L’attore, capocomico e commediografo Raffaele Viviani è stato, assieme a Eduardo De Filippo, il grande protagonista della drammaturgia napoletana del ‘900.
Raffaele Viviani nacque a Castellammare di Stabia nel 1888. Il vero cognome era Viviano e quando l’autore/attore era ormai ben noto mutò il suo cognome in Viviani, considerando questa forma più artistica e teatrale.
La sua era una famiglia povera e numerosa. La madre, Teresa Sansone, era casalinga e il padre, Raffaele, era stato cappellaio e addobbatore di feste e divenne in seguito impresario e vestiarista teatrale dell’Arena Margherita di Castellammare di Stabia. Era un modesto teatro in cui recitavano i “Pulcinelli”, vivaci tragi-comiche maschere di una commedia dell’arte tutta napoletana. Alla nascita, ultimo di quattro figli, di Papiluccio – come il piccolo Raffaele veniva chiamato in famiglia – il padre dovette far fronte ad un sequestro tributario e la famiglia si trovò in gravi ristrettezze e fu costretta a trasferirsi a Napoli.
Il padre, per far fronte alle difficoltà, diventò fornitore di costumi e attrezzature sceniche e, nel 1893, grazie al recupero di materiali di scena sfuggiti al sequestro, costruì il teatro “Masaniello” presso Porta Capuana e fu proprietario di altri piccoli teatri popolari. Giorno dopo giorno il padre trasmetteva a Papiluccio la sua grande passione per il teatro. Così il piccolo iniziò all’età di quattro anni e mezzo a calcare le tavole dei palcoscenici popolari di Napoli. Indossò un abito da pupo, un piccolo frac, e cantò in uno spettacolo marionettistico nel Teatrino di Porta San Gennaro, conosciuto come S. Carlino a Foria o Nuovo S. Carlino, sostituendo un tenore ammalato ed esibendosi al fianco della sorella Luisella, che sarebbe diventata anch’ella attrice e grande cantante. L’esordio, che mostrò le sue grandi doti sceniche, fu un trionfo e l’avvio di una carriera fulminante. A sei anni recitò nel dramma Masaniello, messo in scena nell’omonimo teatro gestito dal padre.
Le umili origini della famiglia Viviani segnarono fortemente la vita del ragazzo; sacrifici e stenti furono all’ordine del giorno e quando nel 1900 la prematura scomparsa del padre (Raffaele aveva appena 12 anni) aggravò ulteriormente le già disagiate condizioni familiari, la perdita del riferimento paterno costrinse il ragazzo ad una forzata maturità. Dovette occuparsi della madre e dei suoi e trascorse periodi nella più cupa miseria; Raffaele da buon scugnizzo, passava intere giornate per le strade e per i vicoli di una Napoli pericolosa, ma dalla quale ogni giorno imparava ‘l’anima’ del popolo. Era dotato di caparbia determinazione e sapeva di avere un talento naturale da mettere a frutto. Nonostante fosse analfabeta, studiò da autodidatta e seppe riscattarsi socialmente e culturalmente dopo un lungo tirocinio da artista poliedrico qual’era, lavorando nei caffè-concerto e nei varietà come macchiettista e dicitore di canzoni e creando una serie di personaggi ripresi dalla vita popolare napoletana.
Nel 1902 entrò in un circo equestre, il “Circo Scritto”, e l’anno seguente fece parte della “Compagnia di Varietà Bova e Camerlingo” in una tournée nel nord d’Italia. A Civitavecchia conobbe Ettore Petrolini. Tornato a Napoli nel 1904 riuscì a farsi scritturare al Politeama Petrella e interpretò per la prima volta ’O scugnizzo; questa interpretazione gli valse numerose scritture e fortunate tournée in Italia e all’estero. Da quello Scugnizzo, che la stampa definì un ‘prodigio di verità’, nacque la sua leggenda.
Egli diede voce ai sentimenti, alle passioni, alle ingiustizie e alle rivendicazioni dell’umile plebe napoletana. Studiò la società in cui visse e costruì diversi personaggi teatrali fissi, crudamente realistici e ricchi di una comicità e un’ironia a volte tragiche, derivati anche dalla tradizione folcloristica partenopea e dai canti popolari. Erano le macchiette come ‘o scugnizzo, che fu il suo cavallo di battaglia; divenne la sua maschera drammatica, che rifletteva la cinica e dura realtà storico-sociale di Napoli.
