Contiene:
I. STORIA.
Invece di Prefazione. GUIDO BIAGI.
La genesi storica dell’unità italiana. ISIDORO DEL LUNGO.
La Lombardia alla caduta del Regno Italico. GEROLAMO ROVETTA.
Il Congresso di Vienna. ERNESTO MASI.
Sui moti di Napoli del 1820. FRANCESCO S. NITTI.
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Politica e bel mondo (Cronache fiorentine). GUIDO BIAGI.
II. STORIA.
Le “Pensieroso”. M.SE COSTA DI BEAUREGARD
Silvio Pellico. AUGUSTO ALFANI.
Le Società segrete in Romagna e la Rivoluzione del 1831. ERNESTO MASI.
Santorre Santarosa, morto per la libertà della Grecia nel 1825. ISIDORO DEL LUNGO.
III. LETTERE, SCIENZE E ARTI.
Il Romanticismo. ENRICO PANZACCHI.
Alessandro Manzoni. ROMUALDO BONFADINI.
L’Italia di Stendhal. MATILDE SERAO.
Alessandro Volta. GIUSEPPE COLOMBO.
Musica e Belle Arti. CORRADO RICCI.
Dall’incipit del libro:
Sul cader dell’autunno del 1852, un italiano ritirato a Parigi moriva nottetempo, solo, in un modesto quartierino da studente. Era il triste decennio che successe alla caduta delle speranze italiane; e sei anni ancora dovevano passare, sei anni d’indecoroso servaggio, di aspirazioni mal represse, di angosciose trepidazioni, prima che i patimenti della patria nostra si accogliessero, da regione a regione, in quel grido di dolore che sulle labbra del Primogenito di Carlo Alberto fu squillo di guerra, della guerra trionfale per la giustizia e per la libertà. Sopra il letto di quel glorioso solitario, da ambasciatore del suo Piemonte fattosi esule e restituitosi banditore dei nazionali destini, due libri si trovarono aperti, i due ultimi a cui fossero consacrate le veglie di quella gran mente: i Promessi Sposi, l’Imitazione di Cristo. Il filosofo che le ragioni del diritto italico congiungeva con le funzioni provvidenziali dei popoli nella cristiana civiltà; lo scrittore che nella parola italica cercava il suggello indelebile della nazione; ebbe da que’ due libri immortali le visioni alla mente, le ispirazioni al cuore, supreme; ebbe l’affidamento delle magnanime speranze per la patria terrena, delle speranze cristiane nella divina finalità. Su quella «deserta coltrice» scendevano dall’alto alla morte di Vincenzo Gioberti consolazioni degne.

