Publio Virgilio Marone nacque presso Mantova nel 70 a .C. e morì a Brindisi nel 19 a .C.
Di famiglia contadina benestante, ebbe modo di ricevere una buona formazione frequentando le scuole a Cremona, a Milano e poi a Roma, dove fu discepolo del retore Epidio e conobbe l’allor giovane Ottavio, il futuro Ottaviano Augusto.
Ultimati gli studi, dopo un tentativo infruttuoso di praticare l’eloquenza, si dedicò allo studio della filosofia presso l’epicureo Sirone a Napoli. Qui conobbe e frequentò illustri rappresentanti del mondo culturale dell’epoca, da Vario Rufo a Plozio Tucca, da Quintilio Varo a Orazio.
Contemporaneamente alla sua formazione filosofica fiorì la sua vocazione poetica. All’inizio del suo soggiorno partenopeo (fra il 42 e il 39 a .C.) compose le Bucoliche, una idealizzazione della vita pastorale, che lo segnalarono all’attenzione di Mecenate e di Ottaviano che gli accordarono il loro favore.
Sotto la loro protezione Virgilio portò a termine, fra il 37 e il 30 a .C., le Georgiche, un poema didascalico sulla vita contadina in quattro libri, dedicati rispettivamente alla coltivazione dei campi, alla coltura degli alberi e della vite, all’allevamento del bestiame e all’apicoltura.
Successivamente si dedicò per il resto della sua vita alla sua opera più importante, l’Eneide, poema epico che narra le vicende delle peregrinazioni di Enea dopo la fuga da Troia e del suo sbarco in Italia. Dopo la prima stesura di quest’opera, prima di procedere a una revisione, Virgilio decise di compiere un viaggio in Grecia e in Asia Minore per visitare i luoghi dove si svolgeva l’inizio del poema.
Si imbarcò quindi, ma giunto ad Atene vi incontrò Augusto che tornava dall’Oriente e che lo convinse a seguirlo in Italia. Durante il viaggio di ritorno fu colto da un accesso febbrile e, giunto a Brindisi, peggiorò e morì.
Fu sepolto a Napoli lungo la via per Pozzuoli, e sulla sua tomba fu posta questa epigrafe che la tradizione attribuisce allo stesso poeta morente:
Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenet nunc
Parthenope: cecini pascua, rura, duces.
Tra le sue opere includiamo un riferimento a l'”Eneide: ricordi di un reduce troiano in dialetto genovese“, una libera traduzione di Niccolò Bacigalupo.
Note biografiche a cura di Laura Barberi.