Trovò scrittura prima all’Eden e poi al Teatro Nuovo, dove divenne popolarissimo, centrando un successo dopo l’altro. Per l’Arena Olimpia creò Fifi Rino, caricatura del tipo del gagà (1905), la sua prima canzone comica ‘impastata’, come diceva lui, di versi, prosa e musica. Nel 1908 al Teatro Nuovo conobbe Maria Di Maio, nipote di Gaetano Gesualdo, finanziatore e impresario teatrale, e nel 1912 si sposarono, lui ventiquattrenne e lei diciottenne. Ebbero quattro figli: Vittorio, Yvonne, Luciana e Gaetano.
Nel 1909 fu chiamato, insieme con la sorella Luisella, per l’inaugurazione del Teatro Jovinelli a Roma e fu scritturato per alcune rappresentazioni. Nel 1911 fu scritturato per il Fowarosi Orpheum di Budapest per rappresentarvi le sue macchiette. Al ritorno si esibì alla Sala Umberto di Roma. Il suo nome e la sua arte iniziarono ad essere apprezzati in tutte le importanti sale di Varietà d’Italia e con il moltiplicarsi delle scritture crebbe la capacità di essere impresario di sè stesso e della sorella e di proporre eventi completi con numeri scritturati direttamente da lui ormai divenuto capocomico. Questa sorta di compagnia “Tournée Viviani”, fondata nel 1916, si esibiva in tutta Italia.
I personaggi della Napoli popolare, pieni di speranze e delusioni, erano il cuore della sua vita e passione di attore e di scrittore di teatro. L’attività di drammaturgo, oltreché di attore e regista, iniziò quasi casualmente dopo la disfatta di Caporetto (24 ottobre 1917) e la conseguente proibizione di organizzare spettacoli di varietà, considerati poco edificanti per i reduci dal fronte. Viviani non si perse d’animo: già aveva desiderio di passare alla prosa, si dedicò così alla scrittura di atti unici. Il suo debutto avvenne il 27 dicembre del 1917 al Teatro Umberto di Napoli con la messa in scena del dramma ‘O vico, “commedia in un atto in versi, prosa e musica”.
L’esito felice dello spettacolo lo incoraggiò a fondare una propria compagnia di teatro di prosa dialettale, la “Compagnia d’arte nuova napoletana”, di cui fece parte anche la sorella come prim’attrice, che divenne la compagnia stabile dell’Umberto di Napoli e che fu diretta personalmente da Viviani fino al 1945. Seguì una ricchissima produzione. Per questa compagnia infatti egli scrisse tutto un particolare repertorio, di cui si ricordano varie opere di forte e autentica drammaticità: Zingari, Piscature, Circo Sgueglia, Fatto ‘e cronaca, Morte di Carnevale, Guappo ‘e cartone, Padroni di barche, ecc. Erano gli anni turbolenti e difficili che seguirono la prima guerra mondiale e il malessere del vivere si avvertì anche nell’opera di Viviani.
La struttura delle sue opere, che non aderiva quasi mai ai canoni del dramma realistico, non seguiva l’ordinato sviluppo di una sola vicenda ma era caratterizzata dall’accumulazione di varie storie e spesso in un’unica scena si alternavano elementi comici, tragici, grotteschi, patetici, che contribuivano a dare un’immagine di vita napoletana colta nella sua realtà autentica.
«Inventò una tecnica dell’impasto fra dramma personale e ambiente pittoresco, fra musica e parole, fra senso e colore. L’impasto era uno dei caratteri salienti della sua forma mentis artistica. Chi lo conobbe, ricorda il particolarissimo gesto delle mani rigirate l’una nell’altra con cui accompagnava la sua convinzione basilare: che in teatro i diversi elementi non dovessero essere intrecciati, ma impastati, di modo che non fosse più possibile separare, neppur volendo, la musica dall’intonazione della battuta, la composizione della messinscena dall’invenzione degli attori, la premeditazione dall’improvvisazione» (F. Taviani, Raffaele Viviani inventa un teatro, in F. Taviani, Uomini di scena uomini di libro, Bologna 1995, p. 113).
Il suo era teatro fatto di creature vive, ritratti umani tragico-comici della società. Quello dei suoi testi teatrali era un popolo di scugnizzi, di guappi, di prostitute, di ladri, di miseri vagabondi, di ambulanti, di vicoli, di rioni e di quartieri degradati, dove l’esistenza è dura e faticosa, la povertà e la miseria sono dietro l’angolo.
La scena realistica-popolare di Viviani era fatta anche di versi, di musica, di acrobazie, di canti e balli; tutto ciò faceva parte di un genere teatrale minore, il Varietà, molto diffuso tra fine Ottocento e primo Novecento. All’inizio per le musiche aveva ingaggiato un maestro di pianoforte al quale canticchiava i motivi che venivano trascritti in note. Quando la situazione economica andò migliorando Viviani si potè permettere un pianoforte, ed anche una nuova casa nel Corso Vittorio Emanuele.
