Ivanhoe è un famoso romanzo storico dello scrittore scozzese Sir Walter Scott, scritto intorno ai 48 anni (1819) e frutto della sua profonda attenzione e dell’attaccamento alle origini storiche e mitologiche della sua terra natale.

Questa inclinazione, coniugata ad una spiccata curiosità, portò l’autore a compiere, oltre a studi di approfondimento, numerosi viaggi per conoscere le aree più remote delle Highlands, del Lake District, dell’Inghilterra centrale che divennero poi le ambientazioni ideali dei suoi romanzi.

Dopo una serie di raccolte di poesie e di romanzi in versi, molto ben accolti da pubblico e critica, Scott individuò nel romanzo storico il suo interesse letterario prevalente. Nel 1814 pubblicò Waverley. Questo romanzo, insieme con Ivanhoe, è considerato l’archetipo, il capostipite del romanzo storico. La vera innovazione di Scott fu di non considerare il periodo storico raccontato nelle sue opere come una cornice nella quale inserire personaggi ‘moderni’, con i sentimenti e comportamenti di persone che avrebbero potuto essere suoi contemporanei. Al contrario si proponeva di adeguare la psicologia dei suoi protagonisti all’epoca ed ai luoghi in cui ambientava il racconto.

Entrambi i romanzi ebbero una immensa eco sia tra il pubblico sia nella critica. Inevitabilmente Ivanhoe, la cui trama, ambientazione e scansione temporale sono di maggior respiro rispetto al primo romanzo, influenzò in maniera più rilevante la letteratura europea. Lo stesso Manzoni, in relazione alla composizione de I Promessi sposi (prima versione 1827, definitiva 1840), risulta che ne rimase colpito: alcune lettere corroborano infatti la tesi dell’influenza dei romanzi di Scott sulla ideazione del romanzo storico italiano per eccellenza.

In una lettera, datata 30 aprile 1821, di Ermes Visconti, letterato italiano amico di Manzoni, a Victor Cousin, filosofo e storico della filosofia, è contenuto il passo:

«Walter Scott non ha alcun scrupolo quando trova conveniente allontanarsi dalla verità storica […] Manzoni, invece, si propone di conservare nella loro integrità il positivo dei fatti cui deve fare riferimento; salvo, se necessario, sfiorarli molto rapidamente».

Il senso è assolutamente chiaro. Il discostarsi dalla verità storica nei romanzi di Walter Scott è, per Manzoni, un errore da evitare. Lo storico Augustin Thierry, nel novembre 1824, scriveva a Claude Fauriel, storico, linguista, critico letterario e stretto amico di Manzoni:

«Dites-lui da ma part que je désire singulièrement voir son nouvel ouvrage, pour me décider sur la question du roman historique et peut-être essayer moi-même quelque composition de ce genre. Je ne sais pourquoi je m’imagine que notre ami pourrait bien fonder en France une nouvelle école de romanciers et donner du courage à ceux qui n’osent point encore traiter ce genre de peur de copier Walter Scott.»

Wilfrid d’Ivanhoe è figlio di Cedric, di nobile stirpe sassone. Rinnegando le sue origini, pone il suo coraggio, la sua audacia e la sua spada al servizio del normanno Riccardo Cuor di Leone contro i cavalieri di Giovanni Senzaterra, fratello di Riccardo e usurpatore del suo trono. Questo gli procura l’esclusione dal testamento da parte del padre Cedric, che invece contava di sposare il figlio alla causa sassone. In Ivanhoe sono raccontati l’antagonismo fra sassoni e normanni, i valori della cavalleria, la brigata degli arcieri di Robin Hood in una narrazione sempre sospesa tra romanticismo e realismo.

È indubbiamente un avvincente romanzo di avventura per ragazzi ma non solo. È una ricca opera sul mondo medievale inglese, nella quale sono adombrati quei contrasti tra le popolazioni sassoni, che custodivano le origini culturali e sociali della civiltà autoctona, e i conquistatori normanni, che si imponevano su queste con la propria forza militare e la propria ricchezza. Fu attraverso questa lotta che nacque l’unico popolo inglese. La vicenda si svolge sul finire del XII secolo in Inghilterra. Nel timore che questa ambientazione, diversa dalla Scozia presente nelle pagine di Waverley, non fosse particolarmente gradita ai lettori, Scott pubblicò il libro sotto lo pseudonimo di Laurence Templeton. Visto però il successo straordinario del romanzo, gli editori abbandonarono lo pseudonimo e usarono la formula “dall’autore di Waverley”. Scott non firmò mai i suoi romanzi con il proprio nome perché il genere del romanzo storico non era molto stimato nell’ambiente dei critici suoi contemporanei. Ma certo tutti sapevano a chi attribuire la paternità degli avvincenti racconti dell’autore scozzese.

