Matteo VillaniMatteo Villani nacque a Firenze intorno al 1290 (o poco dopo; la data è incerta), ultimo dei quattro figli maschi di Villano di Stoldo, tra i quali il più noto Giovanni. La data di nascita potrebbe desumersi da un passo della sua Cronica relativo alla carestia del 1353 (libro III, cap. 76), ma l’interpretazione può non è essere univoca. La famiglia era originaria di Borgo San Lorenzo nel Mugello; il padre era iscritto all’Arte della Lana e nel 1300 ricoprì il priorato. La madre era Fia di Ugolino da Coldaia, una famiglia proveniente anch’essa dalla zona del Mugello e legata agli Ubaldini.

Non sono pervenute molte notizie sulla vita di Matteo Villani. Forse dopo un primo matrimonio con Taddea di Domenico Ciampelli (o Monna de’ Pazzi, secondo altre fonti), sposò Luisa di Monte Buondelmonti. Anche il numero dei figli è incerto: vari studi attribuiscono loro Filippo – che proseguì la Cronica alla morte del padre –, Alberto e Lena, ma anche Talana, Eusebio e Giovanni; studi più recenti aggiungono alla lista due figlie illegittime, Antonia e Bona.

Fu di professione mercante, ma anche attento cronista. Come il fratello maggiore Giovanni, era associato alla società dei Buonaccorsi, famiglia fiorentina che aveva creato un’importante compagnia mercantile e bancaria; dal 1319 divenne responsabile, con Tingo Alberti quali “mercatores et socii de societate Bonaccursorum de Florentia Neapoli morantes“, della loro filiale a Napoli, dove Villani rimase fino al 1325. Egli incarnava il ceto cittadino guelfo, ostile tanto all’oligarchia urbana che lo vuole escludere dal governo della città, quanto ai ceti inferiori che tentavano la scalata sociale o con tumulti di piazza o con personali dimostrazioni di arrivismo, modi per lui inaccettabili.

Nel 1322 venne stipulato un accordo privato tra i quattro fratelli Villani. Ma il padre prese posizione a favore di Giovanni e Matteo contro i fratelli Francesco e Filippo, dichiarando nel suo testamento di non riconoscere alcuna validità al patto familiare del 1322. L’accordo e la conseguente decisione del padre furono forieri di frequenti dissapori all’interno della famiglia.

Tra il 1333 ed il 1335, sempre per conto dei Buonaccorsi, Matteo Villani fu ad Avignone. Nel 1341 tornò a Napoli e ma la grande crisi che travolse, a partire dal 1342, quasi tutte le maggiori aziende fiorentine stava per esplodere e i Buonaccorsi furono tra i primi ad essere sottoposti alla procedura fallimentare dopo un precipitoso ritiro dagli affari avvenuto fra il maggio e il giugno 1342. I Buonaccorsi cessarono improvvisamente l’attività, fuggendo dalla città. Se è quasi certo che essi avevano conferito le quote più rilevanti del capitale sociale, la partecipazione commerciale dei soci estranei alla famiglia – Giovanni e Matteo Villani, Rosso Aldobrandini, Tingo Alberti ed altri ‒ fu assai rilevante. Tutti furono travolti nel fallimento. A seguito di questo, per debiti del marito, la moglie Lisa trascorse un periodo – l’inverno 1343-1344 – nel carcere fiorentino delle Stinche. Anche il fratello Giovanni subì la detenzione nel 1346.

Matteo tornò quindi a Firenze dove, pare, rimase stabilmente. Pur avendo già ricoperto qualche incarico pubblico, dopo il rientro nella sua città, fu costretto ai margini della vita pubblica, forse soltanto divenendo scriba e ragioniere del Monte dove la sua famiglia aveva fatto grandi investimenti. Peraltro nello stesso anno la lite familiare si aggravò: Francesco agì contro Matteo, per ottenere il rispetto di una clausola dell’accordo del 1322.

Qualche anno dopo la morte del fratello Giovanni, durante la peste del 1348, continuò la stesura della sua Nuova Cronica, compilando altri undici libri, che compongono la Cronica, fino all’anno della sua morte; l’opera fu poi proseguita da suo figlio Filippo. Né nel testo della Cronica nè altrove si indica il momento in cui Matteo Villani, forse incoraggiato da amici, decise di proseguire l’impegno del fratello Giovanni: pochi cenni fanno supporre la data del 1356.

Nel 1357 Villani fu chiamato a rispondere davanti al tribunale della Mercanzia per una truffa e nel 1362 subì un processo per ghibellinismo, da cui uscì assolto; ma di nuovo denunciato dai guelfi, nel 1363 fu dichiarato ineleggibile ai pubblici uffici.

Morì a Firenze, vittima di una nuova epidemia di peste, il 12 luglio 1363.

