl’intacchi
per i pacchi di pistacchi che i burlacchi coi macacchi
divoraron come me!
E mi è venuta così la batracomiomachia
nel sistema planetario dell’apocalissi mia. Eh via!
Ragion per cui scrivo questa poesia futurista
mettendomi in vista nella lista eccessivista
marinettista che in me acquista l’umorista
più… scarsista che oggi esista!
Perché, dico, dopo tutto, che cos’è il futurismo?
È come se voi vi metteste a camminare
con la testa a terra ed i piedi in aria,
o come se leggeste: Forse che sì, forse che no,
cercando di raccapezzare le idee, vi pare?
No? È singolare! E gettatevi a mare!
Non c’è il telegrafo ch’è l’elettricità la quale
passa per fili elettrici, per cui abbiamo il telegrafo
senza fili?
Non c’è l’orario delle ferrovie che non hanno
nessun orario, per vostro inganno danno e malanno?
Non c’è i Due Foscari che erano uno?
E i Tre Moschettieri ch’erano quattro?
E l’Amore dei tre re dove il re è uno solo?
Ma diavolo! Voi non capite un cavolo! Sedete al tavolo
del mio bisavolo che ve lo dirà! Già, si sa, qua,
in verità, ognun fa come si fe’ in età andata là,
ma, chi va più in là troverà l’orsa maggiore
che pende dalle tende stupende ed orrende
d’una donna che vende pere cotte!
E così, con piacere
ognuno può vedere che l’affare dei futuristi
finisce a pere… (cotte, s’intende!)
La tromba che fromba, la bomba che piomba e ribomba
la tromba che stromba, la romba che romba e che slomba
son cose che tombano dentro la tomba, oramai!
Via la grammatica, la matematica, la cinematica,
la metafisica chimica algebrica storica tipica geodinamica,
via la dinamica statica e la filosofia pratica impratica!…
Perché dire. «Io sono stato» invece di: «Io ho stato?»
Lo stato sempre lo stesso rimane, ed alla Camera
chi mai s’impegola in certe regole se c’è la fregola
di fare un discorso? E tanti giornalisti,
non sono, per questo riguardo, ultrafuturisti?
Perché due e due fanno quattro? Per conto mio
quant’è vero Dio, lo dico io, due e due fan sessantasette!
E fate la prova dell’addizione e vedrete
che due cornicelli più due cornicelli
dànno per totale il maestro Toselli!
E la sottoscrizione perché farla, quando la fanno
i ministri, destri o sinistri, da tutti i registri?
E non resta mai resto!
Perciò, o mappamondo immondo fondo e profondo
tondo o rotondo
giocondo e inverecondo o vagabondo, io mi sprofondo
dandomi al futurismo, ch’è, come ho detto,
quel concetto perfetto ond’io metto il colletto sul petto
il berretto al posto della calzetta, la scarpa in testa,
la giacchetta alle gambe, i calzoni alle braccia,
mi seggo con la faccia e fumo… dall’altra parte,
e penso coi piedi, cosa che, del resto i tanti
dannunzieggianti pascolanti carduccianti petulanti
già van facendo da dieci anni avanti!
Ed io son futurista ed ho la batracomiomachia
nell’apocalissi mia, onde suvvia, così sia, ho scritto
la presente grossa futuristeria!…”
Gil Blas
Non era nuovo, il Veneziani, a satireggiare nei confronti di certe “avanguardie” letterarie. Due anni prima, sulla rivista «Vita letteraria» del 16 ottobre 1908, certi aspetti della poesia “crepuscolare” erano stati presi di mira con la poesia Nuances.
Le sue prime opere teatrali sono La via più corta, rappresentata al Teatro Fiorentini il 29 aprile 1910, e la commedia in tre atti La pubblicità è l’anima del commercio, rappresentata all’Augusteo il 30 gennaio 1915. Nel periodo napoletano fu attivo anche come disegnatore e umorista, autore di numerose “macchiette” interpretate dal comico Nicola Maldacea. Fu collaboratore della rivista teatrale «La Maschera» e del mensile «Ma chi è?…».