Gli anni Venti segnarono la piena affermazione professionale di Viviani. Nel 1925 recitò a Tripoli e nel 1929 partì per una tournée di sei mesi in America Latina. Ma il suo varietà popolare dovette però presto fare i conti con l’Italia fascista, nella quale le rappresentazioni del macchiettista napoletano erano scandalo. L’Italia della borghesia benpensante e la cultura e la censura fascista chiesero ed ottennero i tagli sui copioni di Viviani.Il successo iniziò a scemare negli anni del pieno regime, quando la rappresentazione della miseria, sempre così viva nel teatro di Viviani, stonava con la propaganda fascista. Fu infatti lo stesso pubblico ad ostracizzare un teatro che metteva scomodamente a nudo le realtà più drammatiche della convivenza umana. Inoltre la politica linguistica disposta dal regime fascista, che voleva l’eliminazione delle lingue straniere (e dei dialetti) dal parlato e dai luoghi pubblici, a favore della lingua italiana, ostacolò pesantemente la sua attività.
Sul finire degli anni ’30 Viviani si propose come interprete di opere altrui (in realtà non abbandonando mai veramente la scritture di nuovi testi), ma il nuovo successo dovette scontrarsi con le difficoltà all’indomani dell’entrata in guerra dell’Italia, tanto che la compagnia recitava fra un allarme aereo e l’altro, tornando in scena dai rifugi appena tutto taceva.
Prese avvio un altro stile del teatro di Viviani, anticipatore della poetica neorealista del dopoguerra: egli pose al centro della sua ispirazione Napoli come problema sociale. Questa stagione culminerà con i testi Muratori (1942) e I dieci comandamenti (1947) scritta a quattro mani con il figlio Vittorio, ma queste opere non ebbero il favore del pubblico borghese che non amava vedere in scena “gli stracci”.
Negli anni Quaranta iniziò la lunga malattia che lo avrebbe portato alla morte: le sue apparizioni in scena si diradarono – nel giorno di Pentecoste del 1945 Viviani recitò per l’ultima volta il suo ’O vico, commedia con la quale aveva esordito nel 1917 – ma non si fermò la sua produzione artistica, anche se le opere composte in questa fase non saranno mai rappresentate. Dopo la guerra, l’ultimo suo sogno fu quello di creare a Napoli un teatro stabile.
Raffaele Viviani morì a Napoli il 22 marzo del 1950, all’età di 62 anni, dopo aver trascorso lunghi mesi di sofferenza nel proprio letto a causa del suo male incurabile. La sua ultima volontà fu quella di vedere la sua città dalla sua finestra: «Arapite, faciteme vede’ Napule». Dal 1960 riposa nel Quadrato degli Uomini illustri al Cimitero di Poggioreale a Napoli.
Interprete e allestitore eccellente del proprio teatro, affrontò occasionalmente, con ottimi risultati, anche opere altrui. Viviani, sebbene sia stato sempre giudicato positivamente dalla critica e dalla stampa del suo tempo, è stato considerato un sommo artista del teatro italiano del Novecento solo dopo la sua scomparsa. Negli ultimi anni di vita, scriveva alle varie case editrici perché pubblicassero il suo teatro. Le risposte erano fredde ed evasive. L’opinione corrente di allora considerava le sue commedie semplici canovacci. Solo quando, nel 1957, apparve una prima selezione del suo teatro, si scoprì che il margine di estemporaneità era nullo: l’autore aveva fissato nel testo scritto, nelle didascalie e nella presentazione dei personaggi, la sua opera in modo compiuto. Egli odiava ogni forma di faciloneria e da sempre impose a se stesso e agli attori della propria compagnia un rigore interpretativo e una fedeltà al testo scritto assolutamente sconosciuti nel teatro napoletano di allora. Era un regista esigentissimo, che non perdonava neanche il più piccolo sbaglio. Gli attori erano tenuti a imparare le parti a memoria già durante le prove e non era consentito l’aiuto del suggeritore.
Viviani si avvicinò anche al cinema: comparve, insieme con la sorella Luisella, in tre film girati nel 1908, ma purtroppo queste pellicole sono andate perdute, e infine fu protagonista di due soggetti cinematografici tratti dal suo repertorio teatrale: La tavola dei poveri (1936), sceneggiatura a quattro mani con Mario Soldati e la regia di Alessandro Blasetti, e L’ultimo scugnizzo (1939).
