(voce di SopraPensiero)

Pubblicato Il quinto cilindro di Paolo Agaraff.

Dall’incipit del libro:

Il nostro peggior nemico è il timore che incute l’ignoto. Questo era solito ripetere Cesare mentre le sue legioni attraversavano il passo di Matrona Mons. A quei tempi ero un semplice centurione ai comandi di Lucio Voreno e marciavo tra i suoi uomini alla conquista della Gallia, violando la quiete delle antiche foreste di querce, robinie e castagni. Le fronde degli alberi ci impedivano la vista, ma i rumori degli animali e il cinguettare degli uccelli ci erano di conforto, e ancor più ci confortava la consapevolezza di essere parte di un esercito forte, addestrato, pronto a tutto. Ci sentivamo giusti e invincibili; nessun pericolo, visibile o invisibile, poteva veramente impensierirci. In seguito, durante la campagna gallica, era avvenuto che quella sensazione di onnipotenza si attenuasse quando avanzavamo con i calcei immersi nel sangue di compagni e nemici, ma non era mai scomparsa del tutto. Questa volta, invece, la situazione era diversa. Ero alla guida di una carovana di uomini, donne e bambini in mezzo ai boschi profumati di resina a nord del Ticino, tra le valli circondate da montagne. Tutto taceva: gli unici segni di vita erano il cigolio delle ruote dei carri e lo sbattere tra loro delle masserizie. Era primavera. I raggi del sole attraversavano a stento la vegetazione e solo il sibilo del vento, stranamente freddo per la stagione, ci accompagnava nel nostro cammino. Le donne e i fanciulli rimanevano in silenzio; nel loro sguardo si leggeva il timore, anche se le terre a sud delle Alpi erano pacificate da anni. Eppure quella sensazione non era solo il panico tipico delle femmine, e non poteva nemmeno essere il naturale timore che incutono le selve, con la minaccia di lupi e briganti annidati tra gli alberi. Era un’inquietudine che si respirava nell’aria stessa. Anche i vecchi soldati, veterani delle battaglie galliche, avvertivano l’approssimarsi di un pericolo.