Fonti:

Note biografiche a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi APS

Cronica

La Cronica, di Matteo e Filippo Villani, in 11 libri, riparte lì dove si era bruscamente arrestata quella del fratello di Matteo, Giovanni, morto nell’epidemia di peste nera del 1348. È dunque la rigorosa narrazione dei fatti contemporanei a Matteo fino all’anno della sua morte, nel 1363, durante la nuova ondata di peste. Altri 42 capitoli avrebbe poi aggiunto alla cronaca il figlio Filippo. L’opera è pervasa da un profondo pessimismo: Matteo stesso definisce la sua opera:

«Noi avemo detto più volte, che ‘l mondo per lo suo peccato non sa nè può stare in riposo, e le sue travaglie, le quali scrivemo, ne fanno la fede, che si può dire veramente l’opera nostra il libro della tribolazione, e nuove.». (Libro IX, cap. 38)

Naturalmente la Cronica, oltre che testimonianza di fatti, è anche un modo certo per conoscere la cultura ed il pensiero politico del suo principale autore: egli era indubbiamente un appassionato lettore e non solo di testi storici; leggeva Petrarca e Boccaccio e i classici. Per Matteo Villani conoscere la storia passata costituiva un forte insegnamento per assistere i politici nel governo della cosa pubblica. Faceva parte del ceto cittadino guelfo, ostile tanto all’oligarchia urbana, quanto ai ceti inferiori che tentavano la scalata sociale con modi a volte violenti, per lui inaccettabili.

Non è certo il momento in cui egli decise di continuare l’opera del fratello Giovanni: vari accenni fanno supporre che ciò avvenne forse solo dopo il 1356. Infatti le notazioni precedenti a quella data appaiono più scarne e come aggiunte successivamente. Tra il 1356 e il 1358 egli sembra aver riempito gran parte del gap delle cronache tra il 1348 ed il periodo a lui contemporaneo. Dal 1361 finalmente Matteo sembra essere in grado di aggiornare praticamente ‘in diretta’ la sua opera. L’ultima annotazione di sua mano è del 1° luglio 1363, una decina di giorni prima della morte.

La Cronica di Matteo Villani si apre dunque con un resoconto dell’epidemia di peste nera del 1348 – che colpì severamente tutta l’Europa e che è considerata dall’autore una cesura nella storia della città – e si chiude con note sulla peste (chiamata anguinaia) del 1363. È un periodo di forte calo demografico ‒ dal 40 al 60 % della popolazione ‒, di grave instabilità economica anche a causa della diminuzione di mano d’opera, di frequenti guerre e razzie da parte delle compagnie di ventura. Villani non si limita a fornire informazioni su Firenze, che comunque è centrale nell’opera insieme con altre città toscane: altri eventi in Italia (in particolare in Romagna, a Milano, nel Regno di Napoli, in Sicilia) e in Europa (in primo luogo Francia, Inghilterra, Spagna) vengono raccontati.

Pur essendo incentrata sulla cronaca degli eventi spesso luttuosi di un periodo importante e grave della vita di Firenze, la trattazione di essi porta l’autore a fare riflessioni gravi sul valore della vita. La Cronica di Matteo è considerata meno viva e forse anche meno attendibile di quella del fratello – anche se l’editore Ignazio Mautier, attribuisce la colpa di questa analisi alle precedenti edizioni imperfette dell’opera ‒. L’esposizione è spesso confusa tanto che l’autore si obbliga a fare delle ricapitolazioni, inserendo dei flashback, pur sostenendo che la composizione è così voluta per non annoiare il lettore.

La Cronica sembra riflettere il tramonto dei due poteri universali del mondo medievale, impero e papato, senza peraltro indicare sostitutive ipotesi ideologiche, se non, in un generale senso di precarietà, suggerire un generico programma conservatore rivolto essenzialmente alla soluzione dei problemi contingenti, senza una visione del futuro, come invece si ha in Dante.

Nella Cronica sono presenti numerose registrazioni di eventi notevoli legati a fenomeni naturali – apparizioni di comete, catastrofi climatiche o nascite mostruose ‒, rifacendosi così a quanto usava nelle opere degli storici classici.

Quando la penna passa nelle mani di Filippo, la narrazione inizia con la descrizione della morte del padre e l’autore esplicita i motivi che lo spingono a proseguire il suo lavoro. Egli dichiara che il padre

«meritevolmente essere da laudare, in quanto esso con lo stile che a lui fu possibile non sofferse, che perissono le cose occorse nel mondo per lo tempo che scrive degne di memoria, quindi apparecchiando materia a’ piu delicati e alti ingegni di riducere sue ricordanze in più felice e rilevato stile, qui a me Filippo suo figliuolo lasciando il pensiere di seguitare su per infino alla pace fatta con i Pisani, per non lasciare la materia intracisa, e cosi m’ingegnerò di fare la storia di tempo in tempo, con l’altre cose occorse nell’altre parti del mondo le quali a mia notizia perverranno.»