Compose anche numerose poesie dialettali, ispirate alla vita di rione e esaltate dalla straordinaria bellezza del dialetto napoletano, riunite in due raccolte pubblicate in vita: Tavolozza (1931) e …e c’è la vita! (1940). Scrisse un’autobiografia, Dalla vita alla scena (1928, ristampata dall’editore Guida di Napoli nel 1977 e nel 2012 pubblicata in una versione inedita rivista dallo stesso Viviani: Dalla vita alle scene. L’altra autobiografia 1888-1947, a cura di Maria Emilia Nardo, con i tipi di Rogiosi ). Anche il figlio Vittorio (Napoli 1914 – ivi 1978) fu molto attivo in campo teatrale come regista, librettista, adattatore di testi antichi.
Viviani ebbe anche un’importante esperienza radiofonica nel primo dopoguerra, con l’emittente “Rete Azzurra” (attuale RadioDue), per la trasmissione Voci e canti di Napoli.
L’azienda Autonoma di Cura Soggiorno e Turismo di Castellammare di Stabia fece erigere nel 1959 nella villa comunale un busto in memoria di Raffaele Viviani. Nello stesso anno, fu apposta al civico n.14 (sua casa natìa), dell’allora Salita II Marchese de Turris (attuale via Viviani, 12), una lapide commemorativa.
Alla Certosa e Museo di San Martino di Napoli la sezione teatrale chiude con una saletta dedicata a Viviani con dipinti e sculture, foto di scena, una terracotta di Vincenzo Gemito ed una fotografia dello scultore che modella la testa dell’attore. Nel 1926 l’artista di teatro aveva commissionato all’anziano grande scultore, al quale lo legavano profonda stima ed affetto, un suo ritratto da modellarsi in argilla. La terracotta oggi esposta riproduce naturalisticamente la fisionomia vivace e scanzonata di Don Rafele.
Lo scrittore Domenico Rea ricordò l’artista con questa breve, ma concisa descrizione fisica:
“Io vidi una sola volta Viviani a passeggio intorno alla sua casa di Corso Vittorio Emanuele II. Era alto, secco, legnoso, pelle e ossa, il volto asciutto, il naso camuso, la bocca svasata, gli occhi come un po’ strabici, i capelli ricciuti e lanosi. Era elegantissimo in papillon, fazzoletto nel taschino e scarpe bianche e nere. Camminava con aria guappesca, ma era lo stesso un triste e nobile signore plebeo”. («Il Venerdì di Repubblica», 1991)
Il Sistema Informatico Unificato per le Soprintendenze Archivistiche (SIUSA) segnala che fondi archivistici relativi a Raffaele Viviani sono presenti presso la Biblioteca nazionale di Napoli, Sezione Lucchesi Palli. Si tratta di un fondo di 455 documenti (datati dal 1907) che testimoniano l’intera attività dell’autore attraverso copioni, musiche, locandine, lettere e tanto altro. La cessione è stata disposta dagli eredi con l’intento di sottolineare l’appartenenza dell’archivio Viviani al patrimonio culturale della città. Nel verbale di consegna (1999), essi hanno voluto inserire l’auspicio che le autorità cittadine si impegnino a tutelare questo patrimonio ed a mantenere viva la memoria di una tradizione teatrale tra le più antiche e gloriose del mondo.
Scritti:
Viviani scrisse 67 testi teatrali, 25 adattamenti e 220 componimenti per il varietà.
- La prima pubblicazione del suo teatro è in Trentaquattro commedie scelte da tutto il teatro di Raffaele Viviani, a cura di Ettore Novi ; precedute da Vito Pandolfi, La commedia umana. Prefazione di Eligio Possenti, introduzione bibliografica di Alberto Spaini. 2 vol. Torino, Ed. tip. ILTE, 1957
- Tutta la produzione teatrale è raccolta in Teatro, voll. I-V, a cura di G. Davico Bonino, A. Lezza, P. Scialò, Napoli, Guida Editori, 1987-1991; vol. VI, a cura di A. Lezza, P. Scialò, introd. di G. Fofi, 1994.
