Scritto nel 1916, è il primo tentativo dell’autore, fiducioso in una raggiunta maturità di osservatore politico e saggista, di offrire al pubblico il proprio pensiero politico proposto in un tentativo di elaborazione sistematica. Secondo l’interpretazione dell’autore i responsabili della catastrofe bellica vanno ricercati tra chi ha consentito lo svilupparsi dell’inferiorità militare dei paesi europei rispetto alla Germania. In questo modo, attraverso il recupero di Machiavelli, l’autore prospetta un’etica politica anziché umanitaria; l’impreparazione delle forze dell’Intesa – e soprattutto dell’Italia – non è solo nelle armi ma anche nello spirito. Se i tedeschi sapevano far bene la guerra era perché credevano in essa e la guerra non appare condannabile in quanto tale, ma quello che è condannabile è l’impreparazione. Quindi è proprio questa la causa della guerra, perché non si aggrediscono “se non gli impreparati”.
In questo e-book viene riproposta l’edizione del 1916. Nel 1919 il testo viene riproposto con una nuova prefazione che tiene conto degli sviluppi storici del triennio intercorso tra le due edizioni. L’affermarsi in Russia della rivoluzione solo pochi mesi dopo l’uscita del libro e la successiva presa del potere da parte dei bolscevichi imprime senza dubbio una svolta nell’evoluzione ideologica dell’autore. Visto che la rivoluzione è possibile, la società borghese non è così monolitica, compatta e indistruttibile come appariva e può quindi sgretolarsi e sfaldarsi, il momento bellico può essere quello giusto e la guerra va quindi combattuta non più solo con l’obiettivo della vittoria militare sulla Germania ma con l’obiettivo della rivoluzione e del comunismo. Non è quindi in contraddizione la sua posizione interventista, dal 1916 combattente lui stesso. Partendo dalla ricerca delle ragioni delle vittorie militari tedesche – per lui la Germania è l’unico paese che abbia per obiettivo la supremazia mondiale e che si sia posto l’obiettivo di costruire i mezzi per dare concretezza a questo piano di conquista – giunge alla necessità di “ritornare a Machiavelli”, il che comporta la necessità di cambiare radicalmente l’animo degli italiani.
La Germania sa fare bene la guerra, ma forse non vincerà mai i suoi nemici ma solo i suoi amici. Infatti Mariani non considera l’Austria, che è la diretta antagonista bellica dell’Italia, un alleato dei tedeschi, ma un suddito e una vittima dell’imperialismo tedesco, come Bulgaria, Ungheria e Turchia. I successi tedeschi e il fatto che sappiano fare bene la guerra sono dovuti all’attenta applicazione del pensiero che Machiavelli espresse ne Il Principe e in altre sue opere. Mariani giunge in questo modo ad esporre una sorta di “darwinismo storico”: «la storia non è altro se non un’elencazione di delitti dei singoli degni di fama, delitti dei popoli degni di ricordo.» La causa vincente è quella difesa dal più forte. A Germania sconfitta, non cambia in realtà la propria analisi, anzi la ripropone, cambiando solo di poco la sua ottica. Lo “spirito” non machiavellico dell’Intesa e le sue sciagurate teorie umanitarie hanno sacrificato anni e milioni di vite umane. Dice infatti nella prefazione all’edizione del 1919:
«All’imperialismo tedesco bisognava rispondere con l’imperialismo dell’Intesa: senza riguardi e senza scrupoli. Alla forza con la forza. Noi per quattro anni abbiamo risposto sempre con le teorie umanitarie. E abbiamo perso. Moralmente la guerra, si badi, l’ha persa l’Intesa».
