È la fine del 1600, i tribunali dell’indice della controriforma sono in piena attività e gli echi del processo a Galilei, in Europa, fanno ancora rumore ma il dubbio insinuato dall’introduzione dell’uso dell’analisi matematica nell’esecuzione e nella verifica degli esperimenti scientifici è un canto di sirena a cui nessuno scienziato dell’epoca può rimanere indifferente e porta tanto più turbamento e sconcerto quanto più la fede dello studioso è certa e desidera rimanere conforme ai dettami della chiesa.
Leibniz si trova in questa situazione, è credente ma estremamente intelligente e istruito e desidera proporre, ricerca spasmodicamente, suggerisce educatamente una visione del mondo che concili le proposte di Descartes e le scoperte di Newton in campo metafisico e fisico con la dottrina cristiana e la stessa possibilità dell’esistenza del Dio cristiano.
Questo tentativo trova un primo compimento nel Discorso di metafisica che, specificamente, tenta la spiegazione di una teoria che nella mente di Leibniz è estremamente chiara: si tratta, sostanzialmente, della teoria delle monadi che in questo testo, elaborato a partire da una corrispondenza tenutasi con l’Arnaud tra il 1685 e il 1690, ancora non compare ma viene esplicitata chiaramente in tutta la sua complessità. In particolare il Leibniz si concentra sul ragionamento che permette di conciliare l’origine creazionistica dell’universo, che per lui è una verità fuori discussione, con la possibilità per l’uomo di esercitare libere scelte; ci riesce creando un sistema metafisico che riduce la sostanza a entità elementari minime (le future monadi che qui comunque, ripetiamo, non nomina) che meccanicamente agiscono tra loro in maniera prestabilita e perfetta ma essendo dei ‘condensati’ di perfezione dell’universo, presenti in numero infinito, possiedono anche, in potenza, la perfezione del libero arbitrio, in particolare quando si aggregano in forme di ordine superiore a quello della pura materia inerte come gli animali o, a un grado di perfezione ancora superiore: gli uomini.
Questo ragionamento, così semplificato al massimo, e non proprio ortodosso rispetto alla fede cattolica più pura, è però affine alle scelte politiche del traduttore che ci ha consegnato questa versione del Discorso di metafisica: Giuseppe Rovero, attivista della resistenza(1) su cui abbiamo poche informazioni disponibili ma che, è appartenuto al partito cristiano sociale(2), come documentato dalla corrispondenza tenuta con Gerardo Bruni e Barbieri sulla funzione del PCS e sui rapporti con Adriano Olivetti.
Ed è dal manifesto del partito cristiano sociale che si può dedurre come la traduzione del discorso di metafisica di Leibniz possa assumere, per Rovero, il valore di un chiarimento filosofico delle intenzioni politiche del partito e non si tratti di una scelta dettata dalla pura casualità, o semplicemente dal bisogno estetico di realizzare la traduzione di un classico della filosofia.
Si tratta di conciliare ancora, a 250 anni dalla stesura del ‘discorso’, l’impeto del progresso, l’esplosione delle rivendicazioni sociali, il turbamento di tutti i rapporti sociali sedimentati, con l’inerzia apparente della chiesa e della religione nell’Italia del dopoguerra. Così come Leibniz aveva tentato di conciliare le possibilità offerte dal ‘nuovo’ metodo scientifico con la dottrina creazionistica e geocentrica della chiesa alla fine del 1600.
Il genio di Leibniz e le buone intenzioni del suo traduttore, ovviamente, non si possono ridurre assolutamente ad una semplice questione di propaganda ma la grandezza dei maestri di tutte le epoche sta anche in questo: nella libertà che offrono attraverso i loro insegnamenti, libertà di esprimersi in modo più consapevole riguardo ai fatti del mondo e libertà anche, perché no, di usare le lezioni impartite per scopi diversi da quelli per cui sono state impartite.
Così, il Discorso di metafisica può assumere il valore di una nuova proposta politica, conciliare, proprio come intendeva fare il suo autore, lo spirito scientifico e progressista con i dogmi della chiesa; Leibniz, apparentemente, per i suoi contemporanei, fallì questo tentativo, morì solo e abbandonato dal suo mecenate il futuro re Giorgio I d’Inghilterra ma neppure al partito cristiano sociale la sorte serbò miglior destino: l’evoluzione dei rapporti fra chiesa e partiti di emanazione socialista nell’immediato dopoguerra in Italia è stata abbastanza chiaramente orientata ad un silenzioso conflitto; purtroppo Giuseppe Rovero non vivrà abbastanza a lungo da poterne valutare le ragioni: morì a soli 37 anni a Chialamberto lasciandoci comunque la possibilità di pubblicare questa buona traduzione del Discorso di metafisica di Gottfried Wilhelm von Leibniz.
Sinossi a cura di Luca Alzetta
(1) Per l’appartenenza ai gruppi della resistenza esiste documentazione presso l’istituto storico della resistenza in Piemonte di una sua attività di raccolta di documenti riguardanti il contributo del clero alla lotta di resistenza.
(2) Per l’appartenenza di Rovero Giuseppe al Partito cristiano sociale si veda la corrispondenza con Gerardo Bruni conservata presso la Fondazione Basso.
Dall’incipit del cap. I Della perfezione divina e che Dio fa ogni cosa nella maniera più desiderabile:
La nozione di Dio più accettata e più significativa che noi abbiamo è espressa assai bene in questi termini: che Dio è un essere assolutamente perfetto; ma non se ne prendono in considerazione abbastanza le conseguenze. E per entrarvi più addentro è opportuno notare che vi sono nella natura più perfezioni tutte differenti, che Dio le possiede tutte insieme, e che ciascuna gli appartiene nel più alto grado.
Bisogna conoscere anche che cosa sia perfezione, di cui ecco un carattere abbastanza sicuro, cioè che le forme o nature, che non sono suscettibili dell’ultimo grado, non sono delle perfezioni, come ad esempio la natura del numero o della figura. Perchè il concetto di numero più grande di tutti (ossia il numero di tutti i numeri) come anche quello di figura maggiore di tutte, implicano contraddizione, ma la più grande scienza e la onnipotenza non implicano punto impossibilità.
Scarica gratis: Discorso di metafisica di Gottfried Wilhelm Leibniz.