- Una scelta dei testi maggiori è raccolta in I capolavori, a cura di A. Lezza, prefazione di R. De Simone, con una nota musicale di P. Scialò, Napoli, Guida editori, [1992]
Fonti:
- Raffaele Viviani, a cura della Biblioteca Nazionale di Napoli. Uno dei migliori esempi di biblioteca digitale, con una ricchissima raccolta di indicazioni di siti di approfondimento sulla biografia, il teatro, il cinema e i video di e su Raffaele Viviani; una sezione tematica sulla cultura della legalità e biblioteca digitale sulla camorra con riferimenti a Viviani; collegamenti ragionati ad audio e video in rete http://www.bnnonline.it/index.php?it/368/raffaele-viviani
- Teatro Napoletano. Archivio Raffaele Viviani, a cura di Nunzia Acanfora e Antonella Massa. Ricco sito a cura dell’Università di Salerno https://web.archive.org/web/20100924184821/http://www.teatro.unisa.it/viviani.php
- Nota bio-bibliografica di Raffaele Viviani, a cura di Salvatore Iermano. Sito curato dall’Università degli studi di Napoli Federico II. Dipartimento di studi umanistici https://www.bibliocamorra.altervista.org/index.php?option=com_content&view=article&id=220&Itemid=2
- Erika Vettone – Fiorella Amato, Viviani, Raffaele, attore, commediografo https://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/pagina.pl?TipoPag=prodpersona&Chiave=57908
- Viviani Raffaele ; Luciana Viviani, Un ubriaco di diciassette lire ; Yvonne Viviani, Raffaele Viviani : Ricordi. Interessanti testimonianze di vita delle figlie dell’attore e molto altro materiale https://www.interviu.it/canzone/viviani/viviani2.htm
- Valentina Venturini, VIVIANI, Raffaele, in Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 100 (2020) https://www.treccani.it/enciclopedia/raffaele-viviani_%28Dizionario-Biografico%29/ È interessante notare che una prima seppur breve biografia di Viviani comparve nell’Enciclopedia Italiana nel 1937.
- https://it.wikipedia.org/wiki/Raffaele_Viviani Come sempre pagina ricca di informazioni, oltre che sulla vita, sulle opere anche quelle irreperibili, sul materiale sonoro e sul cinema di Viviani, sulle attrici ed attori che recitarono con lui e con una ricca bibliografia. Tuttavia Wikipedia richiederebbe riferimenti più precisi.
- https://www.teatrionline.com/2020/12/raffaele-viviani-diritti-scaduti/ In particolare sulla pubblicazione delle opere di Viviani
- Teatro di Raffaele Viviani – Progetto Cantieri Viviani L’Università di Salerno. Biblioteche di ateneo ha curato il progetto per la digitalizzazione di tutto il teatro di Viviani a partire dalla pubblicazione di Guida ed. http://elea.unisa.it/handle/10556/3272
- Il teatro di Radio3 – Archivio teatrale: Raffaele Viviani a settant’anni dalla scomparsa, con registrazione della trasmissione del 23.01.2021 https://www.raiplayradio.it/audio/2020/01/IL-TEATRO-DI-RADIO3—ARCHIVIO-TEATRALE-9999795d-b624-4b73-ab16-3cb195910ff2.html
- https://www.nuovairpinia.it/2020/12/16/raffaele-viviani-diritti-scaduti-lopera-raccolta-in-6-volumi/ Una nota di stampa di Claudia Bonasi (16.12.2020) ricorda la prima pubblicazione dell’intero teatro di Viviani in libri ormai introvabili, l’attività fondamentale di Antonio Lezza e la digitalizzazione dell’opera omnia di Viviani per l’Università degli Studi di Salerno
- Marianna Masselli, Teatro in video. Raffaele Viviani, il funerale (2014) https://www.teatroecritica.net/2014/05/teatro-video-raffaele-viviani/
- Maurizio Cuomo, Raffaele Viviani (Attore, poeta e commediografo) https://web.archive.org/web/20080917030843/http://www.liberoricercatore.it/Storia/personaggiillustri/RaffaeleViviani.htm https://www.liberoricercatore.it/raffaele-viviani-3/
- https://www.treccani.it/enciclopedia/raffaele-viviani/
- Tina Marasca, Raffaele Viviani “Lo Scugnizzo Stabiese” https://www.portanapoli.com/Ita/Teatro/viviani.html
- Maria Cristina Napolitano, Raffaele Viviani, la vita e la maschera : Biografia del commediografo, attore e scrittore del secolo breve, tra realismo e avanguardia https://ecampania.it/event/raffaele-viviani-vita-e-maschera/
Note biografiche a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi APS
Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)
- Dalla vita alle scene
Questo importante volume di ricordi del notissimo attore e autore teatrale napoletano Raffaele Viviani descrive i suoi esordi e la parabola artistica fino al 1928, anno di pubblicazione. E' un'opera di gradevolissima e frizzante lettura che racconta insieme un periodo drammatico e vivissimo della storia di Napoli e del teatro dialettale.