Pubblicato I fiori del male di Charles Baudelaire.
Dall’incipit del libro:
La prima volta che incontrammo Baudelaire fu verso la metà del 1849, all’Hôtel Pimodan, dove occupavamo, vicino a Fernando Boissard, un appartamento fantastico, che comunicava col suo per mezzo di una scala appartata nascosta nella profondità del muro, e nel quale dovevano aleggiare le ombre delle belle dame amate un tempo da Lauzun. Colà abitava pure la superba Maryx che, giovanissima ancora, servì da modello per la Mignon di Scheffer, e, più tardi, per La gloria che distribuisce corone, di Paolo Delaroche, e quell’altra bellezza, allora in tutto il suo splendore, dalla quale Clésinger trasse La Donna del serpente, quel marmo nel quale il dolore rassomiglia al parossismo del piacere e che palpita con una intensità di vita che lo scalpello non aveva mai conseguita e che non verrà mai superata. Charles Baudelaire era ancora un talento sconosciuto, che nell’ombra si preparava alla luce, con quella volontà tenace che in lui raddoppiava l’inspirazione; ma il suo nome cominciava già a diffondersi fra i poeti e gli artisti, con un fremito d’aspettativa, e la giovane generazione, che succedeva alla grande generazione del 1830, pareva contasse molto su di lui. Nel misterioso cenacolo, dove si delineano le riputazioni dell’avvenire, era ritenuto il più forte. Avevamo spesso udito parlare di lui, ma non conoscevamo nessuna delle sue opere.