Ivanhoe ha ispirato opere musicali, cinematografiche e numerose trasposizioni televisive e in fumetti.

Numerosissime sono state le traduzioni in altre lingue. Nel 1928 l’editore Bolla diede alle stampe una nuova edizione di Ivanhoe, tradotta da Sergio Ortolani, che è la base di partenza per questa seconda edizione digitale dell’opera. L’edizione di riferimento della precedente edizione digitale è del 1843, con traduzione di G. Barbieri, che impiegò una lingua che il lettore di oggi può trovare “datata” e quindi meno godibile della traduzione fatta da Ortolani, quasi cent’anni or sono, ma ancor oggi assolutamente moderna.

Mettiamo a confronto due brevi brani con l’originale inglese, e lasciamo a ciascun lettore di scegliere quale traduzione incontrerà maggiormente il suo gusto: si tratta di un paragrafo all’inizio del Capitolo 1, in cui si descrive brevemente la condizione della piccola nobiltà sassone.
Originale inglese (1819):

The situation of the inferior gentry, or Franklins, as they were called, who, by the law and spirit of the English constitution, were entitled to hold themselves independent of feudal tyranny, became now unusually precarious. If, as was most generally the case, they placed themselves under the protection of any of the petty kings in their vicinity, accepted of feudal offices in his household, or bound themselves by mutual treaties of alliance and protection, to support him in his enterprises, they might indeed purchase temporary repose; but it must be with the sacrifice of that independence which was so dear to every English bosom, and at the certain hazard of being involved as a party in whatever rash expedition the ambition of their protector might lead him to undertake.

Traduzione Barbieri (1843):

Ned era migliore la condizione di quella classe di nobili, che veniva tosto dopo i grandi baroni, di quella classe detta comunemente Franklin indipendente giusta le leggi inglesi dalla feudale tirannide. Ma precario era divenuto per essi un tale diritto. Se, come accadea d’ordinario, questi Franklin si metteano sotto la protezione d’alcuno fra i piccoli monarchi confinanti, accettando qualche carica feudale nelle case de’ medesimi, ovvero se con un negoziato di lega si obbligavano a soccorrerli in tutte le loro imprese, a tal prezzo ottenevano per vero dire una tranquillità temporanea; ma gli era il prezzo di quell’indipendenza cotanto cara ad ogni cuore inglese, oltre al rischio di dovere sovente prendere parte nelle spedizioni le più temerarie, che ambizione potesse suggerire al loro proteggitore.

Traduzione Ortolani (1928):

La posizione della nobiltà minore (la classe detta comunemente dei Franklin) che secondo la legge e la costituzione dell’Inghilterra avrebbe dovuto essere indipendente dalla tirannia feudale, divenne allora assai precaria. Se qualcuno di quei nobili si metteva agli ordini di un gran signore vicino, accettando qualche carica, obbligandosi ad aiutarlo nelle sue imprese, poteva sperare in una temporanea tranquillità, ma a prezzi di quella indipendenza tanto cara ai cuori inglesi e col pericolo di dover prendere parte alle spedizioni più temerarie che entrassero nei piani dell’ambizioso protettore.

Sinossi a cura di Gabriella Dodero e Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi

Dall’incipit del libro:

In quel delizioso angolo dell’Inghilterra felice, bagnato dal Don, esisteva un tempo una estesa foresta che copriva in gran parte le montagne e le vallate fra Sheffield e la graziosa città di Doncaster. Nei magnifici feudi di Wentworth, di Warncliffe-Park e nei dintorni di Rotherham esistono ancora i resti degli antichi boschi.
In quei luoghi la tradizione colloca il teatro delle stragi compiute dal mitologico drago di Wantley ed è colà che avvennero molte sanguinose battaglie fra le due fazioni della rosa bianca e della rosa rossa, durante le guerre civili. Colà si compirono le gesta di quei banditi proscritti che le vecchie canzoni inglesi hanno rese popolari.
È questa la regione ove si svolge questa storia la cui epoca corrisponde agli ultimi anni del regno di Riccardo V; epoca nella quale il ritorno di quel principe destava più i desideri che le speranze dei sudditi desolati i quali soffrivano – lui assente – tutti i mali della tirannide subalterna. I nobili che avevano abusato del potere durante il regno di Stefano e dai quali la prudenza di Enrico VI aveva potuto ottenere una specie di sottomissione alla Corona, avevano riprese le loro abitudini di prepotenza. Noncuranti del debole potere del Consiglio di Stato, essi fortificavano i loro castelli, riducevano in servitù le popolazioni circostanti ed adoperavano tutti i mezzi per radunare forze sufficienti ad avere buon giuoco nei torbidi che agitavano il paese.

Scarica gratis: Ivanhoe, ovvero Il ritorno del crociato di Walter Scott.