Filippo VillaniFilippo Villani, figlio di Matteo e nipote di Giovanni, nacque a Firenze intorno al 1325, nel quartiere di San Procolo, tra Santa Maria del Fiore e Santa Croce. La madre era Luisa di Monte Buondelmonti.

Si dedicò agli studi giuridici presso l’Università di Firenze, ottenne il titolo di dottore e la qualifica di iurisperitus intorno al 1360 e nel 1361 fu incaricato ad legendum (cioè dell’insegnamento) presso lo Studio fiorentino. Lo Studio era quella sorta di università attiva a Firenze fin dal 1321, insignita nel 1348 con il nome di Studium Generale, al quale papa Clemente VI aveva concesso gli stessi privilegi di cui godevano le altre università.

Nel 1366, pochi anni dopo la morte del padre, sposò Salvestra di Bartolo della Castellina. Ebbero una figlia, Lisa.

Pur avendo una formazione giuridica, rimase nell’ambito professionale dei Villani e fece parte dell’Arte dei Mercatanti o di Calimala. Proprio in quanto rivestiva questa duplicità di interessi professionali, nel 1375 fu incaricato dai consoli della sua corporazione di tutelare gli interessi di alcuni mercanti fiorentini davanti al tribunale di Genova. Il complesso processo opponeva i mercanti fiorentini agli armatori appartenenti alle più prestigiose famiglie genovesi. Dopo alcuni mesi la causa fu vinta dagli armatori.

Tra il 1376 circa e il 1381 fu cancelliere a Perugia. Villani non aveva ricoperto mai cariche pubbliche, tuttavia doveva aver fama di persona di spessore, per ricevere questo incarico indubbiamente delicato e ben remunerato. La città umbra si era da poco liberata dal controllo della Chiesa ed era recente la sua alleanza con Firenze. Dopo un primo rinnovo della carica per due anni, la sua esperienza non proseguì.

Nel 1381 egli tornò a Firenze, dove rimase fino alla morte. Qui alternò l’attività di giurista agli studi danteschi, nei quali ebbe riconoscimenti e soddisfazioni. Filippo Villani fu uomo colto, vicino ai più brillanti intellettuali della sua epoca, tra i quali Coluccio Salutati e Franco Sacchetti (del Sacchetti qui in Liber Liber sono presenti alcune opere). Villani rappresentò il passaggio da una cultura di tradizione mercantesca alla cultura che si stava svolgendo verso i più puri canoni umanistici: a riprova di questo, come si vedrà, la relativa importanza del suo contributo alla Cronica del padre Matteo a fronte dell’impegno profuso nelle sue letture di Dante e nella sua esegesi alla Commedia.

Forse dopo il 1381 decise di proseguire la Cronica del padre Matteo, interrottasi per la morte di questi nel 1363 e che continuava la Nuova Cronica dello zio Giovanni. In questo lavoro, Filippo conservò un taglio decisamente locale. Ma il suo non fu un impegno molto sentito, evidentemente, se decise di interrompere il lavoro concludendo l’XI libro con il racconto della pace tra Firenze e Pisa nel 1364, riportando dunque ancora circa un solo anno di eventi.

Più o meno in questo stesso periodo Villani compose il Liber de origine civitatis Florentiae et eiusdem famosis civibus, dedicato a Firenze e Fiesole ed ai fiorentini illustri. Spiccano tra essi i ritratti di Dante, Petrarca e Boccaccio; in particolare nel capitolo De Vita et moribus Dantis poetae comici insignis, Villani accosta il divino poeta a Giotto e Cimabue come iniziatore dell’umanesimo, in contrapposizione alla desolazione del Medioevo. Nella sua opera l’autore fissa un precedente importante: l’idea che la pittura debba essere annoverata tra le arti liberali e non tra le arti applicate, com’era stato fino ad allora, idea che ebbe una grande influenza sulla concezione umanistica dell’arte rinascimentale italiana.

Sul manoscritto chiese consiglio e parere a Salutati, il quale lo restituì a Villani con numerose annotazioni relative sia al contenuto, sia alla lingua. Fu una vera operazione di editing, che spinse l’autore anche ad ulteriori ricerche e ad un lavoro di revisione, da cui si arrivò ad una versione terminata intorno al 1395. Un volgarizzamento dell’opera fu realizzato da Antonio di Tuccio Manetti, umanista e matematico, tra il 1468 e il 1478. Nel Liber de origine, Villani ha superato il provincialismo e il carattere tardo-gotico della cronistica, che caratterizza il suo lavoro di continuazione dell’opera del padre e dello zio. Qui, nel Liber de origine, è fortemente presente la lezione umanistica, con una maggiore attenzione alla filologia, allo studio dell’antichità, alla posizione dell’uomo nel mondo e nella natura.

Riconosciuto dai suoi contemporanei come eliconius vir (dal Monte Elicona, noto nella mitologia greca come sacro alle Muse), fu chiamato come lettore della Divina Commedia nello Studio fiorentino tra il 1391 e il 1402 (o 1404), succedendo a Giovanni Boccaccio. Da questo incarico derivarono l’esegesi Expositio seu Comentum super ‘Comedia’ Dantis Allegherii del quale ci è pervenuta solo la parte relativa all’Inferno e per la quale utilizzò la lezione di Boccaccio, vari commenti del ‘300 e una lettera dello stesso Dante a Cangrande della Scala – e la redazione testuale di un importante codice (il Codice Laurenziano di Santa Croce), derivato dall’editio di Boccaccio. Il codice è considerato uno dei più importanti della tradizione antica della Commedia. Sempre negli stessi anni lo Studio fiorentino lo incaricò della lettura in volgare di opere di retorica di Cicerone. Proseguì anche la sua attività di giurista.

Morì nel 1407 circa.

Fonti:

Note biografiche a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi APS

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  • Cronica. Tomo V
    A miglior lezione ridotta coll'aiuto de' testi a penna
    Siamo al quinto ed ultimo Tomo della Cronica di Matteo Villani. Vi sono contenuti il Libro X (103 capitoli) e il Libro XI (102 capitoli), del quale, a partire dal cap. 61, il cronachista diventa Filippo Villani, essendo il padre Matteo deceduto nell’epidemia di peste del 1363.
 
autore:
Filippo Villani
ordinamento:
Villani Filippo
elenco:
V