Carlo Veneziani si trasferì quindi a Milano, dove in breve si inserì tra i più importanti autori nell’ambito del filone del teatro del grottesco. Tra le sue commedie si possono ricordare almeno Il braccialetto al piede (1917), Finestra sul mondo (1918), Colline filosofo (1920), L’antenato (1922, scritto per Antonio Gandusio al quale dedicò anche un gustoso “profilo”) e Alga Marina, del 1924, che rimane forse la sua opera più nota per lo scalpore che seguì all’interpretazione di Paola Borboni al Teatro Filodrammatici di Milano, nel 1925, che in una scena mostrava il seno nudo. Condannata ovviamente dal moralismo dei benpensanti, la commedia ottenne, aiutata anche da queste polemiche, un importante successo di pubblico.
Altre sue commedie di genere più leggero, talvolta comico, talvolta sentimentale, che hanno avuto successo, specie nel primo dopoguerra: La galoppata delle tartarughe (1919); Io prima di te (1919); La serenata al vento (1926); Castore e Polluce (1933), e Il pescatore di Balene (1938) dove il protagonista in età ormai avanzata e dopo un passato avventuroso come pescatore di balene, scopre improvvisamente di avere un figlio, e questo fatto muta la sua esistenza; interviene quindi a più riprese per salvare sia la vita sentimentale che professionale del figlio stesso.
Negli anni ’30 e ’40 fu attivo anche nell’ambito cinematografico, come sceneggiatore sia per il cinema muto che sonoro. Tra le sue più note sceneggiature ricordiamo L’Antenato (1936), Il capitano degli ussari (1940), Validità giorni 10 (1940). Nella stagione 1941-42 diresse la Compagnia Italiana del Teatro Comico Musicale con Cesco Baseggio, Andreina Carli e Carlo Lodovici. Fu collaboratore di radio EIAR, che trasmise alcuni suoi radiodrammi.
Nel 1944, subito dopo la liberazione di Roma dai tedeschi, fu autore di una fortunata raccolta di aneddoti sul fascismo che si presenta in pratica come la prima opera satirica sul defunto regime a guerra ancora non conclusa.
Morì a Milano il 17 gennaio 1950.
Fonti:
- M. D’ambrosio: Nuove verità crudeli. Origini e primi sviluppi del futurismo a Napoli. Napoli, 1990.
- S. D’Amico: Il teatro contemporaneo. Roma 1932.
- R. Redi: Cinema scritto : il catalogo delle riviste italiane di cinema, 1907-1944.
- F. Donini: Vita e poesia di Sergio Corazzini. Torino, 1948.
Note biografiche a cura di Paolo Alberti
Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)
- Antonio Gandusio
Una piccola monografia dedicata ad Antonio Gandusio, che nel 1919, anno in cui venne pubblicato questo libretto, era già notissimo. Veneziani regala un frizzante profilo di un attore teatrale – e successivamente cinematografico – che era all’epoca decisamente sulla cresta dell’onda. - Colline, filosofo. Il ritratto di Musetta
Nei due testi teatrali riuniti in questo volume Carlo Veneziani propone una rilettura del famoso romanzo La Bohème scene dalla scapigliatura parigina di Henri Murger, fonte di ispirazione anche per Puccini. Nel primo lavoro il ruolo di protagonista è affidato al filosofo Colline. - Vent’anni di beffe
Questo era il fascismo
Veneziani, con questo testo, combatte il fascismo con le armi che gli sono congeniali e che spesso sono state le armi degli umili per irridere i potenti, una forma di ribellione, talvolta l’unica a disposizione delle classi oppresse, sempre comunque adatte a far crollare la sacralità del potente di turno.