Dopo aver esaurito l’illustrazione dell’apparato statale della Barberia ed essersi soffermato sull’organizzazione del suo esercito (che a malincuore il Pananti deve riconoscere superiore a quella europea nel rispetto e nella considerazione personale riservati al militare anche dopo il congedo), il terzo volume si chiude con il tranquillo e rilassato rimpatrio dell’ex prigioniero.
I ragionamenti finali inseriscono l’autore nel vivace dibattito sulle iniziative da mettersi in atto per estirpare alle radici l’inestricabile problema della pirateria magrebina, per il quale pure lui si allinea sul pensiero prevalente (ma per l’epoca del tutto utopistico) di risolverlo con una esclusiva risposta armata da affidarsi a una coalizione di marinerie; quando tuttavia enumera i vantaggi che si sarebbero ottenuti nel demilitarizzare la Barberia e nel ricolonizzarla per sopperire alle necessità soprattutto alimentari del vecchio continente, egli diventa un buon profeta e riesce quasi a intravederne l’epilogo: nel 1830, infatti, un’operazione navale francese condotta su larga scala avrebbe stroncato per sempre i rigurgiti pirateschi, principiando l’occupazione dell’Algeria e avviandola a un riassetto coloniale destinato a sussistere fino a non molti anni fa: però a beneficio di un’unica nazione, e non dell’Europa intera come il Pananti aveva ingenuamente auspicato.
Sinossi a cura di Giovanni Mennella
NOTA: Seconda edizione riveduta dall’autore.
Dall’incipit del libro:
Una straniera milizia, venuta dalle rive del mar nero e dalle altre parti della Turchia, tiene lo scettro della possanza negli Stati componenti il regno d’Algeri. Il governo di avventurieri e di soldati di fortuna non può essere che torbido e violento. Il guerriero capo non conoscerà altro freno al potere che il timore d’esser detronizzato o assassinato. Le fazioni debbon divider gli uomini turbolenti che a lor fantasia fanno e disfanno i lor principi, e questi ministri dell’oppressione debbon godere per essi d’una pericolosa libertà. Il despotismo ha una tendenza naturale a riunire i mali dell’anarchia a quelli della tirannide. Quei feroci soldati amano quello stato e quella vita in cui spiegan la loro forza e fan sentir la loro importanza. Si credono liberi perchè sotto il nome del loro capo opprimono la nazione, perchè possono insorgere, distrugger la loro opera, assassinare. Se si dice loro che sarebbero più felici obbedendo placidamente a sapienti leggi, a un legittimo loro monarca che impiega la sua autorità per mantenere la pace e per impedire le violenze e i disordini, rispondono come quel vecchio guerriero della nazione indipendente degli Afghans al viaggiatore inglese Elphinstone: Noi amiamo la discordia, le agitazioni, il sangue; e noi giammai non ameremo un padrone. Sotto questo poter militare, sotto questa oppressione straniera, in un governo di sospetto, d’astuzia e di prepotenza, il popolo schiavo deve perdere tutto il sentimento del suo onore e della sua dignità. È meglio un popolo selvaggio che commette qualche delitto, che un popolo vile incapace d’ogni virtù.
Scarica gratis: Avventure e osservazioni sopra le coste di Barberia di Filippo Pananti. Volume III