L’“Autobiografia” di G.B. Vico venne composta nel 1725 e pubblicata a Venezia, nel 1728, in una “Raccolta di opuscoli scientifici e filologici” a cura di Angelo Calogerà, con il titolo “Vita di G.B. Vico scritta da se medesimo”.
L’opera, che conta meno di 100 pagine, descrive in terza persona gli accadimenti dell’autore, tralasciando quasi del tutto i particolari della sua vita privata e puntando l’accento sulla sua formazione da autodidatta.
Dall’incipit del libro:
Il signor Giambattista Vico egli è nato in Napoli l’anno 1670 da onesti parenti, i quali lasciarono assai buona fama di sé. Il padre fu di umore allegro, la madre di tempra assai malinconica; e così entrambi concorsero alla naturalezza di questo lor figliuolo. Imperciocché, fanciullo, egli fu spiritosissimo e impaziente di riposo; ma in età di sette anni, essendo col capo in giù piombato da alto fuori d’una scala nel piano, onde rimase ben cinque ore senza moto e privo di senso, e fiaccatagli la parte destra del cranio senza rompersi la cotenna, quindi dalla frattura cagionatogli uno sformato tumore, per gli cui molti e profondi tagli il fanciullo si dissanguò; talché il cerusico, osservato rotto il cranio e considerando il lungo sfinimento, ne fe’ tal presagio: che egli o ne morrebbe o arebbe sopravvivuto stolido. Però il giudizio in niuna delle due parti, la Dio mercé, si avverò; ma dal guarito malore provenne che indi in poi e’ crescesse di una natura malinconica ed acre, qual dee essere degli uomini ingegnosi e profondi, che per l’ingegno balenino in acutezze, per la riflessione non si dilettino dell’arguzie e del falso.