Ecco dunque chiaro l’intento dei Villani, i quali riportando, con il loro stile di cronachisti, gli eventi storici di cui furono testimoni o di cui vennero a conoscenza, preparano la materia per gli storici, che elaboreranno questi ricordi con lo stile che si addice alla Storia. Filippo terminerà il suo lavoro con la pace tra Firenze e Pisa del 1364.

I primi quattro libri dell’opera furono stampati a Firenze nel 1554 dal tipografo Laurens van den Bleeck (Lorenzo Torrentino). L’edizione del 1562 per i tipi dei Giunti (cosiddetta Edizione giuntina), stampata in Venezia, con note di Remigio Nannini, si ferma al libro XI cap. 85; una seconda edizione, per gli stessi stampatori, del 1581, emendata con il riscontro di un manoscritto dell’anno 1378 «scritto come parla l’antica tradizione da Ardingo di Corso de’ Ricci» (cosiddetto codice Ricci), contiene un capitolo in più della precedente. I ventisette capitoli che completano il libro IX e i due ultimi libri X e XI, derivati dal codice Ricci, furono stampati dai Giunti a Firenze nel 1577. Nel 1596 fu fatta una ristampa, che comprende il proseguimento di Filippo (ultimi quarantadue capitoli del libro XI).

Seguirono varie ristampe e nuove edizioni, tra le quali quella del 1825-1826 dalla quale è tratto questo ebook, che, scrive il curatore Ignazio Moutier «potrebbe ragionevolmente chiamarsi un’esatta copia del codice Ricci, se i pochi luoghi che in esso si trovano errati non avessero domandato il soccorso d’altri codici antichi per rettificarne gli errori», fino all’edizione critica del 2007 a cura Giuseppe Porta, promossa dalla Fondazione Pietro Bembo (Parma, Ugo Guanda).

Sinossi a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi APS

Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)

  • Cronica. Tomo I
    A miglior lezione ridotta coll'aiuto de' testi a penna
    La Cronica, di Matteo e Filippo Villani, in 11 libri, riparte lì dove si era bruscamente arrestata quella del fratello di Matteo, Giovanni, morto nell’epidemia di peste nera del 1348. È dunque la rigorosa narrazione dei fatti contemporanei a Matteo fino all’anno della sua morte, nel 1363, durante la nuova ondata di peste. Altri 42 capitoli avrebbe poi aggiunto alla cronaca il figlio Filippo. Questo primo Tomo contiene i Libri I (98 capitoli) e II (59 capitoli).
  • Cronica. Tomo II
    A miglior lezione ridotta coll'aiuto de' testi a penna
    Il secondo Tomo contiene il Libro III (111 capitoli) e il Libro IV (92 capitoli). Nel Libro III entra il tema della «gran tempesta» causata dalla presenza in Italia delle compagnie di ventura. Lunghe pagine sono dedicate alle relazioni tra i comuni della Toscana e la Chiesa, a molte dispute bellicose interne alle città toscane e tra città umbre.
  • Cronica. Tomo III
    A miglior lezione ridotta coll'aiuto de' testi a penna
    Il terzo tomo della Cronica contiene il Libro V (88 capitoli), il Libro VI (84 capitoli) e il Libro VII (104 capitoli). Il Libro V si apre con l’incoronazione di Carlo di Lussemburgo a Roma. Questa avvenne il 5 aprile 1355 per mano di Pierre Bertrand, incaricato da papa Innocenzo VI (si ricorda che la cosiddetta cattività avignonese terminò nel 1377). Si narrano numerose gesta dell’imperatore in varie parti d’Italia. Villani espone la sua tesi sull’incapacità dei tedeschi a governare l’Impero romano.
  • Cronica. Tomo IV
    A miglior lezione ridotta coll'aiuto de' testi a penna
    Il quarto Tomo della Cronica contiene il Libro VIII (110 capitoli) e il Libro IX (113 capitoli). L'autore apre il libro con la presentazione di frate Iacopo del Bossolaro, agostiniano che alla metà del XIV sec. incitò i pavesi ad opporsi alle mire espansionistiche dei Visconti di Milano.
  • Cronica. Tomo V
    A miglior lezione ridotta coll'aiuto de' testi a penna
    Quinto ed ultimo Tomo della Cronica di Matteo Villani. Vi sono contenuti il Libro X (103 capitoli) e il Libro XI (102 capitoli), del quale, a partire dal cap. 61, il cronachista diventa Filippo Villani, essendo il padre Matteo deceduto nell’epidemia di peste del 1363.
 
autore:
Matteo Villani
ordinamento:
Villani, Matteo
elenco:
V