Al momento di dare alle stampe questo breve testo (è il 1905), Zavattero era “uscito” dalla sua fase anarchico-organizzativista per delineare invece un percorso verso la maggiore concretezza dei propri ideali anarchici che prevedesse la possibilità di costruire “ambienti liberi” anche tramite l’azione dei militanti anarchici nelle organizzazioni professionali e nelle “Leghe”. Le polemiche all’interno dell’ambiente anarchico lo toccavano profondamente e Zavattero si chiede al termine del suo discorso, che tenderebbe a smuovere gli anarchici dall’immobilismo fideistico nel quale a lui sembra tendano ad adagiarsi: “Perché ho scritto?” – “per bisogno di sfogo” è la risposta che si dà; ma nonostante questo apparente pessimismo vede ancora nei giovani, nelle donne, negli oppressi i germogli da coltivare per continuare a lottare per un mondo migliore.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Ringraziamo Fiamma Chessa, dell’Archivio Berneri-Chessa di Reggio Emilia, che ha fornito le fotografie di due pagine, in parte illeggibili nell’originale cartaceo a nostra disposizione, necessarie per realizzare in modo completo questa edizione elettronica.
Dall’incipit del libro:
Compagni anarchici; alieni da quello spirito partigiano che le azioni proprie e dei correligionari decanta come superiori ad ogni critica od appunto, rivolgiamoci con tutta schiettezza una domanda: Nel presente affannarsi di uomini e di partiti per influire sul movimento proletario allo scopo di spingerlo verso le vette dell’umana emancipazione dalla schiavitù capitalistica in cui si compendiano tutte le altre, siamo noi all’altezza del compito che c’incombe?
Per parte mia, con altrettanta schiettezza non esito a rispondere: No.
È pessimismo? È spirito di contraddizione? Non lo so. Io vedo che noi, quantunque in una direttiva esatta nelle sue linee generali, in essa non operiamo con la dovuta alacrità.
Consentitemene la prova.
Ogni partito, per la stessa sua composizione e nell’interesse del proprio programma, è portato a praticare un metodo d’azione rispondente ai postulati della dottrina che mira ad applicare. È questo metodo d’azione che si chiama “la tattica.”
Un metodo che contraddicesse al programma, renderebbe nulla la propaganda fatta nel suo seno; il partito, se anche continuasse a sussistere, non conserverebbe che il nome: l’essenza della sua dottrina sarebbe svaporata.