Mariani fonda le sue “constatazioni” sui nove anni da lui trascorsi in Germania:
«Io ho vissuto nove anni in Germania e credo di potermi spiegare l’arte del governo tedesco, il carattere del popolo, la sua energia, la sua forza, la fede cieca nei capi, l’ordine, la disciplina e i buoni frutti che tutto questo ha dato nella presente guerra con il fatto che il machiavellismo non soltanto è ivi norma di governo dai tempi di Federico il Grande, ma è talmente entrato per opera di storici scienziati filosofi militari – Treitschke, Stirner, Nietzsche, Gobineau, von Bernhardi e minori divulgatori – nello spirito della nazione, nello spirito d’ogni tedesco da fare della Germania un blocco d’uomini di ferro senza sentimento e senza scrupoli. Fors’anche l’anima della razza si prestava a raccogliere il buon seme in modo singolare.»
L’unica morale possibile è di chi riesce a prevedere e vincere, quindi anche l’uso della menzogna è “morale”.
In questo suo svolgimento di pensiero in realtà le contraddizioni si sprecano. Cerca di tamponare quelle sulla “morale” facendo il distinguo tra moralità individuale privata e moralità pubblica (le guerre sono aggressioni a mano armata, atti di brigantaggio che verrebbero puniti se compiuti da singoli individui) per cui il successo politico giustifica e supera ogni considerazione e susseguente azione immorale. Però c’è poi anche un’articolata critica alla corruzione “morale” della società, e sul socialismo afferma:
«Ma eppure di morale si chiacchiera, si chiacchiera, si chiacchiera da mane a sera e mentre per gli strappi alla morale privata tanto tanto ci si affanna a fabbricar scuse e non c’è delitto orrido per il quale gli avvocati della scuola positiva non abbiano in tasca una qualunque sgravante scientifica, per la morale internazionale invece i catoncelli strillan più oggi che non per il passato. Una spiegazione gretta potrebbe esser questa: che ci son più avvocati positivisti, socialisti, antimilitaristi e pacifisti di quel che non ci siano ministri con tutti questi attributi. Il giorno in cui i socialisti saran ministri o capi di stato dovunque il machiavellismo di stato avrà delle scusanti positive.»
Il limite più significativo del saggio è il tentativo di ridurre ogni questione alle differenze caratteriali di “popolo”: i tedeschi disciplinati sono pronti a battersi per una causa comune, mentre i latini sarebbero distolti da questo obiettivo dal loro individualismo narcisista.
«La Germania in casa si serviva di Federico Nietzsche, all’estero mandava il marxismo. La latinità è stata rovinata due volte da due visionari, entrambi ebrei: Cristo e Carlo Marx.»
Solo per questo le potenze dell’Intesa sono state messe in grave difficoltà dai tedeschi nella prima parte della guerra. L’entrata in guerra dell’Italia può però cambiare la situazione. Non può mancare quindi l’incitamento alla guerra e ancora il richiamo alla necessità della forza e all’esaltazione del superomismo nietschiano all’insegna del quale il saggio si chiude.
Come detto questo e-book è tratto dalla prima edizione del 1916, rispetto alla quale sono stati emendati gli errori tipografici mentre sono invece mantenute le peculiarità ortografiche dell’epoca, peculiarità che lo stesso Mariani modernizzò in occasione della ristampa del testo nell’ambito della pubblicazione delle Opere complete stampate nel 1947.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del libro:
Io rifiuto l’egida del nome d’un grande gli scritti del quale furon per secoli studiati e discussi con molto profitto all’estero, specialmente in Germania, con pochissimo nella sua patria. Da noi chi lodò Machiavelli lo lodò eccellente fra i prosatori toscani del secolo d’oro, ma temette di lodarlo come pensatore e quando ci si arrischiò ne svisò il pensiero oppure arzigogolò interpretazioni che odoravam di scusa.
Io non voglio difendere Nicolò Machiavelli sibbene il machiavellismo. Io mi propongo di dimostrare che il pensiero di Nicolò Machiavelli è sopravissuto intatto per volger di tempi, regge oggi ancora a qualunque critica e che i buoni successi della politica e delle armi tedesche son dovuti sopratutto alla rigida e costante applicazione delle massime contenute nel «Principe», nei «Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio», nel «Libro dell’arte della guerra».
Scarica gratis: Il ritorno di Machiavelli di Mario Mariani.