Dall’incipit del libro:
Giorgio rivide il Casone del Terraggio di Porta Magenta parecchi anni dopo che gli erano cresciuti i baffetti biondi. La facciata aveva pur sempre i solchi delle sassate dei monelli che avevano giocato con lui, e la lunga crepa perpendicolare, che pareva volesse dimezzarla, aveva conservato al centro la schiacciatura della martellata di Ernesto. Guardando, gli risorgevano gli anni in cui aveva sculacciato per il terriccio con la ragazzaglia del Casone. La penultima tegola del murello d’entrata era ancora senza la parte sporgente, sbattuta via dal suo bastone. Non c’era nulla di cambiato nell’edificio. Sole le persone avevano subito qualche trasformazione. A momenti non riconosceva più Marianna, l’ortolana che occupa va il dorso della muraglia scrostata tra l’osteria e l’entrata dell’edificio. Gli sembrava invecchiata. Era lì che innaffiava il largo della verzura, pigiata tra il mucchio delle cipolle e dei rapanelli rossi, con il cavo della mano che attingeva al secchio posato sul ventre. Gli anni le avevano calcato uno zinzino le spalle nello stomaco e messo qualche rughettina sulla fronte bassa e convessa, ma non le avevano fatto scomparire la grandiosità del seno, nel quale si tuffavano ancora con piacere gli occhi libertini dei domestici delle case signorili di Sant’Ambrogi.


